Breve storia della discoteca Domina, tra droga, risse e blitz della polizia.

Ogni volta che sento parlare di techno le prime cose che mi vengono in mente, come credo a molti altri giovani della mia generazione, sono Berlino, l’MDMA, Boiler Room e il venire rimbalzati al Berghain.
Questo scenario, però, non è sempre stato così, in particolar modo in Italia. Esso ha infatti  subito notevoli cambiamenti a partire dalla metà degli anni Novanta fino ad arrivare ad oggi, non soltanto da un punto di vista musicale, ma anche – e soprattutto – da un punto di vista culturale.
Avendo vissuto i primi anni della mia adolescenza in un contesto fortemente condizionato dalle discoteche della provincia nord-occidentale italiana, dove alla più nota musica dance e house si alternavano le serate a base di techno e hardstyle, ho avuto modo di osservare l’evolversi di una sottocultura giovanile unica nel suo genere, basata su un mix di quattro principali ingredienti fondamentali: la musica techno, la droga, le risse e l’attrazione per l’ideologia fascista.
Per meglio comprendere l’evoluzione di questa modalità di fare clubbing del tutto nostrana ho intenzione di prendere come punto di riferimento l’ascesa e il declino della discoteca  Domina di Toirano, il celebre e controverso “locale sopra la montagna” che dall’entroterra capeggiava sulla riviera ligure di Ponente.
La storia di questo locale ha inizio intorno al 1994, quando dalle ceneri di un ristorante abbandonato risorge un edificio su 4 piani collocato sulla strada che da Toirano porta verso Bardineto, Calizzano e il Piemonte. Il nome della discoteca è decisamente azzeccato data la posizione dominante su tutta la val Varatella e l’incredibile vista che dalla terrazza permette di osservare il mare e le città di Albenga e Pietra Ligure.
L’accesso alla discoteca, situato al livello della strada, appare del tutto innocuo: si deve infatti entrare in un bar/paninoteca per poter proseguire la “discesa agli inferi” nel ventre della costruzione, composta da due sale coperte, la grande pista nel giardino con piscina e il parco che declina verso il fondovalle.
A movimentare le serate nel primo periodo di vita del locale è lo staff dell’Eternity che conta alcuni pezzi da novanta del panorama musicale discotecaro di quegli anni. Si alternano alla consolle Mario Più e Franchino, gli ideatori della scena progressive italiana o mediterranean progressive, un mix di house, techno, dance e trance.
Ma non è soltanto la musica a caratterizzare questo genere di eventi. E’ l’ecstasy una delle grandi protagoniste di queste interminabili serate che partono il sabato pomeriggio per concludersi nell’arco delle 24 ore successive. Sono emblematici a riguardo i richiami alla “Grande botta” o la storia di Pollicino che mangia uno a uno i sassolini bianchi lasciati a terra per trovare la via di casa, fino a ritrovarsi in un mondo contornato da fate; due dei più noti tormentoni gridati dall’alto della consolle da Franchino, che infiamma le serate con il suo immenso savoir faire da vocalist. La stessa figura del vocalist, stando a una dichiarazione di Ricky Le Roy rilasciata a Noisey, sarebbe nata dall’abitudine di Franchino, fedele cliente della discoteca Imperiale di Tirrenia, di salire in consolle e blaterare al microfono durante il “mezzanottemezzogiorno” già nel lontano 1992. Un tale privilegio non era concesso a nessun altro, date le stringenti regole di quegli anni che vedevano la consolle come un luogo del tutto inaccessibile al pubblico.

 

Discoteca Domina 1

Franchino in un ritratto ai giorni nostri.

