I film di Rainer Werner Fassbinder sono la copia carbone del nostro animo, delle nostre paure, uno specchio in cui siamo costretti a guardare.

“Guarda la luna ha un’aria strana. Si direbbe una donna che esce da un sepolcro. Sembra una donna morta. Si direbbe che stia cercando dei morti.”

 

“Cosa c’entra Salomè? Cosa c’entra Wilde? Qui si sta girando un film!”

È di nuovo adirato, è sempre così umorale lui.

Prova a lavarsi la coscienza, proprio lui, che stupido!

Armin Meier se la starà ghignando alle sue spalle, alle nostre spalle, mentre lavoriamo con questo insopportabile regista.

Rainer Werner Fassbinder il talento l’hai dimenticato col tuo amore per Meier, e sei così presuntuoso da pensare che si sia suicidato per te, per il vostro amore.

Nessuno di noi tecnici ha ancora capito se Rainer Werner Fassbinder è quell’insopportabile ebreo di Saitz o Erwin: il transessuale abbandonato e respinto da tutti, ironicamente, dalla culla alla tomba.

Per me chi ha citato Wilde nel backstage non ha detto proprio una stronzata.

Questo film sembra un’opera teatrale incompiuta, un aborto dei sentimenti del nostro regista.

 

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Rainer Werner Fassbinder all’opera

 

E poi aleggia un certo malessere, ma quel malessere è lo stesso Rainer.

Continua a farsi di coca e ha più amanti della Grande meretrice: siede sulla bestia a sette teste, la bestia è quel suo cinema che sembra non conoscere pace.

Dei propositi della nouvelle vague iniziale è rimasto ben poco.

Sono opere piene di rabbia, di un magnifico rimpianto.

Rainer ora parla solo di se stesso.

Lui è il diverso, lui è quello che rifiutano. Uno scherzo tra gli scherzi della natura.

“Perdonami, perdonami per tutto!” sembra implorare all’immagine dell’amante perduto.

 

Questo film è l’ennesima follia di un Caligola impazzito, se lo mangeranno i rimorsi.

“Mi costruisco i dolori per conoscere la vita normale” il lucido discorso finale, improvvisato, di Erwin, è una semplice autobiografia.

Incredibile come Rainer Werner Fassbinder vada alla ricerca di un limite per poi oltrepassarlo; non gliene frega nulla se nel mezzo ci sono delle vittime.

Tanto anche lui è a terra, sanguinante, come tutti gli altri.

 

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Rainer Werner Fassbinder va alla ricerca di un limite per poi oltrepassarlo

 

Con Hedi ben Salem è finita malissimo. Pazzo di gelosia è scappato in Marocco dopo aver accoltellato tre persone in un bar.

Rainer manda tutti ai matti, è la personificazione della luna che ci rende tutti un po’ strani.

Fassbinder costruisce un melodramma che vuole essere una lucida autoanalisi.

È diverso dai melodrammi come Le lacrime amare di Petra Von Kant o La paura mangia l’anima.

Non è manco più un discorso polemico sulle coppie omosessuali e su come tutti, inevitabilmente, finiscono per piegarsi a una istituzionalizzazione dei sentimenti.

La disamina disincantata sull’amore fa parte del passato.

In questi giorni non c’è spazio per la rabbia, solo per il dolore.

 

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Una scena da Le lacrime amare di Petra von Kant, 1972

 

Tra alcuni dei suoi collaboratori di vecchia data si dice che non riesca a dormire, è dipendente dai sonniferi.

Dormire o morire, per dirla con Shakespeare, ormai che differenza fa?

Quest’uomo ha lavorato come uno schiavo e ha solo 33 anni. Il Cristo del cinema tedesco. Alla Germania non interessa nulla di lui, del suo lavoro.

Un reietto come Erwin che diventa Elvira per amore di un piccolo uomo.

Nel giro di nove anni ha girato diciassette lungometraggi e quindici film tv. E tra questi ci sono capolavori che non devono essere dimenticati.

Ma i tedeschi dimenticano tutto.

I miei preferiti? Sicuramente Roulette Cinese e Il diritto del più forte.

E non sto nemmeno a sciorinare la sua vita precedente a teatro.

 

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Il Cristo del cinema tedesco

 

La sua fame per l’arte e per la vita è gargantuesca. Non scende a patti neanche col suo corpo. Ed è di corpi che trattano le sue storie.

Carne e parole. Immagini e parole.

Incredibile che non sia stato preso all’Accademia di cinema e televisione a Berlino.

Si è fatto da solo, come tutti i geni, la sua passione non è stata imbrigliata da un cinema ammuffito nei libri, corrotto da gente invidiosa che distrugge per non creare.

