Il regista Lee Hae-jun con Castaway on the Moon orchestra bene il registro comico alternato a quello drammatico.

Castaway on the Moon è una gemma rara; uscito nel 2009 in Corea del Sud arriva in Italia di soppiatto sbancando la dodicesima edizione del Far East Film Festival di Udine.
Nel 2011 durante la nona edizione del Koreafilmfest di Firenze, a cui partecipai come giurato, mi imbattei in questo originalissimo film.

 

Kim, giovane impiegato della middle class coreana, decide di farla finita; si getta quindi nel fiume Han di Seoul. Un volo ad angelo, un botto secco… dissolvenza in nero.
Sprazzi di sole risvegliano il povero Kim, che si rende conto di non essere riuscito nella sua impresa ma, cosa ancor peggiore, è rimasto intrappolato in un isolotto separato dal resto del mondo o meglio, del suo mondo.
Disperato, proverà a giocare tutte le carte a sua disposizione per poter tornare fra i “vivi”: si tufferà cercando di raggiungere a nuoto la terra ferma, ma l’acqua si dimostrerà non essere il suo elemento ideale.
Tenterà di chiamare la sua ex fidanzata con la poca batteria rimasta sul cellulare, ma lei, cinica e spietata, lo liquiderà senza ascoltare la sua richiesta di aiuto.

 

Dall’altra parte della storia e della costa, troviamo una ragazza omonima di nome Kim che vive autoreclusa in casa; ha paura degli altri, non regge gli sguardi della gente, è un hikikomori, l’agorafobia orientale che sta attanagliando sempre di più Cina, Giappone e Corea, i nuovi colossi industriali, città sviluppate sempre più in altezza, brulicanti di persone come in un formicaio.
La ragazza vive in simbiosi con la sua macchina fotografica, guarda la luna con sguardo romantico: vorrebbe tanto poter essere l’unico abitante di un satellite lontano.
Un giorno, il suo occhio osservatore si scontra con il buffo Kim, alle prese con la sua nuova vita all’inizio tanto odiata ma poi via via, sempre più amata.
La ragazza è attratta da quello stravagante “alieno”- così lo chiamerà – che si danna come un pazzo per un piatto di tagliolini.
Lui è un uomo affogato nei debiti, uno che non ce l’ha fatta a stare al passo coi tempi, tempi accelerati che intrappolano in una spirale di stress fisico e mentale; è il compromesso della metropoli, di quella Seoul, fantastica, incandescente, quella Seoul al neon, che offre tanto, ma allo stesso tempo prosciuga piano piano, mettendoti alla prova costantemente; tutti corrono verso il domani con lauree, master, mille lavori, cercando di migliorarsi sempre di più, diventando nella maggior parte dei casi più simili a robot che a perfetti esseri umani.
Castaway on the moon
Di lei si sa poco o niente. Naviga in continuazione su un social network con tanto di identità fasulla, si vergogna di se stessa, di quella bruciatura che le sfigura il viso, anche lei come molti ha paura di essere imperfetta, in una società dove l’apparenza è più importante della sostanza.
Lei prende coraggio, sfida il mondo con un casco da motociclista in testa, lancia una bottiglia verso quel novello Robinson Crusoe, cercando un contatto con l’unica persona che forse potrebbe accettarla, l’unica persona che potrebbe completare la sua imperfezione.
Da lì, inizierà uno scambio di messaggi fra i due, inizieranno a conoscersi, rideranno l’uno dell’altro, si arrabbieranno, affronteranno le difficoltà della vita sostenendosi a vicenda, scambiandosi brevi messaggi cifrati, come un: “Fine, thank you” scritto con un legno sulla sabbia, che nel mondo d’oggi ha perso d’importanza, ma che – se sentito – rimarrà sempre una risposta autentica a una domanda fatta da una persona cara.

 

Il regista Lee Hae-jun con Castaway on the Moon orchestra bene il registro comico (durante la prima parte) – creando situazioni paradossali che ci faranno ridere a crepapelle – alternato a quello drammatico (seconda parte) in cui reggeremo a stento dei lacrimoni carichi di speranza. La speranza di un incontro inaspettato fra due realtà così diverse ma così uguali, due anime sole, affogate nel magma incandescente della vita, che possono tirarsi su tramite piccoli contatti, bisbigliando messaggi segreti, riscoprendo se stessi, che nella maggior parte dei casi rimane cosa rara, un po’ come i Panda in via d’estinzione, questi animi fragili vanno tutelati, perché un giorno noi tutti potremmo crollare, e non ci rimarrà che sperare che dall’altra parte ci sia un Mr o Mrs Kim pronto ad aiutare.