 

Passano alcuni anni e la storia prosegue il suo corso. Lo staff cambia e si rinnova e, dopo un rapido periodo in cui il Domina viene affidato nelle mani della Cyborg, si giunge alla consacrazione del locale con il passaggio di testimone alla The New Frontier Y2K. E’ in questo periodo che nascono le serate targate Domina che passeranno alla storia per il loro carattere particolarmente trasgressivo. I nomi alla consolle sono altisonanti per gli amanti della progressive, portando in scena Maurizio Benedetta, Zenith, Bruno Power, Tatanka e numerosi ospiti stranieri.

 
La scena techno nel frattempo diventa virale anche in Piemonte e vengono alla luce numerosi nuovi locali come l’Ultimo Impero (disco tempio di Airasca tra i più grandi d’Europa), la discoteca Shock! di Paesana e il Cage(Mad) di Trofarello, diventato in seguito Parhasar.
Caratteristica comune di tutti questi locali è di distaccarsi nettamente dall’idea altrove dominante di discoteca come luogo caratterizzato da un dresscode elegante, dove mettersi in mostra sbocciando bottiglie di champagne, farsi riservare tavolini e provocare l’ invidia di coloro che non possono permettersi l’accesso ai privé e alle zone VIP . C’è inoltre un forte rifiuto della musica commerciale e del format che prevede la presenza fissa di ospiti discutibilmente famosi estrapolati dai reality show e analoghi programmi televisivi.
L’interesse principale dichiarato è quello di ballare fino allo sfinimento e vivere un senso di fratellanza con gli altri avventori del locale, anche grazie alle coinvolgenti parole dei vocalist che intervengono attivamente nell’ incitare il pubblico danzante a sentirsi degli eroi, i numeri uno, i migliori clubber in circolazione.
La rivalità e l’odio viene preservata esclusivamente nei confronti dei cosiddetti “fighetti”, i figli di papà che viaggiano con automobili di grossa cilindrata e frequentano discoteche dove si ascolta esclusivamente la musica commerciale, accusati di “non ballare per non sudare”.

 

El Paris fomenta l’odio verso i “fighetti” sulle basi di dj Zenith

 

 

Il riscontro di pubblico da parte del Domina è ottimo, giungono migliaia di giovani da tutto il Nord Italia per le serate più esclusive. Arrivano in gruppi enormi, chi in treno fino alla stazione di Loano per poi proseguire in autobus, chi su navette affollatissime da Torino, Milano e Genova. Alcuni si presentano addirittura a piedi, risalendo la collina dai vicini paesi marittimi.
La droga, in particolare l’ecstasy e l’MDMA, persiste tuttavia ad essere una delle protagoniste indiscusse anche in questa nuova fase di vita del locale. Nell’immaginario collettivo essa diventa inevitabilmente associata alla musica progressive e  tutti i frequentatori delle discoteche che portano avanti questo filone musicale sono visti da fuori come inevitabilmente corrotti dalle sostanze stupefacenti, come se fosse impossibile una relazione salutare con questo tipo di divertimento.

 
Iniziano a circolare pian piano tra gli adolescenti di provincia i racconti  di alcuni degli avventori, in genere più grandi di qualche anno d’età, ospiti fissi ogni weekend in queste discoteche. Sono tutte avventure che, per come vengono presentate, risultano sempre appartenere a quel limbo a metà tra il verosimile e la leggenda metropolitana. Spesso si narra che presso le biglietterie di alcuni di questi locali siano venduti pressoché in contemporanea il biglietto d’ingresso e le sostanze per sballarsi. Qualcuno arriva a sostenere di aver passato intere serate coricato in un angolo perché, dopo aver assunto una pasticca a inizio serata, si è ritrovato circondato da strani folletti verdi danzanti e impossibilitato ad ogni forma di movimento.
Cominciano inoltre a prender piede ed esser più sdoganate anche altri tipi di droghe sintetiche, popper e ketamina in primis e diventano sempre più chiacchierate e utilizzate anche la cocaina e lo speed.
Gli stessi vocalist accennano costantemente, in modo sempre meno velato, l’utilizzo di queste sostanze durante le serate. Diventano comuni espressioni riferite allo stato psicofisico alterato, quali l’avere “farfalle nella testa” o il più ben emblematico “zona parella , tutti in barella” [la barella è in gergo un’espressione per definire la cocaina ndr] urlato dal vocalist Ivan Talko sulle basi musicali di Bruno Power.

