Per l’articolo inaugurale della nuova rubrica “interviste” de il cARTEllo, ho pensato di intervistare chi del “cartello” stradale ha fatto un veicolo privilegiato della sua produzione artistica oramai da qualche tempo. Il suo nome, anche se forse alcuni di voi avranno già capito di chi stiamo parlando, è Clet Abraham, artista francese di fama internazionale, molto apprezzato per le sue installazioni in chiave street art disseminate in varie città d’Europa. Da qualche anno Clet risiede a Firenze dove ha anche aperto il suo atelier a poca distanza da piazza Demidoff, in riva al fiume Arno. Ed è proprio lì che siamo andati ad incontrarlo nell’intento di conoscere meglio l’uomo che si cela dietro l’artista.

Pic by Elena Sottili - Clet

Pic by Elena Sottili

ilcARTEllo: Buongiorno Clet.
Clet: Buongiorno a voi.

ilcARTEllo: Sarò franco, non le chiederò come mai ha scelto i cartelli stradali, cosa significhino per lei, o altri dettagli del suo lavoro che avrà forse spiegato un centinaio di volte; preferisco rivolgerle qualche domanda più o meno personale, se non le dispiace. Ad esempio: suo padre, Jean-Pierre Abraham, era uno scrittore apprezzato in patria. Lei reputa che il suo lavoro artistico abbia influito su alcune sue scelte fondamentali?
Clet: Si forse più che il suo lavoro artistico direi la sua personalità, mio padre non era uno scrittore di successo nel senso popolare, era più elitario, direi, ed era molto esigente nel lavoro.

ilcARTEllo: Quasi parnassiano?
Clet: Può darsi, diciamo che era puntiglioso, vivendolo nel mio quotidiano l’ho preso come esempio perché se si vuole far qualcosa è bene farla nel miglior modo possibile. Era un po’ il mio faro.

ilcARTEllo: Un faro non a caso[1].
Clet: Ed infatti per me è un faro, la sua vita ha dato ragione alla mia convinzione che l’unico modo per fare una cosa qualsiasi è farla bene.

Pic by Elena Sottili - Clet

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ilcARTEllo: Passiamo ad altro. Per esperienza so che la Bretagna, sua regione d’origine, è un posto incantevole, come mai ha scelto di trasferirsi stabilmente in Italia e più precisamente a Firenze?
Clet: Incantevole forse non è la parola giusta perché è un po’ ruvida come regione.

ilcARTEllo: Ma a livello paesaggistico è sicuramente meravigliosa.
Clet: Indubbiamente, io apprezzo molto la Bretagna per i suoi paesaggi e per la sua cultura, ma da vivere oggi sarebbe un po’ un mortorio, non è un posto di passaggio come Firenze. Forse questo spiega anche perché sono qui. Firenze è un crocevia di culture, un punto di contatto fra Nord e Sud anche a livello europeo, tra Est ed Ovest, fra Passato e Futuro. La Bretagna, invece, no.

ilcARTEllo: Qual è secondo lei la condizione dell’arte al giorno d’oggi?
Clet: Forse non sono abbastanza al corrente su quale sarebbe il suo stato, attualmente seguo molto il movimento della street art. Secondo me la street art è bella quando è originale, delle scritte sui muri, per quanto possano essere fatte bene a volte, mi sono un po’ stancato. La vedo più come un’espressione originale di un singolo artista che deve inventarsi anche i mezzi per esprimerla, per giungere comunque all’idea che c’è una liberazione dai meccanismi di fruibilità dell’arte sia istituzionali che privati, cioè da gallerie o musei. Questo è interessante perché intanto l’arte si libera dei suoi filtri, che siano il mercato o ancora le già citate istituzioni, che, diciamo, possono avere altri interessi rispetto a quelli dell’artista. La street art è un modo di comunicare diretto che io sostengo per quanto posso.

