Mark Kozelek torna con il suo progetto Sun Kil Moon regalandoci un album dall'etica beat.

L’album Common as light and love are red valleys of blood dei Sun Kil Moon si pone come si sarebbe posto Baudelaire nei confronti dell’assurdo e del mistero contemplando le più incomprensibili voluttà nei periodi storici confusi in cui l’essere umano è piagato dal dubbio della sua condizione.

 

“Sconvolto come un ubriaco che vede doppio, vado

a casa, mi tiro dietro l’uscio, morto di spavento,

malato e pieno di freddo, torbido di febbre,

piagato dall’assurdo e dal mistero”

 

Nulla di nuovo, forse, non fosse per l’ingenuità artistica nella quale siamo indotti in questi anni, che fa delle parole di Mark Kozelek un domicilio di follia e prepotenza, non privi di senso profondo e complessità stilistica.

 

“Trying to cope with the balance between home life and road life has been a theme in my music since early Red House Painters records.”

Mark Kozelek

 

Sun Kil Moon, il nuovo progetto di Kozelek, di cui parlerò in queste righe, è sempre stato questo, certo, anche prima della sua nascita. Il tema centrale delle opere resta lo stesso di sempre: porsi nei confronti di un pubblico disilluso e non rassegnato in modo sottile ma ribelle, come era solito fare un certo Allen Ginsberg nei suoi canti in nuda disperazione.

 

Sun Kil Moon 1

Mark Kozelek, leader dei Sun Kil Moon

 

Ma veniamo a noi. Guardarsi bene dall’imposizione di scrivere una recensione (diffidate sempre dalle recensioni, gente!) è il primo passo per comprendere il prodotto di un ragazzino di 49 anni in grado di riproporre all’interno dei suoi testi decadentismo e beat generation senza alcuna ridondanza o esercizio di stile.

Se scommettessi con ognuno dei lettori che al termine dell’ascolto (e delle letture) grideranno “Porca puttana” di sicuro vincerei un mucchio di quattrini. Ma siccome non mi piace scommettere e bluffare, mi dico ‘meglio fornire qualche prova concreta’.

 

Sun Kil Moon 2

La copertina di Common as light and love are red valleys of blood, nuovo album dei Sun Kil Moon

 

Da God bless Ohio a I love you forever and beyond the eternity viene a marcarsi in modo sempre più netto il confine tra quelle che sono le imposizioni del mercato – delle quali Kozelek sembra fregarsene come al solito – e lo smodato bisogno di parlare, con tanti ‘Urli’ personali.

 

Il canto alla propria terra, dalla quale Kozelek si è allontanato presto ma da cui non è mai stato in grado di staccarsi. È qui che parla delle coscienze di un luogo non privo di problemi e al quale si ispira per portare avanti il discorso di perdite e senso di assoluto che non trova una direzione con i suoi Sun Kil Moon. Un vero e proprio testo beat al quale si associa un sentimento romantico folk blues paragonabile al Dylan di Another Side o al singolo Let me die in my footsteps.

 

I Sun Kil Moon hanno nel loro dna lo spirito romantico di Bob Dylan

 

Una preghiera da affidare alle braccia di Dio per proteggere la parte più innocente della propria intimità.

 

E da qui fino alla fine accumula brani, sedici in tutto, ai cui testi dovremmo prestare tanta attenzione.

Anche qualche editore dovrebbe.

Chili Lemon Peanunts, Philadelphia Cop, The Highway Song, Early June Blues, Vague Rock Song, Seventies TV Show Theme Song amalgamano disperazione, desiderio, trip in anelli di fumo della mente, storie di luoghi e parentesi quotidiane di riflessioni. La sua voce calda, calzante scandisce una metrica scomposta solo all’apparenza, che richiama molto un altro Mark, ovvero Sandman dei Morphine.

 

Sun Kil Moon 3

Mark Sandman, compianto leader dei Morphine

 

Non è difficile capire quanto le emozioni comandino la giostra. Tutte le parole non sono lì a caso, ma sono il frutto di un’attenzione ad esse. Le sussurra a volte, le grida negli attimi di maggior intensità. Ed ogni sensazione è distillata in questi testi riuscendo a mettere a nudo la fragilità delle convinzioni, il peso dell’essere nell’esserci, il senso fatalista della vita e la cura che la musica sa donare.

