Molto forte incredibilmente vicino è il capolavoro di Jonathan Safran Foer.

Molto forte, incredibilmente vicino, il romanzo (Jonathan Safran Foer – 2005)

 

«E un bollitore per il tè?»

 

È con una domanda semplice che inizia Molto forte incredibilmente vicino, una storia complessa e dolorosa raccontata dall’americano Jonathan Safran Foer, che con gli occhi di un bambino di nove anni narra una tragedia dei giorni nostri, quella dell’11 Settembre.

 

Nel libro si verifica una commistione geografica e temporale tra l’universo contemporaneo degli Stati Uniti e il vecchio continente ai tempi del Secondo conflitto mondiale, per cui il tragico bombardamento della città di Dresda diventa anticipo, premonizione e memoria dell’attentato alle Torri Gemelle. La componente temporale si fonde e si confonde tra il Ventesimo e il Ventunesimo secolo, tra il mondo dei sopravvissuti e quello incerto e traballante ereditato dai trapassati.

 

È una storia che prende le mosse da un evento che ha sconvolto il mondo, che qui diventa vicenda privata: abbiamo a che fare con un bambino che ha perso il padre e che cerca di dare un senso al suo dolore, ma dal principio non ne trova né i mezzi né la voglia. Al di là della storia narrata, alcuni passi di come essa viene raccontata, stupiscono: certi pensieri sono risultati poco foeriani e molto altro, in positivo. Safran Foer sembra aver superato sé stesso, rompendo le barriere che lo opprimevano e valicando i limiti della scrittura solo discreta, giungendo a toccare con mano il cielo della vera letteratura, quella che racconta in modo disadorno ma tagliente le indicibili verità dell’esistenza umana.

 

« – Sto tentando […]

   – Tentando cosa? […]

   – Tentando di essere»

 

È un pensiero denso di una profonda portata esistenzialista sviluppato in tre povere righe, gettate nell’aria pesante e carica di presagi sinistri di una Germania a ridosso del conflitto.

 

Molto forte incredibilmente vicino 1

Jonathan Safran Foer, autore del romanzo

 

Il protagonista della storia si chiama Oskar, e queste parole rappresentano la sua ricerca del senso delle cose della vita. Di quei tempi bui non può immaginare la gravità che incombe ancora sui cuori della gente che li ha vissuti, ma per le strane casualità del destino è indirettamente figlio di quell’epoca sciagurata, e di quegli anni conserva i nonni, emigranti fortunosi, reduci di un drammatico avvenimento; entrambi devono confrontarsi con perdite passate e con quelle dei nostri giorni: i loro padri morti a Dresda e il loro unico figlio nell’attentato di quell’11 settembre 2001. La nonna ha gli occhi guasti, il nonno non ha più parole e scrive solamente: ognuno con le sue mancanze e con i propri dolori, sopravvivono in un’America che è patria di sogni infranti e aeroporti e luci accese nella notte e lettere d’amore.

 

«Fuori le foglie si muovevano al vento, dentro davamo sfogo alla nostra preoccupazione per quel genere di verità».

 

Il giovane americano fa riflettere sulla vita e sulla morte, ma non tanto su questi eventi in sé, piuttosto su quello che resta dopo: su come vivere e convivere con la mancanza e con il vuoto che lascia la morte. Ognuno dei personaggi principali ha il proprio antidoto: la nonna i suoi giornali e la scrittura del romanzo della propria vita, il nonno le partenze, le sculture, le lettere mai inviate, i disadorni silenzi, carichi di gravi pensieri. Oskar ha la chiave, scoperta misteriosa, enigma da risolvere, persone da incontrare, “Cose che mi sono capitate”. Ha le sue paure, i suoi drammi interiori, le fragilità, le debolezze, i pianti, la mancanza che diventa però salvezza e redenzione.

Alla fine della storia troverà il senso delle cose che cercava, si redimerà dal dolore, salverà se stesso dalle proprie delusioni, ansie, turbamenti interiori.

 

«Papà diceva che delle volte bisogna dare una regolata alle nostre paure»

 

Oskar ci riuscirà, e noi con lui. Saremo capaci di conservare il dolore e il ricordo, ma anche la felicità. Saremo liberi dai nostri timori e consapevoli delle nostre debolezze, saremo coscienti di chi resta pur andando via, e capaci di respirare il suo spirito nell’aria e di trovarlo nei momenti della vita.

 

Molto forte, incredibilmente vicino, il film (Stephen Daldry – 2011)

 

Nel 2011 esce nelle sale il film Molto forte, incredibilmente vicino, ispirato all’opera omonima, in cui si distinguono Tom Hanks per la breve ma magistrale interpretazione, Sandra Bullock, Thomas Horn nelle vesti di Oskar, e Max von Sydow, meraviglioso nei suoi terribili silenzi – non a caso questo ruolo gli è valso la candidatura agli Oscar 2012 come miglior attore non protagonista. Un film commovente, nostalgico ed impavido.

 

Molto forte incredibilmente vicino 2

Oskar, il protagonista del film

 

La pellicola si mantiene abbastanza fedele al libro, tranne che per alcuni punti che vengono omessi e per il finale che viene mutato completamente. Oltre a questo, un elemento la cui assenza emerge in modo lampante è la storia parallela presente nel romanzo, quella del terribile bombardamento di Dresda (che nel romanzo Foer descrive con vivida drammaticità). L’attacco alle Torri Gemelle, evento attorno a cui ruota e si sviluppa l’opera letteraria, è stato certamente uno degli eventi più tragici della storia contemporanea, ma il bombardamento di Dresda certo non è di portata meno drammatica, umana e storica: per quanto sia spesso inconsciamente ridimensionato – in quanto tassello di un inferno ancora più terribile come quello della Seconda Guerra Mondiale e dell’Olocausto – rappresenta un buio capitolo della Storia. Le esigenze di tempo e narrazione che distinguono l’opera cinematografica da quella letteraria hanno probabilmente reso sacrificabile questo aspetto della creazione originale di Foer, ma il risultato non può che risentirne per profondità e ampiezza di respiro.

 

Lo scrittore racconta un passato che è insegnamento e memoria, il regista lo ripropone solo come contingenza velata, riducendone la portata storica e personale nei protagonisti. Nonostante queste mancanze e l’inserimento di un finale creato ad hoc, il giudizio in merito all’opera di Stephen Daldry, resta comunque molto positivo: è stato colto il nucleo del romanzo e riproposto il clima di incertezza e sgomento, ma anche di speranza, che ha caratterizzato quel tragico settembre americano.

 

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