Buon inverno, Bon Iver è tornato!

“Abbiate fiducia nel progresso che ha sempre ragione anche quando ha torto”

 Filippo Tommaso Marinetti

 

Sono passati nove anni dal suo ingresso nel mondo della musica, diventando uno dei maggiori rappresentati della musica indie folk. Lui è Justin Vernon, nome d’arte Bon Iver (dal francese Bon hiver cioè “buon inverno”), passato alla ribalta con l’album For Emma, Forever Ago, nato come valvola di sfogo e registrato su una montagna del Wisconsin in totale solitudine. Fatto in casa, insomma, e nel suono si sente. È intimo, romantico, con la sua voce acuta e la sua chitarra onnipresente non fa che portarti in quell’atmosfera fredda e solitaria di quella baita. Di questo disco non possiamo dimenticare la traccia Skinny Love, una delle più famose, diventata celebre anche grazie alla cover realizzata dalla cantante Birdy nel 2011.

 

Nel 2009 esce l’EP Blood Bank in cui il suo stile si avvicina al rock, all’elettrico, continuando, però, a portarsi dietro la natura folk del primo album. Arriva poi nel 2011 l’album Bon Iver, Bon Iver che nei suoni più alternativi e peculiari preannuncia il vero protagonista di oggi e gli spiana la strada, rendendo il percorso da For Emma, Forever Ago a 22, A Million (ultimo album, uscito il 30 settembre) perfettamente lineare. Evoluzione di un artista che ha deciso di dare più spazio al suo desiderio che all’aspetto commerciale del proprio lavoro, perché l’ascolto di questo album è difficile, non è alla portata di tutti. Già solo leggendo (o almeno provandoci) i titoli viene naturale pensare che c’è qualcosa di concettualmente complicato in questo disco. Già nella copertina questo è chiaramente visibile: al centro un tao, simbolo cinese che rappresenta l’unione di ying e yang, cioè degli opposti, creando un’armonia perfetta. La scelta della copertina non poteva essere migliore perché questo album è così. Un insieme di cose che non c’entrano niente le une con le altre, ma che in qualche modo riescono a costruire un bellissimo habitat in cui esistere insieme (arrivando ad un’indie che fa impallidire anche i migliori Alt-J). La tecnologia inerte e glaciale bilanciata dai suoni folk e la passione che contraddistinguono questo artista. Un album quasi futurista, con il progresso e il cambiamento nel suo centro, grazie anche alla collaborazione di diversi artisti. È distante miglia dal suo antenato For Emma, Forever Ago, ma ne rimane comunque figlio e si porta dietro tutta la sua tradizione folk, dandogli però una scossa.

 

 

Bon Iver 1

La bellissima copertina di 22, A Million

 

 

La prima traccia è 22 (OVER S∞∞N), presente nel singolo 22/10 uscito il 12 agosto, che apre l’album premettendo proprio questo cambiamento: di sottofondo suoni elettronici, mentre in prevalenza c’è la voce di Bon Iver accompagnata da un mix di diversi stili, tra i quali cori gospel, una voce che ricorda quella di Freddy Mercury, sax, voci campionate e chitarre, il tutto mantenendo il beat iniziale fino alla fine e raccontando un pensiero che chiunque almeno una volta fa nella vita: “over soon” cioè “presto sarà finita”. C’è poi 10 d E A T h b R E a s T   (seconda traccia del singolo 22/10) che sembra essere stata registrata su un computer rotto, ma il cui ritmo porta la testa e le spalle a muoversi seguendolo. Il contrasto tra base musicale elettronica e voce rende questa traccia una cosa meravigliosa all’ascolto, tutto affiancato da un testo poetico, di quelli che solo Bon Iver può scrivere, con l’amore e l’amicizia come protagonisti. La terza traccia è 715 – CRΣΣKS dove c’è sempre silenzio tranne quando entra la voce, insieme a qualche effetto digitale che la raddoppiano e costruiscono una sorta di base musicale. Dopo c’è 33 “GOD”, secondo singolo dell’album, che parte con un semplice pianoforte, arricchendosi poi con voci campionate e con quella di Justin che parla in modo enigmatico di ricordi, di perdite, anzi, di amori perduti.

 

Ad un certo punto subentra anche Paolo Nutini con l’estratto “We find God and religions to” (“troviamo un Dio e delle religioni”) di Iron Sky che introduce anche il tema della religione. La quinta traccia è 29 #Strafford APTS in cui sembra di tornare all’originario Bon Iver, con uno stile folk poco contaminato dall’elettronica, che subentra raramente a differenza di 666 ʇ  (sesta traccia) che invece è costruita tutta su suoni e voci digitali. In ogni caso, tratto comune rimane la voce di Vernon che resta sempre protagonista della maggior parte delle tracce, indipendentemente dallo stile e dalle scelte musicali.

 

 

 

La traccia numero 7, 21 M♢♢N WATER è forse il pezzo più alternativo e particolare del disco. Qui i suoni diventano sempre più confusi, sovrapponendo ambienti diversi, tutti con una natura propria e contrastante alle altre, dando poco spazio alla voce. Poi c’è 8 (circle), una delle tracce più belle del disco, creata in collaborazione con Ryan Olson e BJ Burton, un bilanciamento perfetto di voci e base musicale elettronica, con un testo che, attraverso un insieme di frasi con un nesso logico difficile da capire, ti arriva dentro. ____45____ è la nona traccia dell’album ed è dominata dal sax, che accompagna la voce durante tutto il pezzo, accogliendo poi anche un banjo, che abbozza un disegno folk. L’ultima traccia è 00000 Million che chiude l’album ricordando l’atmosfera di For Emma, Forever Ago e il suo cantante che tutti conoscono, lasciando la certezza che questo album sarà ascoltato per molto tempo.

Bon Iver è tornato, portando con sé l’aria di neve che lo contraddistingue. Ti fa venir voglia di infilarti un piumino e ricoprirti il collo con una sciarpa e ti augura un buon inverno. Presto sarà finita.