 

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Rainer Werner Fassbinder 5 si è fatto da solo, come tutti i geni

 

Ha degli attimi di tenerezza di cui sembra vergognarsi subito dopo. Devasta chiunque gli si pari davanti, è facile preda dell’ira.

Forse per questo le sue storie non sono altro che scappatelle.

Rimane un mistero per me e per gli altri.

È come seguire al buio un cieco.

Sta parlando con Ingrid Caven, la sua ex moglie, probabilmente la pazienza fatta a donna.

Tutti noi, negli anni, siamo stati trascinati da questa fucina d’idee che porta sulle spalle.

Rimaniamo soggiogati da un uomo che vive oltre la sua pelle; ci lasciamo spingere alla deriva della sua creatività; siamo spaventati dalla voracità che ha di vita e, conseguentemente, di morte.

 

Eppure non è un uomo incline al suicidio, se non quello sistematico e socialmente ignorato da tutti.

Alcuni scelgono il cibo, lui ha scelto l’alcol, la cocaina, le medicine e relazioni destinate a fallire mutilando gli animi delle persone coinvolte.

Cerca in tutti i modi di dimenticare e, per questo, attraversa l’abisso di corsa senza guardare indietro.

 

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Alcuni scelgono il cibo, Rainer Werner Fassbinder ha scelto l’alcol, la cocaina, le medicine e relazioni destinate a fallire

 

Pensate sia folle vero? Tutto questo sbattersi verso un’apocalisse personale non ha senso quando potrebbe continuare a fare bei film ignorati dai tedeschi.

Un narcisista corroso da una sterile battaglia contro il conformismo.

Snob, figlio di borghesi, che si arroga la filosofia di strada. 

Un alcolizzato che non scende a compromessi neanche col suo corpo. Si dice facesse marchette da giovane e questo fa incazzare un po’ tutti.

Ci fa incazzare perché ha l’arroganza di un bambino che mette naso ovunque, perché sa che oltre una tirata di orecchie non gli può arrivare.

Il figlio di papà che s’immerge nella merda proletaria perché tanto può tornare a casa quando vuole.

 

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Rainer Werner Fassbinder ha l’arroganza di un bambino che mette naso ovunque

 

Un uomo deprecabile, un uomo ammirevole.

Oggi è strano, oggi è dolente.

Lo so che vorrebbe rintanarsi nella sua tana per morire, solo un po’, anche stasera.

La notte è insopportabile, quasi quanto l’alba di un nuovo giorno.

Uno come lui non può cercare conforto neanche nella fantasia. I suoi film inseguono un realismo disarmante.

 

Un’altra giornata di lavoro si è conclusa. Fassbinder ci caccia via. Domani, dice, termineremo le riprese.

Domani è il venticinquesimo giorno di lavorazione. Una frettolosa e sofferta elegia funebre sul grande schermo.

In mattinata era stranamente allegro perché nel prossimo film ci sarà la sua amata Hanna Schygulla.

Il nuovo film dovrebbe chiamarsi Il matrimonio di Maria Braun.

 

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Rainer Werner Fassbinder con la sua musa Hanna Schygulla

 

Sinceramente a me piace più il titolo di questo mea culpa formato pellicola: Un anno con tredici lune.

All’inizio delle riprese ci spiegò che si trattava di una particolare congiunzione astronomica piuttosto rara: in questo secolo dovrebbe avvenire sei volte.

Lo trovo piuttosto romantico, soprattutto se il pensiero viene da una persona che sembra disprezzare tutti, felice di circondarsi da gente culturalmente inferiore.

Perché affannarsi tanto per una storia dipinta con le lacrime e finita anni fa?

 

“Spegnete le torce. Non voglio guardare nulla. Non voglio che nulla mi guardi. Spegnete le torce. Nascondete la luna! Nascondete le stelle! Nascondiamoci nel nostro palazzo. Inizio ad aver paura.”

 

Forse è meglio andare a casa, c’è un’atmosfera claustrofobica qui. Non vedo l’ora di terminare questo maledetto film.

Pessimista. No. È superficiale definire così questo film. Nessuna delle sue opere lo è.

La copia carbone del nostro animo, delle nostre paure, uno specchio in cui siamo costretti a guardare. Non attraversarlo, potresti non tornare più.

 

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I film di Rainer Werner Fassbinder sono un gesto d’amore

 

 Io ci ho sempre visto tutto questo nei suoi film.

Sono necessari, belli, ma fanno male.

Ecco perché lui va preso a piccole dosi, perché i suoi film devono essere centellinati.

C’è un’idea, un ideale, un gesto d’amore.

L’amore secondo Rainer Werner Fassbinder.

L’amore fatto d’insicurezza, disprezzo, violenza, speranza, desiderio, abbondanza, mancanza.

Un evento che capita poche volte in un secolo, figuriamoci in una vita intera.

 

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