 

“There is healing in writing poems

There is healing in psychotherapy

There is healing in taking walks along the beach

But never underestimate the healing of music, baby”

 

E dunque, nessun problema se “giorno dopo giorno siamo sempre più vicini alle braccia della morte?”. Non proprio. Fatalismo, disillusione, ma nessuna rassegnazione. A volte Kozelek sembra ritornare tra gli esseri umani e ricordarsi che, dopo tutto, c’è sempre un amore a tenerci in vita. Se lo ricorda bene in Window Sash Weights in cui un reiterato «I love you all» consuma la sensazione di aver avuto tra le mani nient’altro che un pugno di sabbia. La morte fotte sempre, fotte comunque, fotte tutto al di fuori dell’ironia. La razionalità fa sì che lui riesca a capire che sia tutto qui e che alla fine non è così poco. La sensazione di pienezza piuttosto che la pienezza; la bestia stupida, l’essere umano, si nutre spesso di qualcosa che non disseta se non nel momento in cui tutto viene riportato nell’arte che è sinonimo di morte e risurrezione. E dunque la risposta, che sembra un cazzotto in pieno volto, un gancio destro di Moon Sung-kil, pugile sudcoreano al quale è dedicato il progetto.

 

Sun Kil Moon 4

Moon Sung-kil, pugile sudcoreano al quale è dedicato il progetto Sun Kil Moon

 

E siamo inclini a pensare che questa frase, l’intero brano, nonostante tutto, sia una risposta alla morte e alla sensazione che ne coltiviamo di giorno in giorno:

 

“Who in the fuck do you think you’re kidding?

[…]

My girlfriend said she’s totally not into it but she’s happy to

take me there and drive me home
As long as in the morning we can visit her parents, and I said,

great, I liked the bed in the guest room, it’s nice and soft”

 

E poi la critica. Poteva mai mancare la critica?

L’esasperazione del progresso, diventato degrado progressista, l’utilizzo scorretto ed eccessivo della tecnologia. Non vede che coscienze orizzontali, addormentate, istupidite. “Congratulation, now you’re kind of dead”. Non ne fa delle vittime, ma dei colpevoli le nuove generazioni che si buttano in pasto ad uno schermo bombardati da ogni genere di sapere, senza sapere poi nulla.

Troppa opinione nessuna opinione zero sentimenti. Si ripropone un fatalismo nei loop di citazioni, personaggi e luoghi dei quali fa racconti del quotidiano, giusto per far presente che non c’è molto da ridere in tutto questo.

 

Sun Kil Moon 5

Mark Kozelek con la sua chitarra

 

E dunque si porta avanti un discorso letterario più che musicale. Infatti è un album che musicalmente non ha molte pretese, e Kozelek lo sa bene. Drum machine, sintetizzatore e basso elettrico. Nulla di più semplice. Un percorso ritmato, intervallato da una chitarra classica pulita e arpeggiata negli attimi di maggior enfasi malinconica testuale. Tutto qui il tema musicale. A tutto il resto pensa la follia.

Sembra aver fatto delle parole di Baudelaire e Ginsberg un continuum di rabbia e horror vacui:

 

“Baiadera senza naso, puttana irresistibile,

dillo tu ai ballerini che fan tanto gli offesi:

“Avete un bell’usare, bellini, cipria e tinte,

puzzate tutti di morte! O scheletri azzimati,

Antinoi gualciti, dandies senza pelo,

cadaveri lucenti, seduttori canuti,

la danza macabra nel suo moto universo

verso luoghi mai noti vi trascina! 

(Baudelaire)

 

Sun Kil Moon 6

Charles Baudelaire

 

Sono con te a Rockland
dove ridi per questo umorismo invisibile
Sono con te a Rockland
dove siamo grandi scrittori sulla stessa orribile macchina da scrivere
Sono con te a Rockland
dove la tua condizione è diventata seria e lo riporta la radio
Sono con te a Rockland
dove le facoltà del cranio non tollerano più i vermi dei sensi

Sono con te a Rockland

dove accusi i dottori di demenza e trami la rivoluzione. 

(Allen Ginsberg)

 

Sun Kill Moon 7

Allen Ginsberg

 

Vi sembrerò anche io un pazzo (o meglio un idiota) a porre l’accento sul confronto letterario tra Baudelaire, Allen Ginsberg e Kozelek con la sua creatura Sun Kil Moon? Bene, spero sia così, perché se vi ricordate la scommessa di cui sopra avrò raggiunto un obbiettivo e mezzo. Farvi leggere i testi di ‘Common as light and love are red valleys of blood‘ e farvi esclamare ‘Porca puttana!’

 

Per gli insulti c’è tempo.

 

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