Una notte particolare in Città del Messico.

Il Messico è un sogno pulp. Un luogo puro, dove parlando di purezza mi riferisco a quella totale mancanza di filtri che caratterizzano la società e dove a un chiosco di giornali è normale trovare una costellazione di prime pagine con teste decapitate dai Narcos e notizie economiche positive, il numero di una puttana da chiamare quando la solitudine prevale e un editoriale sulle politiche di Trump e le conseguenze per il Messico.

 

Arrivati dopo un piacevole viaggio con un breve scalo in Florida e dopo aver sorvolato Mexico City che sembra non finire mai, raggiungiamo la nostra pensione in una delle colonie più hip e consigliate: Roma. In generale tutti ci hanno parlato bene di quella zona e di altre limitrofe come La Condesa ed è quello che constatiamo poche ore dopo quando usciamo per cena. Prima di uscire però, abbiamo fatto il routinario check dei posti migliori per fare festa: la vacanza è appena iniziata e siamo ansiosi di perderci nella notte del DF.

 

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La Condesa, Città del Messico

 

Dopo una sostanziosa cena e i primi mezcal decidiamo di andare nella Zona Rosa a caccia di fanciulle, fidandoci dei consigli di un blog di malati di donne che raccontano il mondo tramite le loro scopate. Saltiamo su un taxi e ci lasciamo inghiottire dai caroselli di macchine apparentemente ingovernabili che caratterizzano le strade delle colonie centrali. Rimbalziamo come trottole tra un club e l’altro quando, dopo aver parlato con l’ennesima drag queen, ci rendiamo conto che sono tutti locali gay e decidiamo di cambiare quartiere. Ma prima, stimolati da qualche bevuta di troppo, ci facciamo prendere da un curioso vizietto: comprare della coca.

 

Dopo aver chiesto a diverse persone per strada senza successo, finalmente vediamo un losco figuro appoggiato a un bandone.

 

Ci parlo anche se non riesco a memorizzare il suo viso avvolto nella penombra. Quando sente che cosa stiamo cercando si mette immediatamente in moto avendo fiutato denaro facile. Saltiamo su un taxi e ci lasciamo alle spalle quella vivace colonia dai toni rosa, colore che connota tutta Città del Messico.

 

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Città del Messico di notte

 

Il tassista sfreccia in silenzio sforzandosi di non rispettare neanche un rosso per evitare che qualcuno più furbo di noi provi a farsi venire in mente di tenderci un agguato. Sprofondiamo nella periferia, ma non riesco a memorizzare dove, mentre lasciamo veloci alle nostre spalle un susseguirsi di rotatorie. Costeggiamo un grosso cavalcavia immerso nel niente quando il losco sherpa dice al guidatore, ancora rinchiuso nella sua prigione di silenzio, di fermarsi ad un incrocio e aspettare. Dopo alcuni momenti di quieto scrutare dal finestrino prendiamo atto che non c’è pericolo, la strada sembra sgombra da attaccabrighe e poliziotti, dobbiamo solo attraversare le due larghe carreggiate e entrare nel caseggiato sull’altro lato.

 

Scendo insieme al losco figuro e lascio il mio compagno di viaggio in macchina, risucchiato dall’assordante silenzio del tassista, amplificato a causa dell’incomunicabilità che si viene a creare quando due persone non parlano la stessa lingua. Attraversiamo rapidamente la strada resa surreale dal riflettere arancione di un vecchio lampione, e ci troviamo di fronte a un cancello presidiato da alcune guardie. È l’accesso a un caseggiato, un vicoletto ci conduce fino all’ultimo ingresso dove si trova la narcotienda.

 

All’ultimo civico, un uomo sulla cinquantina serve un pugno di clienti da dietro una grata verniciata di bianco, immagine potente che evoca la prigionia implicita a cui decide di rassegnarsi chi entra nelle fila del narco traffico per un reddito più certo rispetto ad altri sfortunati.

 

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La periferia di Città del Messico

 

Facciamo la fila che scorre rapidamente fino a che è il nostro turno. “Dame seisvelas”, dice il losco figuro –la cui faccia mi sembra perennemente avvolta nella penombra. E in tutta risposta il venditore ci allunga sei bustine di carta, meticolosamente piegate.

