i rispettivi percorsi ci allontanano

Si concluse in un attimo. Come le avventure importanti della nostra vita. Perfetti sconosciuti che costruiscono un legame viscerale e inestimabile. Un ingranaggio che si alimenta grazie a se stesso. Nessuno si aspettò esattamente quella fine. Aleggiò per un attimo un leggero sentore di rammarico per non aver fatto tutto il possibile. Il rimpianto di non aver sfruttato ogni momento disponibile ed essersi persi, invece, in giovanile pigrizia. Rimanere stremati e sudati per aver affrontato l’ennesima situazione complicata rendendola ridicolmente semplice, o per essersi fatti trasportare dal più classico degli imprevisti in territori oscuri ed inimmaginabili. Senza chiedersi come mai. Solo per il necessario piacere di perdersi. Era solo quello l’obiettivo.

 

Rimasero in tre a fissare quella parete. Il proprietario del locale decise di indirizzare il fascio di luce del proiettore su quell’enorme muro bianco che sovrastava il cortile della festa. Quella voce indelebile e immediatamente riconoscibile a fare da colonna sonora. Un suono aspro, ma indiscutibilmente rigenerante. Gli occhi bagnati da qualche lacrima fattasi strada senza riuscire a comprendere le proprie motivazioni. Una malinconia leggera che permeava l’aria ma che non confondeva gli sguardi. L’occhio un po’ pesante per il trascorrere dei festeggiamenti e le esagerazioni universitarie assunte come una specie di obbligo. Nessuno dei tre disse nulla. Il silenzio era l’unica essenza necessaria. La chiave perfetta per sbloccare quel preciso momento. Farlo penetrare indelebilmente nella memoria. Proprio come il percorso svolto dai ricordi quando decidono di insediarsi negli strati più profondi di ciò che siamo, e cioè nudi, davanti ad uno specchio. Solo gli istanti fondamentali portano in dono quell’effetto. Non subito riconoscibili perché persi nell’immensa foresta di ovvietà e di scelte fatte per noi, ma subite col sorriso.

 

“Verranno a chiederti del nostro amore” stava giungendo al termine. Con lei anche l’imperioso fiume di fratellanza, trovava una diga sul suo corso. Il Dottore era visibilmente commosso. Mi fece un brutto effetto. Non incrociarsi spesso lungo i dossi e le mareggiate sarà veramente pesante. Quella leggerezza che permetteva al tuo animo di svolgere un’esistenza serena, non verrà più inalata a pieni polmoni. Ne ho fatta di scorta ma so già che non basterà. Gli altri sono spariti pian piano nell’ombra. Anche Pietro comprende il momento anche se è il più stanco. Ci si immerge fino ai capelli. Lascia libero solo un piccolo spazio in fondo alle narici per continuare a respirare.

 

Tutti e tre in silenzio.

Fossi stato un bravo oratore avrei trovato le parole giuste. Invece mi limitai a sorridere malinconicamente. Con il pensiero proiettato altrove. A ciò che è stato e non a quello che sarebbe venuto. Come spesso mi capita di fare. Aggrapparsi con tutta la forza ai sorrisi che hanno già contribuito a formare un piccolo solco sul mio viso. Rughe di felicità create da persone straordinarie. Senza sapere se e quando ci rincontreremo. La tristezza cresce ed ora è silenzio. Il brusio soffuso degli ultimi saluti ed abbracci. Il tutto impresso nell’aria a formare l’essenza stessa di un respiro. Un piccolo grazie racchiuso a doppia mandata nel cuore. Per quelle cicatrici di felicità impresse sul mio viso. Un sorriso costante proprio in mezzo al mio petto. A riscaldarmi durante gli inverni più tristi. A incoraggiarmi di fronte alle strade interrotte.

Ad urlarmi di non perdermi mai.