Vonnegut guarda il mondo che ci circonda individuandone gli aspetti tragici e i pochi spiragli di bellezza.

Quando sono entrata in libreria a cercare la nuova edizione di Cronosisma di Kurt Vonnegut, uscita in ottobre per minimum fax, sono rimasta stupita dalle parole del commesso: «Vonnegut? Ah sì, è nel settore della fantascienza». Non lo avevo mai considerato un autore di fantascienza, anche se molti suoi romanzi sono ricchi di elementi appartenenti a quel genere. Lo scrittore di fantascienza, semmai, è Kilgore Trout, l’alter ego di Vonnegut che spesso compare come personaggio dei suoi libri.

 

Così ho iniziato a riflettere sulla figura di uno scrittore difficilmente etichettabile, che ha pubblicato romanzi per mezzo secolo: il primo, Piano meccanico è stato pubblicato nel 1952, la sua opera più conosciuta, ovvero Mattatoio n. 5, nel 1969, e l’ultimo libro è  Cronosisma, pubblicato nel 1997 negli Usa.

 

Proprio Cronosisma permette di far luce su diversi aspetti di Vonnegut, personali e letterari: più che un romanzo, infatti, è uno “spezzatino” (l’autore stesso lo ha definito ‘stew’, appunto ‘stufato’ o ‘spezzatino’), che raccoglie parti di un libro mai scritto a cui Vonnegut si riferisce col titolo Cronosisma Uno, abbozzi di racconti fantascientifici, riflessioni su di sé e sul mondo. Tutto si regge sull’idea fondamentale del ‘cronosisma’, un fenomeno per cui improvvisamente il tempo torna indietro di dieci anni e tutti gli abitanti della Terra, nel rivivere il loro passato, sono costretti a ripetere parole e gesti già fatti, senza poter esercitare il libero arbitrio.

 

Ma andiamo con ordine: chi è Kurt Vonnegut?  E perché è così difficile ascriverlo ad un genere o ad un movimento letterario? Dopo aver combattuto in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale, lo scrittore torna in America e negli anni sessanta pubblica alcuni dei suoi capolavori, tra cui Ghiaccio-nove e Mattatoio n. 5, subito divenuto un manifesto del movimento studentesco del 1968, impegnato nella protesta contro la guerra del Vietnam. Inizia anche a tenere discorsi ai laureandi in diverse università degli Stati Uniti, come altri grandi scrittori americani, tra cui David Foster Wallace e George Saunders (in Italia, alcuni degli interventi di Vonnegut sono stati pubblicati da minimum fax in Quando siete felici, fateci caso, del 2015).

 

Kurt Vonnegut 1

Una famosa frase da Mattatoio n.5 di Kurt Vonnegut

 

Libri e discorsi hanno molto in comune: Kurt Vonnegut guarda il mondo che ci circonda con estrema libertà, senza limitanti schermi culturali e sociali, individuandone gli aspetti tragici e i pochi spiragli di bellezza.

 

Come racconta lo scrittore nel primo capitolo di Mattatoio n. 5, il problema fondamentale dei suoi romanzi è quello di trovare un modo per raccontare la realtà contemporanea, affrontando l’insensatezza della guerra, la follia con cui vengono impiegate certe scoperte scientifiche, le ingiustizie degli schemi sociali ed economici entro cui viviamo. Per parlare di tutto questo Vonnegut fa una scelta letteraria ben precisa, che può apparire paradossale: la chiave per narrare l’orrore e la tragedia è l’ironia.

