Non è sicuramente un viaggio usuale, quello intrapreso dai partecipanti del Burning Man, il festival artistico che prende atto per una settimana nel deserto del Nevada, a 150km da Reno, a cavallo del Labour Day (28 agosto / 5 settembre).

I cittadini della Black Rock City, città costruita a partire dal nulla, praticano dieci principi simbolo di un ethos che sfida energicamente la cultura dominante. I dieci principi rappresentano le regole su cui la città si basa per quella settimana: inclusione radicale, gifting, decommodification, non lasciare traccia, immediatezza, autosufficienza ed auto espressione, sforzo comune, partecipazione, responsabilità civica. Ai partecipanti è richiesto di provvedere per la propria sopravvivenza per l’intera durata dell’evento: occorre portare con se acqua e cibo a sufficienza, così come una tenda o un camper in cui dormire. Il coinvolgimento dei partecipanti si manifesta mediante una do-ocracy che prende vita in un habitat ripulito dalle barriere economiche ed amministrative, in modo tale da promuovere atti creativi capaci di creare grandi emozioni verso il pubblico che li osserva.

 

Burning Man è conosciuto per il suo totale distanziamento verso le azioni di marketing o branding e per la sua economia basata sul concetto di dono. L’esperienza richiede una buona dose di apertura mentale, spirito d’adattamento ed empatia. Mettere piede a Black Rock City significa quasi forzare il tempo a procedere a ritroso. Le comodità a cui siamo abituati svaniscono: ci troviamo a vivere nel deserto, luogo in cui i telefoni cellulari non hanno ricezione. Incontrarsi con gli amici diventa più complicato, perché i piani possono cambiare spesso nell’arco della giornata, e ci si ritrova piacevolmente costretti all’improvvisazione.

 

Nonostante l’illusione di trovarsi in un luogo utopico, il suolo del Burning Man è permeato da paradossi storico-culturali, tra cui l’ostacolo economico legato al prezzo del biglietto necessario per partecipare al festival, così come la presenza di campi extra lusso, dotati di qualsiasi comfort. Il costo del festival e l’esistenza di questi campi esclusivi, contribuisce a rendere la popolazione della Black Rock City un’élite pressoché omogenea, formata in gran parte dai giovani imprenditori della Silicon Valley.

 



 


Nonostante questa contraddizione, l’ambiente del festival è, in realtà, costruito nel tentativo di stravolgere, sfidare e riconcettualizzare la società esteriore, senza imporne una visione utopistica, rappresentando quindi appieno il principio di radicale espressione del . Questa riorganizzazione avviene in maniera pacifica, grazie alle singolari espressioni della propria personalità, caratterizzate dall’essere spesso antitetiche, ma comunque capaci di coesistere nello stesso spazio in maniera armonica.

 

È difficile spiegare a chi non ha mai calpestato la polvere, di cui ogni angolo di questo luogo è intriso, che cosa veramente il Burning Man sia. In esso è possibile riconoscervi non solo una gigantesca galleria d’arte all’aria aperta, un festival musicale in cui i migliori dj del mondo si esibiscono, o un palcoscenico per performances avanguardiste, ma un vero e proprio esperimento sociale, in cui persone di ogni razza, nazionalità e generazione si uniscono nel tentativo di costruire una società perfetta, o quantomeno migliore di quella in cui viviamo quotidianamente.

 

Nonostante abbia intrapreso il viaggio da sola, ho sempre avuto l’impressione di essere circondata da amici, persone a cui ti senti legato da un ancestrale senso di comunità. Burning Man mi ha insegnato ad adattarmi, ad accettare la diversità e non giudicare, a non fare programmi, ad aprire i miei orizzonti, ad essere più cosciente riguardo i miei consumi, ma soprattutto a fidarsi del prossimo.

 

Per una settimana all’anno a Black Rock City circa 75.000 persone si uniscono e collaborano per rendere possibile una grande fantasia collettiva, una città dalle infinite possibilità, in cui ogni sogno può essere realizzato senza risultare assurdo o incompreso. Purtroppo questa fantasia non può durare per sempre, e il rituale finale in cui le sculture di legno vengono date in pasto alle fiamme ha lo scopo di educare il pubblico a lasciare andare. Tramite il fuoco si impara a separarsi sia dalle cose materiali che dalle emozioni. Descritto da molti come un viaggio di formazione o un’esperienza mistica, Burning Man è stato per me un nuovo inizio, da cui ripartire e affrontare il futuro con grande ispirazione e rinnovata energia.

 

Parole e foto di

Federica Barbano