LSD il mio bambino difficile è il libro che descrive le tappe dell'incredibile vita del grande genio Albert Hofmann: l'uomo che ha scoperto la dietilammide dell’acido lisergico, detta anche LSD.

“Ho sempre vivo il ricordo di un episodio che vissi durante l’infanzia. Passeggiavo in quei boschi che si stavano rivestendo di un nuovo e scintillante manto verde. Illuminato dal sole mattutino, l’ambiente era saturo del canto degli uccelli; d’improvviso, tutto apparve in una luce insolitamente splendente. Forse per disattenzione mi era sempre sfuggito il reale aspetto della foresta primaverile che andavo di colpo scoprendo solo adesso? Essa risaltava nello splendore di una bellezza primigenia, che toccava il cuore, gli parlava, come se avesse voluto abbracciarmi nella sua maestà. Mi sentii pervaso da una indescrivibile ed esultante sensazione di appartenenza e di pace interiore”.

 

Con queste parole Albert Hofmann, farmacologo e genio vissuto lungamente a cavallo tra gli ultimi due millenni (1906-2008), ricorda un’esperienza infantile caratterizzata da sensazioni forti e lucide, tanto magnifiche e pure da non aver poi più trovato espressione negli anni a venire, quelli della maturità. Fino a quando, al lavoro su molecole di interesse farmaceutico nei laboratori della Sandoz, non si è imbattuto inconsapevolmente e casualmente in una sostanza da lui sintetizzata, la dietilammide dell’acido lisergico, o LSD. Nel suo libro LSD, il mio bambino difficile, lo scienziato fa un percorso mirabile a partire dalla sintesi casuale della molecola, fino al dettagliato racconto di esperienze trascendentali vissute da lui e da altri studiosi, letterati, psicoterapeuti grazie ad un attento e consapevolissimo utilizzo di essa.

 

Il primo incontro con il suo ‘bambino difficile’ non è stato però paragonabile all’idilliaco ricordo infantile: fu infatti un’assunzione minima, dovuta all’aver maneggiato piccolissime quantità di sostanza. Gli effetti che Hofmann sperimentò furono soprattutto di tipo visivo (‘intensi giochi caleidoscopici di colore’), della durata di un paio d’ore. Ma tanto bastò per incuriosire l’uomo di scienza, che non sapeva di star per entrare in una nuova determinante fase della vita, che sarà caratterizzata da un’accorta, puntuale ed appassionatissima ricerca spirituale e scientifica.

 

Hofmann decide così di sperimentare su se stesso la sostanza, assumendo una quantità a suo avviso modesta di LSD, 0,25 mg. L’avvento dei primi sintomi lo convince a farsi accompagnare a casa in bicicletta da un collega (da qui l’ormai celebre associazione tra l’LSD e l’immagine dell’uomo in bicicletta): qui sarà preda di quello che oggi definiamo un bad trip, almeno nelle fasi iniziali di questo suo esperimento. Senso di vertigini e di svenimento si accompagnavano a forti distorsioni visive, la stanza un tempo familiare assumeva forme deformate e minacciose, come di creature mostruose. Ma fu soprattutto all’interno della sua mente che il farmacologo divenne spettatore delle più grandi paure, travolto da una forza tale da farlo sentire del tutto impotente. Queste le sue parole:

 

“Un demone mi aveva sopraffatto, aveva preso possesso del mio corpo, dei miei pensieri, della mia anima. Balzai in piedi e urlai, cercando di liberarmene, sprofondai giù di nuovo, mi sentivo indifeso. La sostanza che avevo voluto sperimentare mi aveva sconfitto. Era il demone a trionfare sprezzante sulla mia volontà. Fui assalito dal terrore di uscire fuori di senno”.

 

Aveva avuto l’accortezza, prima di cadere in questa crisi nera, di chiedere alla vicina di casa un po’ di latte, in quanto nella momentanea lucidità aveva considerato che potesse essere giustamente utile come sostanza-antidoto generica. Quando la vicina glielo porterà, lui non riconoscerà la gentile ‘Signora R.’, vedendo piuttosto nelle sue fattezze quelle deformate e tremende di una strega latrice di una pozione malefica. Fortunatamente col passare delle ore – durante le quali arriverà addirittura il medico di famiglia a sincerarsi della situazione medica di Hofmann – il bad trip si farà da parte, lasciando spazio per un po’ agli aspetti più visionari e godibili della sostanza.

 

LSD il mio bambino difficile 1

Albert Hofmann con le sue magiche molecole

 

 

Ad ogni modo lo scienziato è sconcertato: quale sorta di sostanza ha sintetizzato, in grado in quantità così infinitesimali di determinare uno sconvolgimento tanto grande?

