Gli American Football tornano dopo un lungo silenzio con uno splendido album.

Che cosa porta un gruppo a fare il primo disco omonimo e a seguire, diciassette anni dopo, un lavoro da chiamare semplicemente American Football LP2? Cosa c’è dietro la scelta modesta nella titolazione dei lavori, dopo la, anch’essa modesta, scelta nel naming? A voler pensare bene, o meglio, a voler pensare da romantici, la modestia che spesso accompagna i migliori. Quel geniale distacco che accomuna certi musicisti, tutti spesi a giocare con le note e assolutamente incuranti delle faccende da showbiz con le quali si ammantano invece le star platinate.

 

A seguire invece la vena cinica, una complessa strategia di marketing che punta alla nicchia e con una reiterata disambiguazione pone l’attenzione più sul gruppo stesso, che è comunque certezza e sintomatica qualità, che sui lavori presi singolarmente. Ma queste sono divagazioni da mercimonio privo di audiofilia, a noi resta il disco, ed il disco senza troppe divagazioni è davvero molto buono.

 

American Football LP 2, da ora semplicemente LP2, è effettivamente il disco con cui spiegheresti lo slowcore a uno che ti chiede cosa è. Essenziale, rotondo, decadente e elegante.

 

American Football 1

La copertina dell’album

 

 

Iniziamo col dire che tutto il lavoro è registrato egregiamente, complimenti quindi alla Polyvinil Records che ha operato fra missaggio, mastering e scelta dei suoni assieme al gruppo, offrendo un prodotto finale ben confezionato e degno dell’intuizione compositiva e delle capacità musicali degli American Football. Le dinamiche seppur presenti e ricche permettono ai brani di non risultare ripetitivi pur senza variazioni improvvise, non si rimane stupiti per la sincresia, ma per l’amalgama apparentemente omogenea delle partiture ritmiche, per le composizioni chitarristiche che sovrapponendosi con dolcezza, in maniera pulita, modificano il mood dei brani con variazioni al limite del percettibile.

 

Liricamente decadenti, non smettono né contraddicono i contenuti pur utilizzando dei registri puliti, delle soluzioni musicali morbide e assai piacevoli. E questa è la piccola magia che fa di questo disco, e degli American Football, roba forte: la decadenza elevata a sistema di naturale evoluzione e non esorcizzata. I brani di LP2 sono concettualmente lì a spiegare come le foglie che ingialliscono in autunno e il normale concludersi delle cose e della vita non siano che un naturale procedere dell’esperire. Qualcosa di non visto, né sentito in questo caso, con solerte rassegnazione, ma l’accettazione del fatto che qualsiasi cosa per esserci deve vivere la condizione di non esser stata prima e di dover finire prima o poi. Di fatto l’immanente esiste solo nel regno dell’ideale, e qui in questo disco, siamo fra la carne calda e le ossa scosse. Eppure si parla di inaccettabilità del dolore, di negazione dell’esistenziale, e lo si fa con un registro lirico molto crudo e diretto a tratti:

 

 

Give me the gun

I don’t care if it’s not loaded

I’m not here to question your motive

But I’m scared

For us both

 

E la soluzione che gli American Football trovano per raccontare anche quello che va esaurendosi, senza risultare insensibili o fintamente sereni, è tanto semplice quanto funzionale e efficace. Con una voce senza interpretazioni teatraleggianti, come vuole la mondanità contemporanea, ma con un’abilità tecnica di tutto rispetto, i nostri trattano gli argomenti semplicemente narrandoli, come se quel che c’è da raccontare non fosse strettamente personale, come se non fosse precondizione d’ogni uomo e donna su questa palla di fango e acqua. E questo, pensandoci, è tutto quello che dobbiamo allo slowcore, in esercizi di stile come questo troviamo tutta la dignità di genere musicale a sé, non associabile a qualsiasi devianza dello shoegaze o a qualche stramberia sghemba figlia del pop e del grunge.

 

 

 

LP2 fa tutto questo, senza le velleità di ergersi a manifesto, e nemmeno i roboanti rotocalchi delle riviste di settore lo elevano a tanto (per ora), come eppure fecero con il primo, omonimo, disco del gruppo. Vien da chiedersi quanto passerà e se dovesse ripetersi il caso, cosa che per noi è e non ci stupirebbe riscontrare in altri questo sentire. E questo è un po’ l’interrogativo che loro stessi ci mettono in testa con quella nota testuale a più della pubblicazione del lavoro su bandcamp, ci tengono gli AF a far notare come inaspettatamente un lavoro che faceva i giri fra i campus e piccoli palchi fosse d’un tratto raccontato da Noisey e non solo, e come fosse stato descritto come “one of the single most influential rock records of its time”. Vagli a dar torto. LP2 continua con una distanza di tempo considerevole il percorso di scalata degli American Football, dando ulteriori punti a favore al gruppo e un buon piazzamento a sé stesso fra le pubblicazioni di questo 2016. Il disco gira in continuazione già da un po’ fra casa e cuffie in strada, e durerà penso per un sacco di altro tempo, lo consiglio caldamente a tutti e non solo ai cultori del genere.

 

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