M. Night Shyamalan torna con Split, thriller psicologico con uno stupendo James McAvoy.

Che cosa accadrebbe se quella che noi riteniamo essere una grave patologia fosse in realtà uno stadio dell’evoluzione umana? Il nuovo film di M. Night Shyamalan, fervida mente da tempo alle prese con quello che è ormai riconosciuto essere il suo personalissimo e particolarissimo thriller meticciato, si pone come obiettivo quello di indagare i meandri della mente umana. Ancora una volta. Split è liberamente ispirato alla biografia di Billy Milligan, ragazzo problematico che sconvolse gli USA negli anni 70 per aver commesso un efferato crimine sotto l’influenza di una delle sue ventitré personalità.

 

“Il cervello umano è l’oggetto più complesso dell’universo. Consideriamo chi soffre di personalità multipla inferiore, e se… non ci fosse limite a ciò che può diventare?”

(Dott. Fletcher, Split)

 

Quello che però interessa a Shyamalan sono le nostre effettive potenzialità latenti. Sottovalutare gli altri fa parte della natura umana. Scansare il debole, compatirlo, temerlo, isolarlo, emarginarlo, rinchiuderlo.

E se – ancora una volta – ci fossimo sbagliati? E se il debole non fosse in realtà inferiore? E se il dolore aprisse nuove porte (cosa peraltro cinematograficamente ipotizzata molte volte, basti pensare al francese Martyrs)? E noi altri? Siamo davvero sicuri di non essere niente più che una semplice fase evolutiva potenzialmente superabile?

Certo che Darwin avrebbe potuto riservare alla platea un occhiolino, Mr. Shyamalan si lancia entusiasta nel suo ultimo interessante progetto, affidando un’enorme mole di lavoro allo scozzese James McAvoy (scelta decisamente azzeccata), in queste stravaganti vesti, calvo camaleonte dalle qualità straordinarie.

 

Split 1

James McAvoy è il protagonista di Split

 

Kevin Wendell Crumb avrebbe potuto essere un uomo comunissimo, ma non lo è. Il suo corpo è abitato da ben ventitré personalità differenti, insidiatesi dentro di lui in risposta agli abusi subiti durante l’infanzia. Kevin è tenuto lontano dalla ‘luce’ (dalla coscienza) da tempo ormai; è troppo debole, e gli altri non lo reputano in grado di sopravvivere al mondo. Ma nessun problema: sulle loro sedie Barry e gli altri attendono pazientemente il loro turno, attendono di entrare nella luce e compiere azioni positive che portino giovamento a tutti loro.

 

E’ il carismatico stilista Barry a tenere le redini e a decidere chi deve entrare nella luce. Alcune personalità, come il pederasta Dennis – affetto da un grave disturbo ossessivo-compulsivo – sono state bandite perché dannose al bene comune. Questo lo sa bene anche la dottoressa Fletcher, l’appassionata psichiatra che segue da lungo tempo il caso di Kevin, cercando di aiutarlo a gestire il suo intricato groviglio di individualità. La dottoressa ha una stravagante e azzardata tesi: è possibile che un individuo speciale come Kevin, dotato di molte personalità completamente indipendenti e realmente presenti, possa mutare chimicamente il suo corpo adattandolo alle esigenze di ciascuna personalità.

 

Per la dottoressa è quindi allarmante lo strano comportamento di Barry (personalità dominante positiva), il quale chiede costantemente il suo aiuto per poi rinnegarlo il giorno successivo. E se avesse perso il suo potere decisionale?

 

split 2

Kevin e la dott.ssa Fletcher

 

Quando si parla di Shyamalan si fa sempre menzione ad una particolare propensione del regista americano ad una evidente mescolanza di generi. In Split è senza dubbio presente un suggestivo cocktail di generi: il film si presenta come un thriller psicologico a tinte horror (seppure soft) che mantiene quasi integralmente il ritmo tipico del thriller classico, ma intervallato da situazioni comico-grottesche posizionate sapientemente fuori posto. Un saccheggio intenzionale dal repertorio dei superuomini non ha certo guastato, lasciandoci infine respirare un’eco soprannaturale come una scia di profumo lasciata da una bella donna in movimento.

 

Ma qualcosa di ancora più interessante si annida nelle pellicole di M. Night, sghignazzando segretamente. L’ironia. L’ironia di Shyamalan è una delle migliori presenti nella cinematografia del lato oscuro. Sono in pochi quelli che si burlano dei propri personaggi e del pubblico quando si tratta di determinate tipologie di film. Eppure, questa irriverente vena ironica rappresenta la sua firma vera e propria, il suo segno distintivo, la sua forza.

Pensiamo alla coppia di svitati di The Visit e alla loro stravagante età anagrafica (non esiste un limite di età per la follia, non è certo una prerogativa della giovinezza; dopo i bambini indemoniati ecco che arrivano gli anziani fuori di testa). Pensiamo all’assoluta ironia che aleggia e pervade l’intera trama di E venne il giorno, assurda pellicola brillantemente girata come si usava fare negli horror anni Ottanta: le piante sono ormai stufe di noi, dei nostri insetticidi, dei nostri disboscamenti sistematici di massa. Ed ecco perché adesso tocca a noi essere sottoposti a pesticidi.

 

Gli esempi sono moltissimi altri: in The Village lo spettatore, in agonia, attende inutilmente di scorgere le mostruosità che vivono al di là del villaggio per poi rendersi tristemente conto che l’unico mostro sembra essere un manipolo di patetici omuncoli in preda ad un delirio di onnipotenza. Ne Il Sesto senso l’unico a poter vedere gli abitanti del regno dei morti è un bambino, una fase anagrafica con un tasso di credibilità pari al 5%.

 

split-4

McAvoy e Taylor Joy

 

Nel caso di Split l’ironia è a tratti evidente (tanto da non essere più realmente tale), a tratti si manifesta con un vedo-non vedo. In alcuni – bellissimi – momenti essa è soppiantata da qualcos’altro, da un qualcosa che Shyamalan forse aveva dimenticato negli ultimi film e che invece adesso ha riscoperto con trasporto e dolcezza. Una grandissima umanità, che ci costringe a ricordare quanto siamo umani e quanto siamo empatici con il nostro simile. Tolto ogni fronzolo, ci inginocchiamo tutti di fronte al dolore, portando rispetto, perché sappiamo che la sofferenza rende colui che sopravvive un essere dotato di un qualcosa in più.

 

“Chi ha sofferto è più evoluto, gioisci!”

(La Bestia, Split)

 

Shyamalan con Split torna ad esaltare l’essere umano nella sua imperfetta complessità, invitandoci a riflettere sulle nostre infinite possibilità, oltre che sui nostri numerosi limiti. Ma, mentre le nostre potenzialità sono ancora inesplorate, i limiti risiedono essenzialmente nella nostra mente.

 

*****

Se ti è piaciuto questo articolo leggi anche: It Follows è davvero il miglior film horror degli ultimi anni?