 

Scambia il denaro con la merce, e riceve 140 pesos in cambio del bigliettone da 500 che gli ha dato (l’equivalente di circa 25€). Mentre torno alla macchina commetto l’errore di dirgli che avrei voluto comprare anche dell’erba. Mi lascia le sei buste e, mentre se ne va con i 140 pesos (7€), mi dice di aspettarlo in macchina e che tornerà presto. Siamo talmente lontani da dove abbiamo preso il taxi che non mi salta in mente nemmeno per un secondo che potrebbe prendere al volo questa occasione per fottermi. Dopo dieci minuti capiamo però che il losco figuro è scomparso e con lui la possibilità di fumare una canna a fine serata. Decido comunque di scendere per andare a controllare.

 

Rientro nel caseggiato e mi spingo fino alla porta con il cancello verniciato di bianco, ma non trovando il mio uomo mi avvio rapidamente verso l’uscita. Il capo delle guardie, vestito con la classica tuta sportiva in acrilico, marchio di fabbrica da criminale, mi osserva sospettoso con due occhi iniettati di sangue chiedendomi cosa cercassi.

 

Estaba buscando mi amigo. Pero creo queya se fué”, rispondo senza scollare gli occhi dai suoi.

 

Scuote la testa in un cenno di assenso e mi lascia in pace.

 

 

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Una gang di narcos in Messico

 

Salgo di nuovo in macchina, sentendomi sconfitto e stupido per non essere stato più all’erta. Dico al tassista di portarci indietro verso le zone di Roma e La Condesa. Appena riavvia il motore, l’uomo ritrova la loquacità persa durante il viaggio di andata e tutto il periodo di attesa, e inizia a rispondere volentieri alle mie domande.

 

Posti come quello dove siamo stati sono piccoli punti di distribuzione gestiti dai narcos: li affidano a un gestore, gli procurano le forniture di sostanze da rivendere e la protezione necessaria comprando gli sbirri. Il gestore in cambio si fa carico dello smercio sfornando così bei soldi per il cartello che gestisce le operazioni.

 

“La prossima volta, invece che farvi rubare 140 pesos, dovete chiedere direttamente ai tassisti. Lo facciamo per arrotondare, sennò è dura arrivare a fine mese”. Sorride e indicando una strada alla fine della quale vedo delle luci e un gruppo di persone ci dice: “Io vi avrei portato al Crumberry, una narcotienda molto conosciuta… anche la polizia passa spesso a controllare che sia tutto ok, visto che vengono pagati profumatamente dai boss”.

 

Il discorso su polizia, corruzione e spaccio cattura la mia attenzione e continuiamo a parlarne.

 

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La corruzione della polizia è uno dei problemi principali del Messico

 

A detta del tassista, oltre la marcata disuguaglianza sociale, la più grossa piaga per il Messico è la corruzione (secondo il Corruptionperceptionindex di Transparency International il Messico è il 123° paese su 176 stati presenti nell’indagine). Un mostro, molto legato al mondo narcos ma non solo, che si insinua ad ogni livello sociale, dalle classi più povere agli alti livelli della politica messicana. Anche la polizia ne è flagellata: i salari degli ufficiali di rango più basso permettono difficilmente di arrivare a fine mese e l’incentivo legato al chiudere un occhio in cambio di denaro diventa facilmente affascinante. È normale dunque che tanti poliziotti siano sul libro paga di un cartello, per il quale si comportano alla stregua di un servizio di sicurezza privato. È proprio dai corpi di polizia che il guidatore ci mette in guardia. Sono affamati e abituati a vedere violenza di ogni tipo, per questo se ci dovessero sorprendere a fare qualcosa di illegale come possedere delle sostanze illegali, ci consiglia di offrirgli subito 100 pesos inserendoli nel documento di identità, perché “se dite di più o se lasciate fare loro vi prenderanno tutto quello che avete”.

 

Mentre ci spiega come uscire da situazioni pericolose, varchiamo il confine del quartiere dove risediamo. Mentalmente ci prepariamo per lanciarci in uno dei tanti locali de La Condesa, quando ad una certa il tassista ferma la macchina. Ci indica la direzione e ci dice che dal punto in cui siamo ci conviene andare a piedi. Sorride mentre lo paghiamo e, dopo averci paternalisticamente detto di stare attenti, ci dice che il Messico non sarebbe lo stesso senza la cocaina, tante persone mangiano grazie a Lei e provare a sradicarla sarebbe una battaglia persa in partenza.

 

Ci lasciamo l’avventura alle spalle e, testato il prodotto, torniamo sulla nostra missione originale: le ragazze e la notte messicana.

 

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