No Dump ci ha raccontato la sua social guerrilla. Questi giovani architetti, danno nuova vita a materiali buttati facendo creazioni e installazioni artistiche

Ci sono molti modi di salvare la città di Firenze dall’ondata di rifiuti che la sommerge ogni giorno, ma solo uno per trasmettere al contempo un messaggio forte alla comunità: trasformare i rifiuti in arte. Dal 2010 i ragazzi di No Dump raccolgono oggetti di scarto per realizzare opere di design, installazioni e rappresentazioni che spuntano all’improvviso dai meandri della capitale medicea. E non è tutto. Ancora ricordo quella soleggiata domenica pomeriggio in cui decisi di prendermi una pausa dalle “sudate carte” per andare al Parco della Carraia a godermi l’esperienza multisensoriale dell’”Icché ci va ci voleh”, un evento artistico/musicale eco-friendly targato No Dump. Grazie al cielo esistono ancora persone che vedono nel grigiore urbano uno spazio d’espressione e nella “spazzatura” un’opportunità. Per questo noi del cARTEllo abbiamo deciso di sostenerli in questa crociata quotidiana contro lo spreco e di scambiare quattro parole con uno dei fondatori del movimento, al secolo Antonio Bagni.

IlcARTEllo: Ciao Antonio, com’é che avete deciso di lanciare questo progetto di “social guerrilla”?

Antonio: Tutto è nato all’interno del Collettivo della facoltà di Architettura di Firenze, in cui abbiamo avuto la possibilità di iniziare a mettere in pratica la mole gigantesca di teoria che continuavamo ad affrontare nel corso dei nostri studi. Da li è partita un’escalation che ci ha portato a realizzare dei progetti affrontando le tematiche più disparate, tra le quali l’inquinamento, il riuso dei materiali, il mercato dell’arte, la partecipazione e le problematiche sociali. Uno di questi è l’installazione temporanea CRISI, che siamo riusciti a concretizzare lo scorso natale: una scritta tridimensionale di 5 lettere di 2 metri per 2 in cartone, rivestita da gratta e vinci perdenti raccolti nelle tabaccherie, per un valore complessivo che superava i 49.000 euro! Lo abbiamo poi portato in giro per il centro di Firenze, rischiando chiaramente multe e quant’altro, ma ricevendo risposte positive da parte delle persone che incontravamo. Questo è un buon esempio per capire come attraverso l’uso di materiali comuni, e che “teoricamente” avrebbero concluso il loro ciclo di vita, cerchiamo sempre di dare un messaggio che tocchi ambiti non solo di politiche ambientali, ma soprattutto sociali.

No dump

IlcARTEllo: Apprezzo il vostro modo di unire attivismo e ironia, come nel caso dell’ultima campagna “Chiuso per lusso”, lanciata nel quartiere di San Niccolò. Come ha reagito la gente del posto?

Antonio: Il quartiere di San Niccolò, oltre ad essere una meta turistica, è anche uno degli ultimi baluardi della fiorentinità. Nonostante la grande concentrazione di artisti e artigiani all’interno del quartiere, è nota la mancanza di spazi per attività che non siano commerciali o turistiche. Questa installazione volendo porre l’accento sull’ enorme quantità di fondi commerciali sfitti e inutilizzati, ha quindi attirato l’attenzione delle persone che vivono il quartiere suscitando riflessioni e discussioni tuttora portate avanti.

chiuso_lusso - No dump

IlcARTEllo: Ovviamente l’attivismo in senso ampio non è l’unica cosa di cui vi occupate, anzi le vostre installazioni popolano eventi musicali ed artistici anche oltre i confini cittadini, come nel caso della tenda geodetica realizzata con materiali riciclati al Zion Station Festival. Come mai questo tipo di eventi, joint venture di musica e arte “sostenibile”, è ancora una rarità in Italia? È solo una questione di pubblicità?  

Antonio: No, non è questione di pubblicità, è questione di riuscire a creare un clima partecipativo attorno ad un evento, che deve affondare le sue radici nella volontà di dare una risposta partecipata ad un problema comune. Noi stiamo tentando di farlo, prendendo parte ad eventi dove le realtà organizzatrici sono interessate a creare un’atmosfera dove tu che allestisci diventi parte del festival a tutti gli effetti… come succede ormai da tre anni allo Zion Festival. Inizialmente abbiamo conosciuto gli organizzatori andando al Festival come spettatori, da questa conoscenza è nata una collaborazione che ci ha portato a realizzare installazioni temporanee e a farle evolvere ogni anno. L’evoluzione delle installazioni nasce dall’approccio collettivo partecipato alla progettazione e alla costruzione insieme ai ragazzi del Festival.

Abbiamo avuto altre esperienze di questo genere anche nel territorio fiorentino. “L’icche ci vah ci vole” è una giornata di arte, musica e buone pratiche, all’interno del Parco della Carraia che necessitava un riavvicinamento con la cittadinanza.

IlcARTEllo: Ce lo ricordiamo bene!

Antonio: Già! L’evento è stato organizzato in collaborazione con l’Associazione Riot Van. Inizialmente è stato pubblicato un bando aperto a tutte quelle persone che desiderassero esporre la propria “artisticità”. Dopo un mese di riunioni ed incontri con tutte le realtà, siamo arrivati alla definizione della giornata, che offriva una jam session, l’esposizione di opere, workshop, spettacoli di giocoleria e performance di pittura a 10 mani.

icche ci va ci vuole - No dump

IlcARTEllo: Passiamo ad altro. In una scena del documentario “Liberi”, di recente pubblicazione, un membro di No Dump afferma che “la burocrazia è fatta apposta per fare ostruzionismo in questo paese.” Ci vuoi spiegare meglio?

Antonio: Nulla di nuovo sotto il sole, le istituzioni sono delle macchine caotiche e molto lente, in cui le tempistiche sicuramente ti scoraggiano. Come No Dump, sono ormai anni che cerchiamo di conoscere e rispettare tutte le regole necessarie per organizzare un evento o una installazione. Probabilmente la difficoltà maggiore è quella di entrare nei meccanismi burocratici, interpretarli e districarli soprattutto quando cerchi di realizzare qualcosa di nuovo. Al momento stiamo riflettendo sulla possibilità di proporre eventi temporanei all’interno di spazi abbandonati. Ovviamente il percorso è lungo ed estenuante, poiché non vi sono precedenti e questo porta la macchina organizzativa ad essere molto cauta e di conseguenza molto lenta. La buona notizia è che se si ha pazienza, e se si crea un consenso diffuso nella popolazione, si riesce a spuntarla.

IlcARTEllo: Ci anticiperesti qualcosa sulla vostra prossima missione?

Antonio: Non posso e soprattutto non voglio….diciamo che sentirete parlare di noi!

Auguriamo il meglio a tutta la crew e li ringraziamo per non essersi arresi di fronte alle infinite difficoltà che solo il Comune di Firenze sa regalare e all’ottusità di quelle persone che non comprendono il potenziale insito nelle cose più semplici. Siamo noi gli artefici del cambiamento, l’abbrutimento delle aree urbane è un dato di fatto e non una necessità.

Nulla si trasforma