In un'epoca di diffidenza tra Russia e America siamo sicuri di non essere già in una nuova guerra fredda?

Mancano meno di due settimane alle fatidiche elezioni presidenziali statunitensi e i pronostici danno Hillary Clinton davanti a Donald Trump di alcune lunghezze. Forse la riapertura del fascicolo sulle mail inviate dalla Clinton quando era Segretario di Stato, voluta dal direttore dell’FBI James Comey, stravolgerà ancora una volta gli equilibri favorendo il magnate dell’immobiliario. Ad ogni modo una cosa è certa: l’esito di questo scrutinio avrà delle ripercussioni immediate sui rapporti con il Kremlino in un momento in cui le scaramucce con la NATO divengono sempre più frequenti. E sarebbe una leggerezza considerarle solamente come tali.

 

Le dichiarazioni di Trump sul conto del primo cittadino di Russia fanno di lui un ammiratore indiscusso e un alleato potenziale. Trump sarebbe l’interlocutore ideale per Putin, a meno che non si lasci cogliere -beninteso- da una delle tante amnesie che gli permettono di dire tutto ed il contrario di tutto, come è avvenuto dopo l’incontro col presidente Peña Nieto per discutere della costruzione di un muro alla frontiera messicana. Al contrario, la Clinton si rivelerebbe un osso duro per Wladimir. Le insinuazioni del suo entourage sul coinvolgimento dei servizi segreti russi negli episodi di hacking che hanno turbato la campagna presidenziale, la dicono lunga sulle inclinazioni dell’ex Segretario di Stato. Secondo tale ricostruzione, a sostenere Trump in queste presidenziali ci sarebbe anche Putin oltre a Julian Assange. Welcome back Cold War!

 

Questo sentimento di déjà vu non attecchisce esclusivamente negli animi del nuovo continente, l’Europa della crisi dei migranti, del TTIP e del CETA è lo scacchiere dove si dispongono le pedine e i vertici della NATO prendono importanti contromisure. Se la crisi ucraina aveva fomentato l’odio post-sovietico dei paladini del Patto Atlantico, l’intervento russo in Siria sta facendo traboccare il vaso. Di che far lavorare Jens Stoltenberg dopo l’ondata di scetticismo che aveva investito l’organizzazione sopravvissuta allo smantellamento dell’URSS. Quei dubbi oramai appartengono al passato, così come le conferenze ed i seminari volti a spiegare al mondo l’utilità di un’istituzione che aveva sepolto la sua nemesi. In questa nuova alba di tensioni il Regno Unito ha promesso d’inviare dei jet per assistere la Turchia nella ricognizione del Mar Nero, gli USA riforniscono la Polonia di militari, artiglieria e tank, e Germania, Canada, Italia, Olanda, Belgio, Croazia e Lussemburgo contribuiscono allo sforzo anglosassone schierando altre truppe in Lettonia, Estonia e Lituania. Lo scopo è disporre di un contingente di difesa qualora i 330  000  soldati russi dislocati alla frontiera Ovest dovessero passare all’azione.

 

Mosca non è però rimasta a guardare. Recentemente l’industria bellica russa ha mostrato al mondo la sua ultima creazione, un missile nucleare a lunga gittata ribattezzato “Satan II” dalla NATO. Invisibile ai radar convenzionali, Satan II può radere al suolo un’area grande come il Texas e centrare un obiettivo a 8 000 chilometri di distanza. A scanso di equivoci, Putin ha tenuto a precisare che la messa a punto di questo gioiello dell’ingegneria nucleare è una conseguenza delle azioni dei governi NATO, prima di dichiarare: “Non è evidente che io debba garantire la sicurezza del nostro popolo?”.

 

guerra fredda 1

Il Satan II

 

 

Sembra dunque chiaro che in una realtà multipolare come quella odierna, la dottrina della dissuasione per mezzo di testate nucleari, meglio nota come MAD (Mutual Assured Destruction), stia tornando di moda come ai tempi della Guerra Fredda. In altre parole, alcuni paesi firmatari del trattato di non proliferazione nucleare derogano ai loro obblighi per fabbricare armi di difesa contro eventuali attacchi esterni e i loro rivali fanno altrettanto. Il risultato è un mondo dove tutti dispongono dell’arma nucleare per prevenire attacchi nemici.

 

Nel frattempo i toni fra NATO e Russia si fanno più accesi lasciando presagire un lungo inverno di dissapori diplomatici. Ultimo in ordine cronologico un qui pro quo tra Russia e Spagna utilizzato come pretesto per deplorare le operazioni russe in Siria. Difatti, l’ambasciata russa di Spagna ha annullato la richiesta di accesso al porto di Ceuta di alcuni vascelli da guerra in transito nel Mediterraneo dopo che il ministero degli affari esteri spagnolo ha richiesto maggiori dettagli al riguardo. Preoccupato all’idea che la portaerei Kuznetsov raggiunga le coste siriane per bombardare dei civili, il ministro degli esteri ha domandato ulteriori delucidazioni che l’ambasciata non ha voluto fornire. La risposta russa è stato un secco annullamento della richiesta senza nessun commento ulteriore. I dubbi di Stoltenberg e del ministro spagnolo saranno dunque dissipati solo quando la Kuznetsov passerà all’azione.

 

I bei tempi dell’intesa russo-americana per ristabilire la pace in Siria sono purtroppo già finiti e la retorica della diffidenza reciproca, esasperata dall’interventismo dei paesi NATO e dal pragmatismo bellico putiniano, guadagna terreno. A detta di alcuni ci staremmo avviando ad una nuova Guerra Fredda mentre altri sostengono che sia già cominciata da tempo. Le elezioni americane aggiungeranno un altro importante tassello e il vincitore sarà colui che capeggierà la coalizione NATO nelle sue altercazioni con il Kremlino. Sebbene sia fondamentale trovare l’”interlocutore ideale”, sperare in una vittoria di Donald Trump per via delle sue affinità con Putin sarebbe il più spettacolare dei suicidi intellettuali.

 

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