ilcARTEllo: Quindi lei sostiene che grazie alla diretta fruibilità della street art, essendo questa anche meno esoterica, sia possibile veicolare un altro tipo di messaggio?
Clet: Sì, se si guardano le opere d’arte commissionate dalle istituzioni, le famose sculture sulle rotonde stradali o chissà dove, una cosa che andava molto nel periodo dell’arte astratta, possono voler dire tutto o niente, ma comunque non mettono mai in discussione il potere. Inoltre nel commercio un gallerista investe su un artista e poi ha tutto l’interesse a proteggere il suo investimento, perché cresca e divenga una fonte di guadagno. Tutto questo per dire che queste due forze non sono aperte, e soprattutto non sono aperte alle critiche, alla rimessa in discussione. Diviene quindi necessario trovare i mezzi per scavalcare queste forze.

ilcARTEllo: Dunque la street art è più democratica. Ciò per converso significa che tutti possono fare arte?
Clet: No. Come non siamo tutti cantanti non siamo neanche tutti pittori, ognuno ha il suo talento ed è bene che eviti di prodigarsi laddove non è capace. Non è che tutti possano fare street art, tutto si rimette al giudizio popolare: se realizzo un’opera e poi la metto per strada il pubblico ne può cogliere il senso, perché il pubblico non è stupido, è solo pigro, e quindi mi rispetterà e mi sosterrà; se al contrario gli fa cagare –per usare un termine semplice- mi getterà via. Il giudizio popolare alla fine è quello fondamentale.  

ilcARTEllo: Ma non c’è il pericolo che la street art, figlia anch’essa dello sviluppo industriale, venga fruita un po’ distrattamente, senza alcuna meditazione conseguente?
Clet: È un dovere dell’artista quello di conquistare il proprio pubblico. Il pubblico non deve niente all’artista, se non lo conquista deve porsi delle domande e trovare un altro modo per farlo, deve saper essere originale, sorprendere, ecc. Credo che qualsiasi pubblico di fronte ad un’opera innovativa si fermi a riflettere, mentre di fronte alla banalità non si sofferma.

Pic by Elena Sottili - Clet

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ilcARTEllo: A proposito delle continue lotte contro le amministrazioni comunali a causa delle sue installazioni, il caso che ha fatto più scalpore è quello di Pistoia se non erro. Cos’è accaduto precisamente?
Clet: A Pistoia c’era un comandante della polizia che, vuoi per arroganza, vuoi per convinzione personale, ha interpretato la legge nel modo più ottuso insistendo per multarmi. È l’unico in Europa ad aver fatto ciò e poi, fra l’altro, è stato arrestato per corruzione.

ilcARTEllo: Ahahaha!
Clet: Io gli scrissi personalmente, visto che sono un po’ ingenuo, per spiegargli le mie ragioni. Lui mi ha risposto “comprendo le sue contestazioni ma si devono rispettare le leggi”, e questa persona, come ho già detto, è stata arrestata per corruzione.

ilcARTEllo: Ironia della sorte.
Clet: Non è l’ironia della sorte, c’è gente falsa e il dramma delle istituzioni è che si da potere e responsabilità a persone che non meritano e questo spiega anche il mio attivismo.

ilcARTEllo: E quindi il messaggio del Clet attivista, in due parole, qual è?
Clet: Cercando di sintetizzare utilizzerei il concetto di obbedienza, proprio per il fatto che nelle istituzioni, nei governi ci sono persone non valide che non sono là per il bene del cittadino. Chi ti dice di rispettare ciecamente le leggi può voler cercare di sfruttarti perché le leggi possono anche essere sbagliate. Quindi il mio messaggio non è obbedienza bensì responsabilità, responsabilizziamoci e siamo critici, osserviamo il mondo secondo coscienza e non secondo la legge.

ilcARTEllo: E non a caso anche le leggi cambiano nel tempo.
Clet: Le leggi evolvono, si approvano in buona fede ma successivamente le circostanze cambiano e con la legge rischi di far torto alla civiltà stessa. E se impedisci al cittadino di rimettere in questione tali cose lo tratti come un animale.

ilcARTEllo: Ho finito le domande, grazie di cuore Clet. Ci andiamo a prendere un caffè adesso?
Clet: Ottima idea!

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[1] La pubblicazione più celebre di Jean Pierre Abraham ha come set un faro dove trascorse una parte importante della sua vita.