 

Discoteca Domina

Il Domina oggi

 

 

Nel corso degli anni si susseguono innumerevoli provvedimenti ai danni della discoteca Domina che conducono direttamente a una clamorosa revoca di licenza nel 2002, poco dopo la Pasqua – evento celebrato ogni anno con raduni di giovani provenienti da tutt’Italia e ospiti speciali di particolare fama.

Nel corso dello stesso anno la proprietà dell’edificio dove hanno luogo le serate targate Domina, a causa dei problemi di gestione e le lamentele degli abitanti della vicina Loano dove i giovani si riversavano in stazione per tornare a casa al termine delle serate, passa nelle mani della discoteca Horus di Albenga.

I problemi di ordine pubblico non si limitano però al disturbo della quiete pubblica per via dell’alto volume della musica percepibile anche all’esterno del locale, né ai continui arresti per spaccio di sostanze stupefacenti. Essi si estendono anche alle numerose risse che, a cadenza settimanale, vedono coinvolti i giovanissimi frequentatori di questa discoteca.

 
Il 2003 è un altro anno terribile per il locale che, dopo esser stato preso in gestione da Andrea Arcadia ed essere stato rinominato “Dna”,  si ritrova a dover chiudere nell’arco di un anno per via delle continue retate. Un blitz particolarmente fruttuoso è datato sabato 14 luglio 2003 e porta all’arresto di tre spacciatori in possesso complessivamente di 30, 16 e 6 pasticche d’ecstasy. La stessa sera gli agenti della Polfer si ritrovano inoltre a dover blindare la stazione di Loano in seguito ai numerosi episodi di violenza, saccheggio e danneggiamento ai danni del bar e della sala d’aspetto. Voci di corridoio narrano di continue risse concluse a coltellate, continui danneggiamenti e furti a danno delle auto parcheggiate sulla via del ritorno dalla discoteca verso la stazione ed il pestaggio di alcuni operatori addetti al servizio ferroviario nelle settimane precedenti al blitz.
La chiusura del locale non implica però la fine della corrente giovanile dedita a questo genere di divertimento. I giovani si riversano in massa al già citato Parhasar che, grazie anche al momento di declino di altri locali più noti, si conquista il titolo di discoteca principale del Piemonte. Questo successo non è però destinato a durare, non a causa dell’estrema fidelizzazione da parte dei giovani ai propri locali di culto, ma per motivi analoghi a quelli che hanno portato in rovina il Domina. Nel 2004 il locale viene chiuso in seguito ad alcune sparatorie al suo interno e il costante circolo di sostanze stupefacenti.

