Quello tra Marvin Gaye e Tammi Terrell è stato un tragico sodalizio.
Tra i mashup più brillanti che si possono trovare su Youtube vi è sicuramente un brano dei “misteriosi” Velvet Marvin and the Tammi Underground. Mistero immediatamente risolto: il brano è infatti composto dalla traccia strumentale di Venus in Furs dei Velvet Underground con l’aggiunta della traccia vocale di Ain’t No Mountain High Enough di Marvin Gaye e Tammi Terrell. D’istinto verrebbe da dire che difficilmente si riuscirebbe due pezzi coevi così antitetici, incompatibili tra loro: entrambi pubblicati nel 1967, sembrano venire da due galassie differenti. È davvero così?
Il 14 ottobre 1967, durante un concerto di promozione del loro primo album, United, Marvin Gaye e Tammi Terrell divennero uniti in una maniera che non avrebbero mai voluto: lei cadde priva di coscienza tra le sue braccia a causa di quello che tutti speravano fosse un semplice malore, ma che non si rivelò tale. La diagnosi fu agghiacciante: tumore maligno al cervello.
“Non riuscivo a fare a meno di considerare Tammi come una vittima dell’amore. Aveva poco più di vent’anni, ma era in giro da tanto tempo. Sapevo che era una donna con una certa esperienza del mondo. Nelle canzoni che cantavamo, tuttavia, era diventata qualcos’altro, qualcosa di molto affettuoso, speciale e pieno di speranza. Le coppie ci dicevano: ‘Cantate la nostra canzone’, ed era quello che facevamo. Quando appresi della gravità della sua malattia, piansi. L’amore mi sembrava crudele, era una bugia. Tammi era vittima del lato violento dell’amore, o per lo meno così sembrava. Non so esattamente che cosa la uccise davvero, ma si percepiva una vibrazione profonda, come se lei stesse morendo per tutti quelli che non riuscivano a trovarlo, questo amore. Il mio cuore era a pezzi. Il mio matrimonio con Anna si era rivelato essere una bugia. Nel mio animo non potevo più fingere di cantare canzoni d’amore per la gente. Non ero in grado di esibirmi. Quando Tammi si ammalò, mi rifiutai di cantare in pubblico”.
Su disco la coppia perfetta, in perenne sorriso, a cantare l’amore puro ed eterno. Nella realtà travolti e feriti in modo irreparabile. Lui cresciuto a suon di violenze paterne e già preda della cocaina e di pensieri suicidi (il primo tentativo arrivò nel 1969), lei abusata a undici anni e protagonista di relazioni tormentate e violente già nei suoi primi anni di music business.
Quando nel 1967 la Motown fu costretta a trovare una nuova partner a Marvin Gaye, questi era già una stella dell’etichetta di Berry Gordy, tanto che aveva sposato la figlia, Anna (musa ispiratrice della sua prima hit, Pride and Joy). Ma era ancora lontano dall’essere la leggenda del soul. La nuova dimensione incollatagli dalla Motown, quella dei duetti (prima con Mary Wells, poi con Kim Weston), gli calzava però a pennello.
“Sapevo di aver bisogno di qualcosa di diverso. È per quello che mi buttai nei duetti. Era come recitare, una fuga da me stesso. Con Kim riuscivo a immaginare, ad esempio, che fossimo due giovani amanti innocenti. La storia con Anna era totalmente all’opposto, uno o due anni prima aveva iniziato pian piano a inacidirsi. Avevamo inquinato l’amore puro e ora ne subivamo la ricaduta. La differenza di età sembrò più pronunciata. C’erano donne che urlavano nella mia direzione ovunque andassi. Ma ero in trappola, ci ero finito da solo, troppo presto, troppo in fretta. Ci sarebbe voluto Superman per soddisfare tutte quelle donne. Ma quando interpretavo quei duetti riuscivo a semplificare le cose, in studio potevo cantare rivolgendomi a una donna in carne e ossa e mi ricordavo quanto l’amore riuscisse ad essere puro. Mi ero allenato a recitare la parte con Mary Wells e Kim, e quando arrivò Tammi, nel 1967, l’avevo imparata alla perfezione”.
E perfetta era la partner: approdata alla Motown nel 1965 dopo anni di gavetta (iniziò appena quindicenne), Tammi Terrell si rivelò ben presto un diamante grezzo. Seppur giovanissima, vantava una maturità artistica e umana impressionante.
“Tammi era il genere di ragazza che gli uomini non riuscivano a controllare. È il genere di cosa che può fare impazzire un uomo, cercare di avere a che fare con una donna che nessuno è mai riuscito a dominare. Mi piaceva questa cosa di Tammi. Sapevo che potevamo essere amici, ma che non avremmo mai potuto essere amanti, le donne indipendenti non suscitano alcun tipo di interesse sentimentale in me. James Brown e David Ruffin ebbero entrambi delle relazioni tumultuose con Tammi, ma la mia era di tipo esclusivamente creativo. Siccome era divertente, amava divertirsi ed era totalmente imprevedibile, io le volevo bene. Inoltre, il suo stile di canto si adattava perfettamente al mio. Il principale risultato che ottenemmo, però, fu quello di creare due personaggi, due amanti che avrebbero potuto essere presi da una piece o da un romanzo, e fare in modo che l’uno si rivolgesse cantando all’altro. Fu così che nacquero i personaggi di Marvin e Tammi. Nel momento in cui cantavamo, eravamo innamorati. La vibrazione era incredibile. Le emozioni erano sentite, reali. Eppure, quando la musica finiva, ci davamo un bacio sulla guancia e ci salutavamo”.
