Con Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali, Tim Burton ritrova a tratti la sua mano migliore, in un film coinvolgente, pur con alti e bassi.

 

Dopo Big Eyes, film all’apparenza lontano dalle sue corde, Tim Burton torna con Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, adattamento del best seller scritto nel 2011 da Ransom Riggs, opera sulla carta decisamente più affine alla poetica del regista. La Miss Peregrine (Eva Green) del titolo è, infatti, la direttrice di un’isolata residenza in un’isola del Galles, dove hanno trovato rifugio un gruppo di bambini orfani e dai poteri speciali; c’è chi può dare vita a oggetti inanimati, chi può volare, chi ha il fuoco nelle mani etc. etc. La comunità viene raggiunta dall’adolescente Jacob (Asa Butterfield), affascinato dai racconti del nonno (Terence Stamp) entrato in passato in contatto con “la casa”; il ragazzo diventerà la figura decisiva sotto più di un aspetto.

 

Il libro di Riggs ha quindi come protagonisti quei freaks di cui Burton è stato sempre cantore, offrendo inoltre una serie di tematiche fondamentali nella poetica del regista: dall’emarginazione e la solitudine di chi in qualche modo è o si sente diverso, al tono fiabesco, dalle figure adolescenziali problematiche alle atmosfere gotiche. Lecito quindi pensare che la trasposizione cinematografica fosse pane per i denti dell’autore di Big fish, così come era lecito pensarlo per Alice in wonderland. Come è capitato però con la rilettura del capolavoro di Lewis Carrol, il rischio era che la materia da plasmare, sulla carta assolutamente burtoniana, diventasse un ostacolo e una gabbia per il regista, troppo imbrigliato dal materiale di partenza e dalle aspettative, con la conseguenza di risultati deludenti e di uno stile e una “magia” più di facciata che di sostanza, non lontane dalla vacuità, per quanto professionale e innegabilmente scoppiettante. Accusa, questa, che viene lanciata al regista da almeno un decennio, a volte a ragione, altre in maniera un po’ eccessiva o perlomeno poco meditata.

 

La casa dei ragazzi speciali 1

Eva Green è Miss Peregrine

 

 In Miss Peregrine la coazione a ripetere sempre più fine a se stessa e vuota degli stilemi burtoniani però capita solo in parte. Il regista riesce anzi in più di una sequenza a ritrovare la linfa che per molti critici e spettatori sembrava perduta, regalando momenti efficaci nel loro essere inquietanti o nel loro essere più intimisti e sentimentali. Certamente queste sequenze più riuscite si alternano alle scene più ripetitive, alle lungaggini e ai momenti che un po’ girano su loro stessi, così com’è evidente che il rivolgersi a un pubblico di “young adult” non abbia permesso di spingere sempre fino in fondo l’acceleratore, in particolare nei momenti più dichiaratamente horror. Del resto, però, quest’ultimo aspetto non è necessariamente da considerare negativo, visto che il film si rivolge dichiaratamente soprattutto ad un pubblico di giovani non giovanissimi.

 

Miss Peregrine rimane, per così dire, in una posizione quasi mediana della filmografia dell’autore; certamente non vale le opere migliori e più amate, ma altrettanto distanti sono i risultati peggiori. Ed è come se Burton fosse in qualche modo consapevole di ciò e non avesse voluto né esagerare con, per così dire, l’esteriorità e la superficialità spettacolare (come in Alice), né affidarsi all’autoparodia (come in Black Shadows), né tornando dichiaratamente sul suo passato (Frankeweenie), preferendo semmai conferire il suo tocco migliore e più tipico a significative sequenze isolate. Elemento, quest’ultimo, che apparenta Miss Peregrine a Big Eyes, film nel complesso lontano dalle corde del regista ma con singole sequenze burtoniane nell’essenza.

Si vedano, tra le sequenze più riuscite e significative, l’inizio con le geometrie che rendono inquietante e straniante il sobborgo in cui vive l’adolescente protagonista come in Edward mani di forbice, o ancora di più la divertita battaglia finale in cui riecheggia Mars Attack.

 

Il risultato finale è un film assolutamente gradevole e coinvolgente, pur con sequenze più riuscite di altre.

 

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