La leggenda di Bob Wind, film di Dario Baldi, indaga sulla vita eccentrica e non convenzionale di un artista poco conosciuto.

 

Roberto Cimetta, attivo negli anni Settanta e Ottanta, è stato un innovativo regista teatrale, autore di opere avanguardistiche e sperimentali. Creatore del Festival Internazionale di Lisbona, conobbe dopo la morte maggiore stima e condivisione di quanta ne avesse quando era in vita. L’eredità lasciata all’universo teatrale non rispecchia la diffusione e la conoscenza del suo coraggioso e non convenzionale lavoro.

 

Il film di Dario Baldi, senza alcuna deriva agiografica, ripercorre le tappe fondamentali della vita e della carriera di Cimetta, interpretato da un convincente Corrado Fortuna.

La ricerca condotta da Anna – affermata giornalista italo-francese sulle tracce del proprio passato – permetterà di svelare l’esistenza eccentrica e anticonformista di un giovane regista teatrale squattrinato ma profondamente convinto di poter rivoluzionare il modo di fare teatro partendo dal basso, e portando letteralmente “il pubblico sul palco”.

 

La leggenda di Bob Wind è un film che documenta, attraverso le rimembranze di chi ha condiviso esperienze, attraverso i luoghi vissuti dall’artista, un percorso accidentato ma coerente. Racconta la tenacia con la quale Roberto detto Bob difese la sua arte; racconta gli amori, diversi e tormentati con le donne della sua vita, irrimediabilmente segnati dalla tensione “nomadesca” e dalle tasche vuote dell’artista.

 

Ma La leggenda di Bob Wind funziona soprattutto quando concentra il focus sul rapporto tra Bob e il figlio Tommaso, avuto da una delle compagne di vita. Un figlio tanto amato col quale condividerà avventure, viaggi, “zingarate”, e al quale riuscirà a trasmettere la passione per un’arte “diversa”.

E l’epilogo del film non può che presentarci l’incontro tra la giovane giornalista – che nel suo viaggio ha portato forse alla luce alcune zone d’ombra del suo passato e della sua famiglia – e Tommaso, ancora insieme dopo le giornate giocose dell’infanzia; stavolta con qualche consapevolezza in più.

 

Non sempre perfettamente dosate le due linee narrative lungo le quali si snoda il film, tanto da creare un po’ di squilibrio tra il tempo evocato e il tempo presente, il regista riesce comunque a portare a compimento un’operazione interessante, che permette di svelare a poco a poco la personalità di un autore poco conosciuto e ricco di un’umanità che il rapporto con il figlio mostra in tutto il suo spessore. E celebra un primitivo senso di famiglia come focolare di condivisione; quella famiglia per la quale Anna intraprende il proprio cammino e che infine scorge nell’istantanea di un ricordo.

 

 

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