E il successo fu subito travolgente: uscito il 20 aprile 1967, Ain’t No Mountain High Enough si rivelò ben presto come uno dei singoli definitivi della Motown, tuttora uno dei classici 60s.
Capace di raggiungere la terza posizione nella classifica R&B, il pezzo fu apripista degli altri singoli di United, che fecero pure meglio: sia Your Precious Love che If I Could Build My Whole World Around You si piazzarono al n.2.
E dopo il drammatico episodio di ottobre, con conseguente prima operazione, la coppia raggiunse la consacrazione con You’re All I Need To Get By e Ain’t Nothing Like the Real Thing, singoli del secondo lp (You’re All I Need): entrambi raggiunsero la vetta in classifica.
Con soli due album e una manciata di 45 giri Marvin e Tammi si imposero come quella che oggi può forse essere considerata la più grande coppia del pop americano anni 60 assieme a Sonny & Cher e Ike & Tina Turner (e Nancy Sinatra e Lee Hazlewood, il cui sodalizio artistico si muoveva però su un livello diverso).
Ma le energie e le speranze di Tammi andavano ad assottigliarsi di giorno in giorno: le operazioni chirurgiche si stavano accumulando (il numero finale fu otto) senza portare miglioramenti, tanto che arrivati nel 1969 a dover registrare il loro terzo album, la Terrell era in condizioni critiche per poter entrare in studio a lavorare. Quanto critiche è da decenni motivo di discussione: uscito nel settembre di quell’anno, Easy è l’album controverso per eccellenza della discografia di Gaye, che rivelò anni dopo che a cantare con lui non fu la troppo malata Tammi, bensì Valerie Simpson, co-autrice col compagno Nickolas Ashford di gran parte dei successi targati Gaye-Terrell (nonché tra le coppie compositive più grandi della storia del pop).
“Inizialmente mi rifiutai di assecondare il piano. Lo consideravo l’ennesimo complotto di BG (Berry Gordy, ndr) per fare soldi. Dissi che era una cosa cinica e sbagliata, non potevo ingannare il pubblico così. Poi la Motown mi convinse che sarebbe stato un modo, per la famiglia di Tammi, di avere qualche entrata in più. Valerie aveva cantato in molti demotape per insegnare a Tammi le canzoni, per cui fu una scelta naturale. È anche lei una cantante naturale e mi stupì la fedeltà con cui rese la voce di Tammi. Non importava quanto fosse buona la musica, però, perché mi faceva uno strano effetto cantare rivolgendomi a Valerie. Suppongo mi sentissi in colpa”.
La Simpson negò, confermando di aver cantato solo le demo. Ma il dubbio rimane. Così come la fine era vicina.
Morta il 16 marzo 1970 ad un mese dal compimento dei 25 anni, al funerale di Tammi l’unico dipendente Motown benvoluto dalla famiglia e quindi presente fu proprio Marvin. Il quale non morì solo per rimanere ferito a morte: partorito nel 1971 per reazione al dolore il suo capolavoro più rivoluzionario, What’s Going On, Gaye iniziò un decennio vorticoso di sperimentazioni artistiche e cadute personali, fino al noto, tragico epilogo, freddato dal padre la vigilia del suo 45o compleanno.
La tragicità della breve parabola musicale di Marvin e Tammi fu in tutti questi ossimori: la purezza contro la corruzione, l’artificiosità contro la genuinità, il cinismo dell’industria musicale contro la semplicità di due anime travolte. L’effimero contro l’eterno.
Ascolta, piccola
Non c’è montagna abbastanza alta
Né valle abbastanza profonda
Né fiume abbastanza largo, piccola
Se hai bisogno di me, chiamami
Non importa dove sei
Non importa quanto sei lontano
Non preoccuparti, amore
Chiama il mio nome
Verrò in un attimo
Non devi preoccuparti
Oh amore
Non c’è montagna abbastanza alta
Non c’è valle abbastanza profonda
Non c’è fiume abbastanza largo
Da impedirmi di arrivare da te, amore
Ricordi il giorno
In cui ti ho liberato
Ti dissi che potevi sempre contare su di me, tesoro
Da quel giorno ho fatto una promessa
Ci sarò quando mi vorrai
In qualche modo, in qualche maniera
Oh amore
Non c’è montagna abbastanza alta
Non c’è valle abbastanza profonda
Non c’è fiume abbastanza largo
Da impedirmi di arrivare da te, amore
Oh no tesoro
Né il vento, né la pioggia
Né il gelo invernale può fermarmi, amore
No no, amore
Perché tu sei il mio scopo
Se sarai in difficoltà
Verrò di corsa
Ti basterà chiamarmi, amore
Il mio amore è vivo
Nel profondo del cuore
Anche se siamo lontani
Se avrai bisogno di una mano
Verrò di corsa
Più veloce che potrò
Dovresti sapere che
Non c’è montagna abbastanza alta
Non c’è valle abbastanza profonda
Non c’è fiume abbastanza largo
Da impedirmi di arrivare da te, amore
Dovresti sapere che
Non c’è montagna abbastanza alta
Non c’è valle abbastanza profonda
Non c’è fiume abbastanza largo
Non c’è montagna abbastanza alta…
Tutti gli estratti appartengono a Marvin Gaye e provengono da “Un’anima divisa in due. Vita di Marvin Gaye”, di David Ritz (ed. italiana Arcana, 2010).
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