Ci siamo fatti quattro chiacchiere con Federico Monzani, entrando nel suo mondo artistico tra Magritte, Mondrian e tanto Pop.

Come ti presenteresti ad un pubblico che non ti conosce?

Mi considero come una sorta di artigiano visivo. Come se fossi un mezzo che adopera il proprio corpo e la propria mente per comunicare pensiero. Un pensiero che attiva altri pensieri. Come se fossi un sasso che viene lanciato nell’acqua e che rimbalzando crea delle piccole onde… Ecco quel sasso è il mio pensiero e le onde sono i pensieri delle persone. È estremamente importante per me che l’osservatore possa fare la sua parte… Si tratta, come dice Michel Gondry, di una sorta di “Socialismo Visivo”.

  

Come descriveresti la società di oggi?

Difficile dirlo in poche parole.. perché molto frammentata e stratificata. Sicuramente direi che è molto frenetica. Le persone non riescono più a vedere realmente le cose, perché sfuggono. Non riescono a stare “qui” e “ora”, c’è poca consapevolezza del proprio corpo e del proprio pensiero, e le stesse comunità virtuali hanno contribuito molto a danneggiare la presenza delle persone.

 


 

Qual è il cammino che ti ha destinato all’arte?

Ho fatto un percorso molto intenso e concentrato. A 25 anni ho terminato gli studi in Scienze dei Beni Culturali (Teatro e Cinema) e la specialistica in Scienze dello Spettacolo e della Comunicazione Multimediale presso l’Università degli Studi di Milano. Successivamente mi sono catapultato nel mondo del Teatro Danza, grazie alla mia correlatrice di Tesi, Ambra Senatore. Poi sono atterrato nel campo cinematografico, lavorando con Gabriele Salvatores, Marco Bechis e Maurizio Nichetti. Ho realizzato anche alcuni film e video nel frattempo presentati in vari festival: Milano Film Festival, Invideo e Roma Film Festival. Infine sono atterrato nel mondo della grafica e del disegno. Quindi ora disegno e faccio il grafico, collaborando con alcune aziende e studi.

 

 

Nei tuoi disegni si nota non tanto la ricerca della perfezione artistica quanto la capacità di caricaturare la realtà, animarla, deriderla, e allo stesso tempo amarla…

Esattamente. Come dicevo all’inizio non conta la bellezza fine a sé stessa, ma il pensiero. Credo che ogni mente sia un mondo e sarebbe molto bello che tutti potessero raccontarlo. È l’idea che conta più del mezzo e che si evolve attraverso differenti media: danza, teatro, cinema, fotografia, disegno, ecc. Proprio come dici, derido e allo stesso tempo amo. Spesso trovo il mondo molto ingiusto, e per questo cerco di modificare poeticamente quel che vedo di negativo. Visto che siamo qui di passaggio, come dice Vonnegut, dobbiamo pensare di vivere nel “migliore dei mondi possibili”, come invece dice Voltaire.

 


Magritte, Mondrian, surrealismo, astrattismo… sei riuscito a creare un connubio tra la rappresentazione della realtà in modo animato con richiami alla storia della cultura artistica senza che quest’ultima sia presa come metro di giudizio o pesi come un macigno…

La pesantezza ed il giudizio sono due concetti a me molto distanti. Credo che lo sguardo che si ha da piccoli, con quel pizzico di ingenuità e giocosità, allontani completamente la pesantezza ed il giudizio. Da piccoli si riesce a vedere il mondo da punti di vista continuamente differenti, senza fermarsi a dire o pensare se è giusto o sbagliato. Mi capita proprio questo nella costruzione dei miei disegni: continuo a traslare di significato le cose, senza mai giudicare. Quando si è piccoli trasformi tavoli, in castelli, lenzuola in mantelli, bottiglie in astronavi. È proprio questo il gioco… traslare di significato le cose, come quando ci si sdraia sul prato per dare forme alle nuvole e ognuno, con la propria esperienza e la propria mente, vede cose differenti.

 

 

 Ti ritieni un artista pop? Altrimenti come definiresti la tua arte?

Beh si. Pop poetico concettuale. Un ragazzo americano mi ha scritto secondo lui che cos’è il “Monzanismo”, è stato molto divertente.

 

I colori che usi hanno un significato particolare?

No, un significato particolare no. Ma la scelta della compattezza e dell’assenza di sfumature è per rendere il più comprensibile possibile l’idea. Per questo sono molto attratto da Magritte o artisti come Mondrian o Bauhaus.. perché già prima di disegnare hanno molto chiaro che cosa devono fare. Lo stesso Magirtte è surrealista, ma si vede chiaramente che non vi è nulla di casuale in quello che crea.

 

 Il canale video è sicuramente la chiave comunicativa della nostra epoca. Abbiamo visto il tuo video (“l’arte attraverso una mela”) puoi spiegarci il perché del video e il percorso creativo che ha portato alla sua realizzazione? 

Il video “L’arte attraverso la mela” è un’idea partita casualmente leggendo i diversi saggi di Bruno Munari. La base è sempre la stessa: giocare utilizzando un oggetto comune per spiegare la storia dell’arte contemporanea. È un contro-clip, come lo ha definito un articolo di Milano Film Network e La Repubblica, ovvero come abbiamo già detto “Derido e amo” allo stesso tempo.