Fantacalcio: this is real football.

«Sette anni. Brad Pitt li ha trascorsi in Tibet, io e il mio gruppo di fedelissimi a fare il Fantacalcio, Antiche rivalità, dissapori mal celati e desideri di vendetta contraddistinguono da anni la DogeCup, ambita competizione che riempie di passione le nostre domeniche. Sette anni sono tanti, e l’asta (croce e delizia del gioco) si è adattata al mutar dei tempi: dalle aule di studio dell’università con taccuino e matita si è passati a salotti buoni, conditi da tablet e smartphone per collegamenti in tempo reale con Roma, Francoforte, Barcellona, nuove dimore di alcuni dei fantacalcers. L’avvento della tecnologia ha stravolto le usanze di un tempo, in particolare in sede d’asta: la malaugurata decisione di ‘aprire’ il mercato di riparazione per una settimana intera e di concludere gli affari via smartphone con strette di mano virtuali, ha sconvolto le nostre vite nell’ultimo periodo. Basti pensare che il sottoscritto, nel bel mezzo di The Revenant, sotto lo sguardo sdegnato della compagna e tra le urla di Leonardo DiCaprio scannato dall’orso, ha venduto Mauro Icardi per Pavoletti e Pjanic. Vi assicuro che tra me e DiCaprio, ero io quello più sofferente. Per non parlare dell’Affaire Chiellini: uno dei fantacalcers, esaltato quanto sprovveduto, ha scritto sulla immancabile chat di gruppo : “Vendo Chiellini”; in quel momento, non ho avuto dubbi. Era arrivato il momento di agire. Sciarpa, cappotto, e via. Mi son fiondato per le scale, e dopo due ore di estenuanti trattative intrise di nomi assurdi e di pacchi clamorosi, sono tornato a casa con Chiellini. Stanco ma felice. Felicissimo per il mio nuovo acquisto, mi accorgo che salterà le prossime giornate (numero indefinito) per un presunto affaticamento. THIS IS FANTACALCIO »

Marco Pistoia

 

 

«Era il lontano 2001, avevo solo tredici anni, e mi apprestavo, piuttosto precocemente, a dare vita al mio primo Fantacalcio. Nessuno di noi aveva un computer, quindi muniti di carta e penna, ogni lunedì mattina facevamo i conti a mano e stavamo ore al telefono per dare la formazione e per infamare l’avversario di turno, o per provare a strappare il giocatore dei sogni. Erano i tempi in cui avevo Shevchenko-Ronaldo-Del Piero che collezionarono 37 gol in tre, più ottimi voti, quindi… vittoria assoluta. Quello fu l’inizio della fine. Possedere giocatori di quel calibro mi eccitava assai, infatti dopo pochi anni arrivai a seguire anche più di un Fantacalcio contemporaneamente, toccando il record di tre nel 2006. Roba da fantamalati. Quest’anno, prima dell’asta di riparazione ero a -2 dal primo posto, quindi, come il buon vecchio Pantaleo Corvino, ho agito sottotraccia, telefonando a tutti per appioppare i miei pipponi a prezzo di saldo, pur di non trovarmeli ancora in squadra, o buttarli fuori a costo zero. Morale della favola: via Jovetic per 20 fantamilioni e via Felipe Anderson per 25+Missiroli, ottimo centrocampista da 6,5 fisso. Tutto questo ambaradam per strappare El Shaarawy, mio oggetto del desiderio. Ma alla fine dei centrocampisti, la terra sotto ai piedi è iniziata a tremare. “Mi dai 40 per Soriano, così divento il più ricco dopo di te?” ha chiesto il primo all’ultimo. “Ok”. Quell’ok è stato un colpo al cuore, una pugnalata inflitta da Giuda in silenzio. L’ultimo in classifica ha preso Immobile e il primo ha preso El Shaarawy. Io ho preso Maccarone.

La prima giornata dopo il mercato di riparazione El Sha ha segnato e io ho perso.»

