Vi presento Toni Erdmann è una commedia dai risvolti amari capace di riflettere sui nostri tempi.

Vi presento Toni Erdmann, secondo film della regista tedesca Maren Ade, è una commedia amara, – o un film drammatico con venature da commedia, vedete voi – capace di essere nella sostanza un film politico che insinua dubbi su una concezione del lavoro e dell’esistenza che tende sempre più ad essere considerata dominante e inevitabile. Non agisce come un film impegnato o di denuncia esplicita, ma fa emergere la questione raccontando lo scontro-incontro tra due figure agli antipodi, un padre e una figlia distanti non solo geograficamente, basandosi quindi sulle coordinate di un racconto intimista. Lui, Winfried, è un allegro, vivace e gigione insegnante di musica in pensione, con particolare propensione per i travestimenti e la beffa, come illustrato fin dalla primissima sequenza ai danni di un malcapitato fattorino. Lei, Ines, lavora invece a Bucarest per una grande azienda del settore petrolifero e appare come inquadrata, seriosa e completamente assorbita dal lavoro, con, comprese nel pacchetto, le conseguenti, e all’inizio latenti, rinunce, insoddisfazioni e le aspirazioni sempre più sfuggenti e frustrate.

 

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Ines e Winfried

 

Padre e figlia si sono allontanati da tempo, quasi come due estranei; Winfried, dopo la morte del suo cane, decide di raggiungere la figlia nella capitale rumena, destabilizzandone passo dopo passo la sua filosofia di vita e l’esistenza, con travestimenti (il Toni Erdmann del titolo) e continue finzioni, facendo emergere gradualmente le sue insoddisfazioni e i suoi problemi; facendo venire a galla la sua infelicità di fondo. Proprio su questo campo – il senso, sempre sia possibile trovarlo, della felicità – agisce principalmente la destabilizzazione portata da Winfried/Toni, come dimostra del resto il dialogo finale. I travestimenti del padre e la sua gigioneria portano Ines in una ‘realtà’ per lei paradossale, completamente opposta ai dettami della tecnocrazia alla quale è dedita, ma questi continui interventi a gamba tesa della ‘finzione’ personificata dal padre le permettono di cogliere la reale essenza della sua condizione interiore e lavorativa. In qualche modo, di togliersi la maschera con cui aveva vissuto e interpretato la sua vita fino a quel momento.

 

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Winfried e la sua maschera

 

Ines può essere quindi considerato un personaggio emblematico dei nostri tempi, ed un ottimo esempio di come, per dirla con un detto celebre, il ‘privato’ possa diventare ‘pubblico’ e politico. Questo, come accennato, emerge non con la denuncia chiara e l’impegno palese, ma grazie al ‘semplice’ racconto del rapporto tra le due figure apparentemente agli antipodi e grazie all’utilizzo dei due toni che caratterizzano il film. Il ‘comico’, che acquista talvolta una connotazione quasi surreale proprio per l’opposizione tra la gigioneria destabilizzante di Winfried/Toni e la freddezza inquadrata del contesto, e il ‘malinconico’ con cui si raccontano le condizioni interiori e l’evolversi del legame tra i due.

 

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Il rapporto tra padre e figlia si evolverà tra il comico e il malinconico

 

Atmosfere che spesso convivono nella stessa sequenza, anche grazie ad uno stile di regia e di montaggio che lascia – con piani sequenza e uno sguardo naturalista – il tempo alle singole vicende e ai sentimenti di esprimersi nella loro completezza e complessità. Sempre in maniera asciutta, senza eccessi retorici.

Vi presento Toni Erdmann è quindi un film allo stesso tempo semplice, per come racconta, anche commuovendo, i sentimenti e per l’immediatezza delle scene divertenti, e complesso per come nella sostanza può essere letto come opera emblematica dei nostri tempi, e per i dubbi che pone, carsici quanto implacabili, su una concezione della vita e del lavoro che, per molti, sembra essere l’unica strada percorribile.