 
Il 2004 vede però il ritorno del Domina in una nuova veste attraverso la collaborazione di alcuni tra i numerosi precedenti proprietari, i quali danno alla luce al Domina Revolution. La cosiddetta rivoluzione avviene in ambito musicale, dando ampio respiro alla musica hardstyle che pian piano assumerà importanza sempre maggiore e diverrà il punto di forza di questo locale fino al sopraggiungere della definitiva chiusura del locale nel 2007. Ormai la discoteca non può più permettersi un’apertura a cadenza settimanale, ma si limita ad alcuni grandi eventi in occasione della Pasqua e di Ferragosto oltre ad alcune aperture straordinarie nel periodo estivo.
Anche gli avventori del locale assumono nuovi connotati, avvicinandosi sempre più – spesso in modo inconsapevole – alla sottocultura gabber del secondo periodo, connotata da una notevole contaminazione con la cultura naziskin. Questi ragazzi condividono con i sostenitori del movimento gabber lo spirito di cameratismo e di fratellanza, chiamandosi ad esempio tra loro “socio”, termine che rievoca il significato originario della parola gabber [amico ndr].
Anche la scelta estetica è piuttosto comune. Essa è caratterizzata dalla testa rasata, l’utilizzo di cappellini da sole e di scarpe da ginnastica (alle Nike Air Max vengono preferite le Nike Tuned o Shox).
Nel torinese diventano luoghi di culto per il neonato movimento negozi d’abbigliamento come Cavallo Pazzo e FRAV, grazie anche alla possibilità di ottenere capi personalizzati tra cui gli immancabili jeans aderenti su polpaccio e caviglia.
Nascono inoltre alcuni marchi italiani, come ad esempio KOMBAT, che, traendo ispirazione dal mercato olandese, riportano texture arricchite da immagini di pitbull o bandiere italiane, lampante dimostrazione del patriottismo imperante insito in questa nuova sottocultura.
Questi ragazzi si autodefiniscono technofolli (al femminile technofollette) e sembrano rappresentare un’autentica variante della cultura gabber in Italia.

 

I vocalist sembrano adattarsi senza eccessive difficoltà a questo cambio di paradigma, inserendo all’interno delle serate alcune frasi di chiara ispirazione fascista, riportando talvolta frammenti di affermazioni estrapolate da comizi di Mussolini ed attingendo a piene mani dai cori da stadio cantati nelle curve ultras.
Emerge inoltre un fortissimo attaccamento al territorio, riscontrabile nei cori che nel corso di ogni serata vengono gridati a gran voce quali “Roma provincia, Torino capitale” o “Noi non siamo napoletani”.

 
L’immaginario vincolato al mondo della droga non viene però abbandonato nemmeno da questa nuova piega assunta dalla precedente sottocultura legata alla musica progressive.
E’ infatti resa ancora più esplicita la propria passione per l’ecstasy attraverso alcuni accorgimenti estetici, come l’utilizzo di piercing sulla lingua costantemente esibito nelle foto scattate durante le serate per dare l’illusione di avere una pasticca in bocca al momento dello scatto.
Anche la violenza non subisce un contenimento nel corso degli anni. Al contrario, essa non fa che aumentare ed accanirsi verso l’esterno, a causa anche dell’eversione razzista e fascista assunta da questo movimento.

 

L’inno dei technofolli cantato da Marco May

 

 

La fortuna dei technofolli non è però destinata a durare a lungo, come buona parte dei locali che li ha ospitati. I ragazzi infatti si riversano in breve sulle nuove mode che provengono sia da altre parti d’Italia sia dall’estero, tra cui le serate P-gold di Milano, il fenomeno Popkiller torinese ideato dal dj Luca Pussicat, l’electro dance francese (spesso rinominata come Tecktonic) e le serate Diabolika di Roma grazie alla popolarità delle trasmissioni di radio m2o.
Soltanto pochi locali riescono a proseguire il proprio cammino continuando a cavalcare l’onda del filone hardcore e hardstyle. L’unica strategia possibile è però quella di sorpassare la moda ormai passata dei technofolli ed avvicinarsi al fenomeno gabber della prima ondata, cercando di produrre show di qualità sempre maggiore grazie anche alle collaborazioni con importanti dj provenienti dall’estero.
Il destino del Domina non è invece altrettanto fortunato. Dopo la definitiva chiusura nel 2007, un primo tentativo di trasformarlo in una casa di riposo per anziani e numerose vendite all’asta senza trovare alcun acquirente, ad esso non rimane altra prospettiva se non quella di ergersi come monumento ormai brutalmente vandalizzato in memoria di una tipologia di serate che ormai non esiste più. Non resta altra alternativa ai nostalgici del “locale sopra la montagna” che la possibilità di commemorare lo storico locale su SecondLife o accontentarsi di un pellegrinaggio al proprio personalissimo muro del pianto, di cui non restano nient’altro che macerie.

 

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