 

Un’ironia che ha la funzione di osservare il mondo da una certa distanza, in modo che i suoi aspetti apparentemente incomprensibili possano essere messi a fuoco: una volta raggiunto questo punto di osservazione privilegiato si può ridere di tutto senza vergogna, anche leggendo un romanzo pieno degli orrori della guerra, perché la risata ha la capacità di fare chiarezza sul nostro modo di stare al mondo.  Questo impiego dell’ironia ha i suoi precedenti diretti in Twain e Swift, ma il lettore italiano può comprenderlo a fondo pensando a un capolavoro della letteratura mondiale, l’Orlando Furioso. Pur tenendo ben presente le fondamentali differenze che tengono ad una certa distanza Vonnegut e il letterato italiano, pensiamo alla struttura fondamentale dell’ironia di Ariosto: l’autore fa muovere i suoi personaggi in una realtà in cui le regole del tempo e dello spazio non sono verosimili (ad esempio nel celebre episodio di Astolfo sulla Luna), eppure il poema ha il potere di far luce su aspetti essenziali della realtà.

 

Kurt Vonnegut 2

Kurt Vonnegut guarda il mondo che ci circonda con estrema libertà

 

Kurt Vonnegut fa qualcosa di simile, appropriandosi di elementi tipici della fantascienza e creando realtà basate su alterazioni delle normali leggi fisiche: il protagonista di Mattatoio n. 5, così come i personaggi di Cronosisma, viaggiano nel tempo, mentre in Ghiaccio-nove l’acqua presente sulla Terra congela a temperatura ambiente. Ecco che la fantascienza gli permette di guardare la società occidentale da un punto di vista esterno, come l’abitante di un pianeta alieno; se accettiamo di assumere la sua stessa prospettiva, ci ritroveremo a comprendere meglio il mondo e a ridere di noi stessi:

 

Era una donna acculturata!

Gli individui acculturati sono quelli che reputano di non venir trattati come il tipo di persona che ritengono di essere, poiché il mondo esterno è cambiato. Una sventura economica, o una nuova tecnologia, o il dominio da parte di un’altra nazione o fazione politica, può indurre in questo stato qualcuno nel giro di poche ore.

 (Cronosisma)

 

Un tema fondamentale della narrativa di Vonnegut è senz’altro il tempo, uno dei pochi aspetti della natura che l’uomo non è ancora riuscito a manipolare: immaginare viaggi tra passato e futuro è quindi un modo particolarmente efficace per far scattare il meccanismo dell’ironia. Non a caso, il romanzo in cui Kurt Vonnegut affronta l’orrore della Seconda Guerra Mondiale, Mattatoio n. 5, si basa sui viaggi nel tempo del protagonista Billy Pilgrim.

 

Kurt Vonnegut 3

La fantascienza permette a Kurt Vonnegut di guardare la società occidentale da un punto di vista esterno

 

Allo stesso modo, Cronosisma mette in scena un salto temporale, che però riguarda tutta l’umanità: chi, tornando indietro di dieci anni, sceglierebbe di ripetere tutto ciò che ha fatto? Probabilmente nessuno, a meno di esserne costretto da una momentanea sospensione del libero arbitrio, come accade nel libro:

 

‘Monica Pepper era la causa della paralisi che affliggeva il marito Zoltan dalla vita in giù. Due anni prima, gli era accidentalmente finita addosso tuffandosi in una piscina ad Aspen, Colorado. […] Quando il cronosisma avrebbe colpito, Monica  Pepper sarebbe stata costretta per la seconda volta a tuffarsi di testa sul proprio marito.’

 (Cronosisma)

 

Così, passato, presente e futuro si mescolano indissolubilmente. Da un lato, Vonnegut ha modo di riflettere sulle proprie origini, profondamente radicate nel Midwest americano, nonostante i suoi spostamenti successivi, al punto da dichiarare:

 

‘Mi secca che uno dei più grandi poeti e uno dei più grandi drammaturghi di questo secolo negassero di essere originari del Middle West, e precisamente di St. Louis, Missouri. Mi riferisco a T. S,. Eliot, che finì per avere un accento da arcivescovo di Canterbury, e a Tennessee Williams, prodotto della Washington University di St. Louis e dell’Università dell’Iowa, che finì per parlare con un accento alla Ashley Wilkes di Via col vento.’