 

La sostanza che Hofmann ha sintetizzato mentre si occupava degli alcaloidi della segale cornuta, è effettivamente una molecola straordinaria: la dietilammide dell’acido lisergico rappresenta oggi l’allucinogeno-psichedelico per eccellenza.  A dosi ritenute prima incapaci di determinare una seppur minima risposta fisiologica, l’LSD esprime un’azione sconvolgente sulla psiche dell’uomo. Il meccanismo d’azione non è ancora chiaro, coinvolge comunque come per la quasi totalità delle molecole psicotrope i sistemi della dopamina e della serotonina, neurotrasmettitori fondamentali del sistema nervoso; ma se da una parte possiamo provare a spiegare gli aspetti meramente biologici dell’alterazione causata da LSD, di più ampio respiro sono gli effetti che essa determina nella psiche, andando a toccare tasti che suonano una musica ben più mistica, anche sacrale. Ne troviamo espressione nelle parole riportate da Hofmann, con cui Gelpke, studioso ed amico dell’autore, racconta una delle sue esperienze psichedeliche:

 

“Il corpo pieno di pori ovunque, non più un corpo, non era né qui né là. Il salone del signor Banner prese a respirare da tutte le parti. Le cose respiravano. Dovunque io posassi lo sguardo, fosse un oggetto familiare o insolito, o concentrassi la mia attenzione anche verso il margine del campo visivo, ebbene tutto respirava come trasportato da un’unica onda, un unico respiro che avvolgeva tutte le cose. Sbocciarono i colori, divennero più profondi, acquistarono spessore, il grande dipinto murale raffigurante l’Arca rimase sospeso nello spazio. Avrei potuto perdermici. Ma non ne avevo bisogno. Disteso supino, non vedevo alcun motivo per muovermi. Ogni timore venne smentito. Mi sentivo in armonia con me stesso, non volevo impormi alcuno scopo ma solamente esserci. Più aperti che mai, i miei sensi mi rivelavano come in ogni cosa fosse contenuta la lettera di un acrostico, e come fosse necessario trovarla ed erigere in molte, in tutte le cose, l’unità della poesia universale. Questo io ho appreso, quale sentimento d’amore che tutto unisce”.

 

Gli effetti che Hofmann avrà modo di approfondire, mano a mano che prenderà confidenza con il suo ‘bambino difficile’, aprono la strada ad una conoscenza nuova della realtà che ci circonda e del nostro Io. O per meglio dire, istituiscono una nuova relazione tra questi due elementi visti tradizionalmente come scissi e distinti. Ma proviamo a spiegare la cosa direttamente con le parole di Hofmann:

 

“Qual è la caratteristica e fondamentale differenza tra la realtà ordinaria e l’immagine del mondo sperimentata durante l’inebriamento con l’LSD? Negli stati usuali di coscienza l’io e l’ambiente esterno sono separati; il soggetto sta di fronte al mondo, che si è trasformato in oggetto. Con l’LSD i confini tra l’io conoscente e ciò che sta di fronte più o meno svaniscono, a seconda dell’intensità dell’inebriamento. Ha luogo una reazione fra il ricevitore e il trasmittente. Una parte dell’io straripa nel mondo esterno, nelle cose, che si animano e assumono un significato diverso e più profondo. Questa esperienza, che si accompagna alla perdita dell’io su cui facciamo sempre affidamento, può essere estatica o assumere i tratti demoniaci del puro terrore. Nell’eventualità auspicabile, il soggetto rinnovato si sente beatamente fuso con le cose della realtà esterna e di conseguenza con le altre creature del mondo, fino a raggiungere possibilmente il senso della totale unità con l’universo”.

 

Così facendo – ovvero mettendo in discussione le nostre più radicate convinzioni che vogliono l’Io separato dal mondo con cui si confronta – si fa crollare anche la concezione di una realtà certa, vera in senso oggettivo ed universale. Se una mera modificazione neuro-trasmettitoriale è in grado di farci percepire la realtà in maniera tanto diversa, esiste una verità? Come posso essere certo, e a questo punto non possiamo assolutamente esserlo, di star sperimentando la versione più fedele della totalità delle cose? Come posso addirittura credere nell’esistenza di una versione più fedele?

 

Un altro aspetto inscindibile dallo studio di questo effetto ‘unificante’ dell’esperienza lisergica, è il paragone con i traguardi più elevati dell’ascesi meditativa orientale: senza essere mai entrati in contatto, infatti, questi due mondi apparentemente molto distanti per contesto e modalità, sono giunti a conclusioni quasi sovrapponibili. Il soggetto meditante punta infatti a giungere ad un livello di distaccamento dal ‘sé’ tale da fargli percepire la fondamentale unità delle cose, unità in cui si riversa la sua propria coscienza identitaria: il traguardo è una sorta di annullamento dell’io, nel riconoscimento del fatto che la verità ci vede invece parte integrante del tutto cosmico.

 

LSD il mio bambino difficile 2

L’esperienza lisergica può essere vissuta come ascesi meditativa orientale

 

Hofmann arriva anche a tratteggiare un utilizzo tanto elevato del suo ‘bambino difficile’ da essere supporto alla ricerca meditativa della verità trascendentale: grazie alle capacità dell’LSD di allentare (fino ad annientare) le barriere tra soggetto e oggetto, la sostanza aiuterebbe così lo psiconauta-meditante a concepire pienamente la falsità della separazione dell’uomo dal mondo esterno.

