Con Verso le meraviglie gli STAG scrivono un album minimale dalle sonorità luminescenti.

Sonorità luminescenti e minimaliste avvolgono la musica degli STAG, band romana nata nel 2012 dal progetto musicale solista di Marco Guazzone. Verso le Meraviglie (INRI) si presenta come un lungo viaggio nei meandri dell’anima disseminato da simboli e reminiscenze.

 

La band descrive il concetto alla base di Verso le Meraviglie come “una bussola, è una mappa con le coordinate per dei luoghi e dei mondi fantastici e inesplorati.”
Gli STAG sono: Marco Guazzone (voce/pianoforte) Stefano Costantini (tromba/chitarra acustica), Giosuè Manuri (batteria) Edoardo Cicchinelli (basso). Dopo L’Atlante Dei Pensieri, disco di debutto edito nel 2012 e prodotto da Steve Lyon, ci presentano Verso le Meraviglie, un concept album pensato per guidarci nel trovare la nostra stanza delle meraviglie, un luogo magico ed ignoto del nostro io più profondo. Una miscela musicale di pop, elettronica, synth, noise, musica sinfonica e rock ci accompagna in questo cammino fatto di rivelazioni e introspezioni.

 

STAG 2

La copertina dell’album

 

Il disco si concentra sulla creazione di atmosfere attraverso pattern melodico-armonici e larghe distese di effetti sintetizzati, giocando con ripetizioni e sonorità evanescenti su cui poggiano linee melodiche pop. L’impianto sonoro implica spesso archi ed ottoni e viene incastonato su un disegno minimalista evolutivo che gioca sull’incastro delle diverse parti. Le linee vocali risultano pure e lineari, la voce è avvolta da un velo costante di apatia e torpore. I testi, alcuni in inglese altri in italiano, dipingono situazioni interiori importanti: sofferenza, rimpianto, tentativi di redenzione, ricordi, introspezioni, coraggio e paure si fondono per dar vita a intime confessioni.

 

To the Wonders racchiude in sé i tratti rappresentativi di tutto l’album, è un flusso di coscienza, una dolorosa confessione che sfocia in una più speranzosa richiesta di aiuto. L’atmosfera è fluttuante e morbida, presenta crescendo emotivi – a tratti ansiosi – che culminano in rarefazioni propositive sui ritornelli: “Take me far from where I don’t belong, and take me closer to the wonders”.

 

 

Kairos è il brano più interessante dell’album, dalle tinte distorte e rarefatte, presenta giri melodici più definiti e affascinanti. Il discorso musicale si basa su un ostinato melodico che i vari strumenti si contendono, quasi litigando, fino ad arrivare ad un parossismo al limite del noise. Il testo racconta una presa di coscienza di sé stessi, il risveglio dopo un lungo letargo indotto da paure e fragilità.
Complessivamente l’idea poetica del disco è interessante, la musica degli STAG riesce ben a rappresentare un percorso interiore tortuoso e dolorosamente cosciente, incanalando e sprigionando la sua forza nella raffigurazione di immagini introspettive contrastanti e dolcemente intimiste.

 

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