Meno bomberismo, più educazione sessuale!

C’è un filo che unisce la morte di Tiziana Cantone, lo slut-shaming subito dalla conduttrice di SkySport Diletta Leotta e la tanto criticata campagna #FertilityDay promossa dal Ministero della Salute. Il collegamento, apparentemente difficile da individuare, può essere riassunto con un titolo: “Il rapporto della società italiana con il sesso”.

 

Il padre della psicoanalisi Sigmund Freud, la cui morte ricorreva nei giorni scorsi, in “Totem e Tabù” scriveva:

“Fondamento del tabù è un’azione proibita verso la quale esiste nell’inconscio una forte inclinazione”.

Ovvero, affinché qualcosa possa essere considerato tabù bisogna che sia proibita e che vi sia, nell’inconscio, una certa inclinazione verso l’oggetto in questione. Diceva anche che coloro che rompono il tabù e violano dunque le norme e le leggi della loro società, vengono allontanati dalla società stessa. Come se mantenere e difendere un tabù fosse più importante di salvaguardare la propria comunità.

Lungi da entrare a pieno nel paradigma psicoanalitico in questa sede, ciò che ci interessa delle parole di Freud sono il loro rimando al modo con cui la sessualità viene trattata in pubblica piazza o in pubblica bacheca nel nostro paese.

 

Come avremmo reagito se avessimo avuto un bagaglio sufficiente di educazione alla sessualità (non solo da un punto di vista tecnico-scientifico, ma anche emotivo) di fronte al suicidio o, prima ancora, alla pubblicazione del video che ritraeva Tiziana Cantone? Quale sarebbe stata la reazione alla pubblicazione delle foto di Diletta Leotta? E ancora, il Ministero della salute avrebbe adottato una linea comunicativa meno obsoleta e più “danese”, entrando nella sfera privata delle persone cercando di convincerle a fare figli?

La risposta a queste domande non è scontata, ma vale sicuramente un tentativo: se vogliamo finirla con l’essere animali spasmodicamente arrapati o bacchettone isteriche, allora dobbiamo tollerare che ai nostri figli (e perché no, anche a noi) venga insegnata l’educazione sessuale.

 

educazione sessuale 1

Cosa penserebbe Sigmund Freud della nostra educazione sessuale?

 

Tra gli stati membri dell’Unione europea sono sette gli stati che ancora non prevedono l’insegnamento dell’educazione sessuale: Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania, Regno Unito e Italia. In Germania l’educazione sessuale è obbligatoria dal 1968. Ovvero, otto anni prima della nascita della suicida Tiziana Cantone: sovviene un’altra domanda. Se Tiziana fosse nata in Germania e a 28 anni qualcuno le avesse girato il video in cui pratica sesso orale prima che finisse in rete, avrebbe subito la stessa gogna mediatica?

 

 

Qualora la morte di una che “se l’è andata a cercare” non fosse importante per convincere dell’importanza dell’educazione sessuale, pensiamo a quanto dichiarato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a proposito: l’educazione sessuale è fondamentale per ridurre condotte sessuali sbagliate. Il rischio di gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili contrasta gli abusi sessuali e le violenze. Ah, l’educazione sessuale riduce anche l’instaurarsi e il mantenersi delle discriminazioni di genere e sessuali, ma di questo, come abbiamo visto, non ce ne importa niente.

 

Secondo l’UNESCO “c’è urgente bisogno di fare educazione sessuale, soprattutto tra i giovani dai 15 ai 24 anni. Il 60% delle persone in questa fascia d’età, ad esempio, non è in grado di identificare in che modo si può prevenire la trasmissione del virus HIV”.

 

Come se tutto ciò non bastasse per convincere il legislatore, ma anche l’opinione pubblica, a cambiare radicalmente idea sulla sessualità, vale la pena citare quanto riportato da L’Espresso appena tre anni fa a proposito di prevenzione e contraccezione. L’industria dei contraccettivi non è mai decollata nel nostro paese e nelle università e negli istituti privati di formazione non sono argomenti battuti e approfonditi, anzi. Le conseguenze le spiegava Valeria Dubini, presidente dell’Associazione dei Ginecologi Italiani: “Così può succedere che tra gli stessi ginecologi si diffondano stereotipi – la pillola fa ingrassare – o errate convinzioni sulla sicurezza e l’efficacia di metodi contraccettivi come i dispositivi intrauterini (Iud), accusati di non essere adatti alle donne in giovane età per problemi legati al rischio di infezioni o di sterilità”.

 

Quindi, anche nel caso in cui qualcuno fosse interessato ad approfondire le conoscenze a proposito della componente sessuale del proprio corpo, del funzionamento e delle buone pratiche per migliorare la propria vita sessuale, rivolgendosi ad un professionista rischierebbe di non trovare risposte, ma solo ulteriori dubbi.

 

Qualcuno potrebbe dire “se lo vada a cercare sul web”. Già, lo stesso web che nelle ultime settimane ha acquisito il ruolo di capro espiatorio per spiegare le tonnellate di odio e ignoranza che vomitavamo sui social. Un altro argomento di cui non sappiamo parlare e di cui dovremo ancora discutere a lungo. La Cantone non si sarebbe uccisa se Facebook non fosse esistito? Non possiamo saperlo, possiamo invece dire, a proposito del modo con cui alcune testate hanno trattato l’argomento, che “Le colpe del web”/”Uccisa dal web”/”La rete che uccide” sono titoli che non analizzano né il fatto né il contesto, e che, se accompagnati da un link correlato “Ha un orgasmo sulle montagne russe. GUARDA IL VIDEO”, diventano allora vergognosi e perfettamente calzanti con il concetto di sciacallaggio.

 

 

Ci dimentichiamo che a scrivere quelle reazioni sui social non è un algoritmo, ma delle persone. La colpa non è del web, e non è il web che uccide, siamo noi, siete voi, con il bomberismo misogino, “i malati di fica”, il “guarda che cagna”. E questo non significa che nelle bacheche dei social network non ci debba essere più spazio per un bel culo o due belle tette, ma l’esatto contrario. L’augurio è che ce ne siano sempre di più e che vadano a rimpiazzare quell’orda famelica incapace di intendere e di volere non appena viene hackerato il cloud di una bella figliola.

 

A quel punto sì che il ministero della salute potrebbe permettersi di girare uno spot come questo, risparmiandoci slogan dal sapore fascio-nostalgico: “Il tuo utero è un bene comune”. La campagna #FertilityDay ha assunto un tono paternalistico. Sembrava di vedere un padre impacciato nel tentativo di spiegare ad una figlia come vengono al mondo i bambini, invitando anche lei un giorno a farne uno. “Perché ne abbiamo bisogno tutti, tesoro”.

 

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