Per gli americani, l’11 settembre 2001 ha comportato un drammatico cambio di prospettiva. Fino a quel momento sicuri ed inviolabili in casa loro, si sono ritrovati improvvisamente vulnerabili, a portata di nemico. Un nemico che da quel momento ha iniziato a fare più paura perché adesso si trova dentro casa. La minaccia non è più esterna, il nemico può essere l’uomo della porta accanto. Anche il cinema ha riportato questo cambio di rotta (si pensi, per fare un esempio lapalissiano, alla serie tv Homeland, grande successo di pubblico e critica) andando a ricercare il nemico tra le mura di casa. Anche i film sugli alieni, massima reificazione dell’invasore straniero, hanno risentito di questo cambio di prospettiva: da Independence Day (o Signs) siamo approdati a Super 8. La differenza, se si guarda bene, è evidente.

In questo quadro, non stupisce che anche la famigerata serie, inglese, su James Bond (arrivata al 23° lungometraggio) si interroghi sullo stesso quesito. Anche i cugini inglesi avvertono la stessa minaccia (anche loro, del resto, colpiti in casa). In questo Skyfall (diretto da un regista di grande talento quale è Sam Mendes) il nemico, l’alter ego bondiano, è un ex collega dei servizi segreti britannici, che opera all’interno del Paese, a due passi dal quartier generale dell’MI6, la cui esplosione durante il film costituisce la massima rappresentazione del discorso appena fatto (al pari dell’esplosione, in Homeland, del quartier generale di Langley, sede centrale della CIA). Gli inglesi, al pari degli americani, cercano, e trovano, il loro nemico in casa propria. Un nemico che essi stessi hanno contribuito a plasmare. E qui torna alla mente Super 8. Anche nel film di J. J. Abrams la minaccia (aliena) è la conseguenza delle scelte (potremmo dire criminali) dell’esercito e del governo.

Skyfall è senz’altro uno dei migliori 007 degli ultimi anni (secondo solo all’ottimo Casino Royale) e Daniel Craig uno dei migliori Bond (dai tempi di Sean Connery). Infatti, dopo la grande interpretazione in Casino Royale (suo esordio nei panni dell’agente segreto più famoso al mondo) e quella modestissima (come il film tutto) in Quantum of Solace, riesce a dare spessore e fascino ad uno dei James Bond più credibili degli ultimi venti anni (sono lontani, per fortuna, i film insulsi con Pierce Brosnan, attore altrettanto insulso). Un James Bond finalmente più umano che inizia a sentire il peso dell’età, un James Bond “classico” in una società sempre più futurista, un nuovo James Bond che rinasce, letteralmente, dalle cascate in cui è precipitato, pronto a tornare in servizio dopo breve sosta in Paradiso. Ma un grande plauso va fatto anche ad altri due attori veramente in stato di grazia: Judi Dench, straordinaria interprete di M, e Javier Bardem, davvero uno dei migliori attori in circolazione.