Lorenzo Borghini

 

 

«Il Fantacalcio è la rappresentazione senza biasimi che ognuno di noi ha del calcio. È l’estensione del calcio vero che si protrae nelle case di chiunque abbia intenzione di essere un fantapetroliere, un fantasceicco o un fantaimprenditore di scarpe in grado di impressionare un pubblico di concorrenti comprando giocatori reali e scegliendo come posizionarli in campo. Sappiamo dai vari studi di Philip Zimbardo sulla psicologia che quando si induce una persona a rivestire un ruolo, questa lo fa con un risultato particolarmente confondibile con il reale. Ecco cosa succede ai giocatori del Fantacalcio, ognuno si assume le responsabilità della propria azienda calcistica, si personifica come l’allenatore in bilico a ogni partita, come il massaggiatore part-time che fa il muratore a tempo pieno e pratica fisioterapia abusiva con l’olio per la miscela dell’apino. Ognuno prende le veci dell’ultras pronto a rincorrere il giocatore che non rende, oppure incarna il dotto culture sportivo che vitupera i giocatori avversari con eleganza e personalità canonica. Si innescano dinamiche speculative, relazioni intime con se stessi sulle scelte del migliore da mandare in campo, finiscono le amicizie e si passa facilmente al lato oscuro delle negoziazioni e patteggiamenti per raggiungere il proprio scopo finale: il bottino. Tutto ruota intorno ai soldi, ma in realtà in gioco c’è molto di più, c’è il rispetto amicale, la riscoperta dello sport come interazione, la goduria della vittoria e infine il dolore per la perdita dei punti… È così che il Fantacalcio salverà il mondo, con l’esaltazione dei valori e delle pulsioni subdole nell’animo umano, pronte a esplodere se non ti prende il voto un attaccante e il primo panchinaro ha fatto tripletta.»

Daniele Lari

 

 

«Stagione 2005/2006. Diamoutene, Castellini, Dainelli. Questa la difesa titolare della Lokomotiv Turo. Un’asta, si capisce, completamente sbagliata. Devo ancora dei soldi a qualcuno. Fu la prima esperienza in quella realtà aggregativa che oggi ha raggiunto forme totalizzanti che si fa chiamare Fantacalcio. Altro che Diamoutene. Per uno che tifa Fiorentina il Fantacalcio ha due significati fondamentali: il primo è il pentimento che segue all’aggiudicarsi Manuele Blasi all’asta estiva (10 cartellini gialli in 1100 minuti di gioco nella stagione 2006/2007). Il secondo è che, considerando i risultati altalenanti della squadra viola, la disperazione di una sconfitta in casa contro il Pescara può essere lenita solo da una vittoria al Fantacalcio, per l’appunto con i gol di Jonhatas e Celik (stagione 2012/2013). Il problema del Fantacalcio, soprattutto per i romantici, è che non si riesce a mettere da una parte l’odio nei confronti di giocatori che potrebbero fare al proprio caso, e si preferisce virare su rose costruite più per una conferenza sul tema “Genio e Sregolatezzza”. La mia non era mai una squadra, ma una festa. Al diavolo i rigoristi, quelli dal temperamento pacato, i titolari certi. Piuttosto preferisco giocare in 10. E perdere. La verità è che non c’ho mai capito un cazzo.»

Arturo Mugnai

 

 

«Personalmente ritengo il Fantacalcio uno dei giochi più divertenti e malsani che la mente umana abbia mai creato. È divertente perché dona una soddisfazione immensa quando, nel corso della stagione, i protagonisti principali sono quei giocatori che hai pagato poco e su cui nessuno avrebbe puntato un euro all’inizio del campionato ma, allo stesso tempo, lo considero il gioco principe nel rovinarti il fegato. Chi ne è coinvolto lo sa bene; quando le cose non vanno come avevi previsto ecco che anche un weekend che ti volevi godere diventa improvvisamente motivo di angoscia e tensione. Chiunque ci giochi o ci abbia giocato lo ha sperimentato sulla propria pelle: la sofferenza che provi quando perdi contro il tuo avversario per quel misero punto che lascia te a 65 punti mentre l’altro ne ha fatti 66 o il dolore quando un tuo uomo sbaglia il rigore rovinandoti la giornata sono tutti fattori, uniti alla trepidante partecipazione nello sperare che i giocatori del tuo avversario siano preda di dolorosissimi crampi che li portino ad accumulare voti in pagella pessimi, che contribuiscono a renderti il sabato e la domenica, teoricamente di svago, giornate passate incollato allo schermo nella speranza che coloro sui cui hai riposto le tue speranze rispondano positivamente alle tue attese. Ma cosa vogliamo farci, essere malati di pallone porta anche a questo…»

Tommaso Moreno