Blue Jasmine è una storia umana, troppo umana che termina così come è cominciata.

Irresistibile. Ancora oggi, a più di 40 anni dagli esordi, il cinema di Woody Allen è irresistibile. E inconfondibile. Il ritmo jazz, l’umorismo, il caos (il caso) sono tutti elementi caratterizzanti ed imprescindibili del personalissimo cinema del regista americano. Certo, non è più tempo di corse affannate lungo le strade newyorkesi sulle note della Rapsodia in blu di Gershwin per soddisfare il desiderio di rivedere un volto (una delle ragioni per cui vale la pena di vivere, tra il vecchio Groucho, Joe Di Maggio, Marlon Brando, la frutta di Cézanne), ma ancora oggi la forza propulsiva dei suoi racconti è il desiderio. Destinato a restare insoddisfatto, affogato nel mare magnum della vita. E Blue Jasmine lo dimostra nuovamente.

 

Forse è vero, come sostengono alcuni, che Allen abbia già detto tutto quello che doveva dire in tre, quattro film. È anche vero che certi monologhi sardonici, certe freddure non possiamo non immaginarle uscire dalla bocca del buon vecchio Woody. Tuttavia, in questa sorta di coazione a ripetere, Allen riesce ad inserire ogni volta elementi di novità (se non in ciò che viene detto perlomeno nel modo in cui viene detto). In quest’ultimo film l’alternanza di due registri, uno comico l’altro drammatico, gli consente di attribuire alla propria riflessione una marcatura maggiormente cinica. Blue Jasmine risulta alla fine uno dei suoi film più disillusi e pessimisti nonostante i toni adottati, in continuità con gli ultimissimi lavori del regista, siano volutamente leggeri, da commedia.

 

Blue Jasmine 1

Una straordinaria Cate Blacnhett è la protagonista di Blue Jasmine

 

Jasmine (una straordinaria Cate Blanchett assolutamente da Oscar) lascia New York per andare a stare dalla sorellastra che vive a San Francisco, per cercare di ricostruire la sua vita andata irrimediabilmente in pezzi. Infatti, si lascia alle spalle un matrimonio con un finanziere ladro e truffatore morto suicida dopo essere stato smascherato, ma soprattutto, una vita di ricchezza, agiatezza, lusso sfrenato e ipocrita filantropismo. Difficile sarà per lei adeguarsi ad uno stile di vita decisamente più sobrio nella modesta abitazione californiana della sorella. Ma ancor più difficile sarà ritrovare un equilibrio mentale pericolosamente destabilizzato da alcool e psicofarmaci.

 

Beffardo. È il destino secondo Woody Allen. In un attimo, con un gesto, rabbioso e disperato, Jasmine ha perso tutto. E quel tutto cerca ora di riconquistare. Sotto forma di simulacro di una vita irrimediabilmente andata. L’illusione di averla ritrovata è destinata a crollare perché fondata ancora una volta sulla menzogna. In una storia, umana troppo umana, che non può che terminare così come è cominciata. E quella panchina quegli occhi e quelle lacrime non le dimenticheremo facilmente.