 

Insomma, se tutto è così bello e facile, perché Hofmann definisce ‘difficile’ questo suo bambino prodigio?

 

Abbiamo già avuto il sentore dei possibili effetti collaterali di un trip che non va per il verso giusto, leggendo delle prime esperienze dello scienziato con la sua creatura, e il libro offre altri meravigliosi quanto tremendi racconti per capire appieno la natura del ‘bad trip’.

 

“Sprofondato dentro il suo tenace peso oppressivo, mi sembrava che tenesse avvinte le mie membra come una piovra dai cento tentacoli – era questo in effetti ciò che stavo vivendo a un ritmo misterioso; contatti elettrici di un’entità minacciosa e onnipresente, reale ma impercettibile, che chiamai a voce alta e insultai sfidandola ad uno scontro aperto. <<è solo la proiezione del demone in te stesso>>, una voce mi rassicurò. <<è la tua anima sospettosa!>> Fu come un colpo di spada fulmineo. La sua lama redentrice mi attraversò internamente. I tentacoli della piovra si staccarono dalla presa, come se fossero stati recisi”

 

In questo passo del libro di Hofmann, le parole di Rudolf Gelpke riportano le fasi di un bad trip esemplare: quando il trip ‘va male’, prende il sopravvento quel demone che Hofmann stesso sentiva aver preso il controllo del proprio corpo, della propria mente. I pensieri seguono una spirale negativa incontrollabile e vorticosa, toccando punti di assoluto terrore: un terrore primordiale quanto razionalmente immotivato, ma che può far sentire lo sfortunato psiconauta anche ad un passo dalla morte. Ovviamente non c’è niente nel profilo fisio-patologico dello sventurato sperimentatore che possa essere pericoloso per la sua vita: semplicemente le modificazioni che l’acido lisergico ha messo in moto nella sua psiche, hanno smosso un terreno probabilmente già di per sé poco stabile. Forse hanno fatto emergere una paura sopita dalla parte conscia e razionale del pensiero, un’ansia soggiacente nei meandri dell’interiorità del soggetto. L’esperienza psichedelica tende come abbiamo detto a ridurre ai minimi termini l’Io che siamo abituati a conoscere, dilatando invece una realtà del tutto nuova e che in qualche caso può far paura: per limitare questo rischio, fondamentale è il setting. Questo termine fu usato la prima volta da Timothy Leary, apostolo della psichedelia: il setting costituisce l’insieme delle circostanze ambientali e sociali nelle quali lo psiconauta si appresta a vivere l’esperienza lisergica (o comunque di alterazione). Lo stesso Hofmann riconobbe da subito l’importanza di questo elemento, in quanto un ambiente familiare, sicuro, al riparo da input esterni difficili da controllare, è un ingrediente fondamentale per vivere il trip in serenità e pienezza. Spesso fa riferimento a contesti naturali, o anche domestici, con persone fidate e con cui ci siano saldi rapporti di amicizia e fiducia.

 

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Un buon setting è fondamentale nell’esperienza lisergica

 

Anche la conoscenza e il giusto rispetto (o timore reverenziale) della sostanza sono un’assicurazione in più, in caso di bad trip: vediamo infatti nelle parole di Gelpke, come egli cerchi di riconoscere e di ricordare a se stesso i motivi del suo stato sconvolto, riuscendo infine a riprendere le redini della sua esperienza.

 

Una lettura che mi piace dare, oltre a quella più immediata e filologicamente ortodossa che abbiamo appena visto, ci riporta al ricordo infantile di Albert Hofmann. Lo scienziato, pensando a quella sensazione primordiale beata ed illuminata che più volte aveva caratterizzato la vita infantile, si chiederà poi se riuscirà mai a riprovare quelle emozioni in modo tanto sincero e assolutizzante.

 

“Nell’infanzia ho vissuto altri momenti come questo, durante le mie escursioni attraverso le foreste e i prati. Furono queste esperienze a modellare i principali lineamenti della mia visione del mondo e a convincermi dell’esistenza di una realtà vitale e impenetrabile allo sguardo quotidiano.”

 

Poi, vivendo le più riuscite esperienze lisergiche, potrà dire di aver raggiunto di nuovo queste agognate visioni del mondo, grazie appunto al suo ‘bambino difficile’. Viene da pensare al bisogno di ritorno all’infanzia nel senso più elevato del termine, ed ai motivi che muovono lo psiconauta.

 

Come se il ‘bambino difficile’, diventasse il compagno di giochi del nostro bambino interiore, riuscendo a riportarlo a giocare, a riscoprire con lui – e quindi con noi – dimensioni che sembravano ormai relegate ad un idilliaco quanto malinconico ricordo.