 (Cronosisma)

 

Dall’altro lato, il presente e il futuro sono contenuti nei numerosi abbozzi di racconti attribuiti a Kilgore Trout, uno scrittore di fantascienza che vive in povertà e che ha l’abitudine di abbandonare i suoi scritti per strada o nei cestini della spazzatura. È un personaggio che compare in numerosi romanzi di Vonnegut, con caratteristiche leggermente diverse in ognuno, e in cui si può riconoscere un alter ego dell’autore.

 

Kurt Vonnegut 4

Kurt Vonnegut e la vita

 

È proprio grazie all’attività della scrittura che Trout si sottrae agli effetti catastrofici del ritorno improvviso del libero arbitrio: a differenza di tutti quelli che non capiscono di poter tornare a esercitare la propria libertà di scelta, lui continua semplicemente a scrivere un racconto iniziato dieci anni prima. Lo strampalato scrittore sa anche guarire chi gli sta intorno dallo shock causato dalla fine del cronosisma, con un mantra semplice ma efficace che Vonnegut definisce «il Credo di Kilgore», applicabile alla condizione umana di qualsiasi tempo e luogo: «Eri malato, ma adesso stai di nuovo bene, e c’è un sacco di lavoro da fare». È vero infatti che l’ironia di Vonnegut gli permette di vedere il mondo per quello che è, ossia un luogo caratterizzato dal dolore e dalla tragedia provocati dagli uomini, ma questa consapevolezza non conduce mai a nichilismo o inerzia.

 

Due sono le cose grazie a cui gli uomini possono vivere degnamente nonostante la presenza del male nel mondo. La prima è l’arte, sia essa letteratura, musica o pittura, e Vonnegut in Cronosisma ci spiega perché andando direttamente al cuore della questione:

 

Ancora e per sempre: perché dannarsi? Ecco la mia risposta: molta gente ha un disperato bisogno di ricevere questo messaggio: Io sento e penso quanto te, mi preoccupo per molte delle cose di cui ti preoccupi tu, anche se la maggior parte della gente non se ne preoccupa. Non sei solo’.

 (Cronosisma)

 

La seconda è la comunità, intesa come il gruppo di persone tra le quali si vive e per cui si può essere d’aiuto; qui ci troviamo al centro della visione di Vonnegut, che è definita da lui stesso umanesimo‘ e che anima la sua produzione letteraria:

 

‘Noi umanisti ci comportiamo nella maniera più onesta possibile senza aspettarci nessuna ricompensa o punizione in una vita dopo la morte. Facciamo del nostro meglio per servire l’unico ente astratto che ci risulta familiare, ossia la nostra comunità.’

 (Quando siete felici, fateci caso)

 

Siamo capaci di compiere orrori come i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, a cui Vonnegut ha assistito e su cui torna spesso nei suoi romanzi, ma al tempo stesso – sembra dirci lo scrittore –  siamo gli unici a poter rendere migliore la vita di chi ci sta intorno.

 

Kurt Vonnegut 5

So it goes

 

Ecco perché dalle pagine di Cronosisma, su cui si alternano e si fondono racconti e riflessioni, alla fine emerge quella che l’autore indica come una delle sue citazioni preferite, e che appartiene al figlio Mark:

 

«Siamo qui per aiutarci a superare questa faccenda, di qualsiasi cosa si tratti» (Cronosisma).

 

Kurt Vonnegut, con la doppia arma dell’ironia e della sintesi, giunge così alla radice della condizione umana, costituita dalla compresenza del bene e del male e dalla nostra capacità di compiere l’uno e l’altro: So it goes‘, così è la vita. In ogni caso, ricordate la «circostanza attenuante da citare nel giorno del Giudizio:

 

“Soprattutto non abbiamo mai chiesto di venire al mondo”» (Cronosisma)

 

*****

Se ti è piaciuto questo articolo leggi anche: L’umanità secondo Isaac Asimov.