Truffaut è un vero esploratore dei legami umani.

“Uno fa i film da cui viene tormentato” affermava Francois Truffaut, ‘l’uomo che amava il cinema’, colui che ha da sempre rappresentato uno degli emblemi della Nouvelle Vague, corrente che coinvolse e sconvolse la scena cinematografica francese degli anni Sessanta.

 

Truffaut fu il portavoce di un concetto critico che cambiò per sempre il modo di vedere e di considerare il cinema, andando contro il supposto ‘realismo psicologico’ di quegli anni, che lui stesso sosteneva non essere nè realista nè psicologico e protestando contro l’idea dominante di un cinema fin troppo legato alla letteratura. In quell’epoca, infatti, la maggior parte delle pellicole proposte non erano altro che trasposizioni cinematografiche di opere letterarie, senza lasciare spazio a progetti più autonomi e che dessero la libera espressione al potere dell’immagine, come ben faceva il cinema ai suoi esordi. È così che Truffaut difendeva l’antintellettualità di certi autori americani come Alfred Hitchcock, Howard Hawks o John Ford. Contro il cinema che segue al dettaglio una sceneggiatura di adattamento, i giovani critici della Nouvelle Vague propongono il cinema d’autore, basato essenzialmente sulla messa in scena. Quel che si vuol anteporre è la libertà creatrice rispetto all’esigenza commerciale.

 

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Truffaut e Hitchcock: due maestri a confronto

 

Non è difficile mettere in luce i punti chiave della letteratura truffaudiana, giacchè sono molto ricorrenti e vengono spesso rievocati in tutti i suoi film, come per esempio la presenza degli specchi o il tema del doppio. E sono proprio questi film che lasciano sempre una scena essenziale, un momento chiave che ritroviamo più avanti in altre pellicole, sotto forma di ricordo. Ma quel che sorprende maggiormente è il climax, un momento forte che lascia impietriti gli spettatori e che, in un certo senso, omaggia i cineasti del passato.

 

Potremmo elencare molti dei momenti che hanno reso i lavori del regista della Nouvelle Vague degni di una certa forza scenica. Ad esempio, il climax creato dal protagonista de La camera verde, che fa giri intorno alla bara ribellandosi contro la chiesa è un momento inaspettato e d’impatto; o l’assassino di Finalmente domenica che si tradisce accendendosi una sigaretta quando ne sta già fumando un’altra o quando scopriamo la doppia morte del protagonista de L’uomo che amava le donne.  Il suo è un gusto fine per il paradosso, un desiderio di fare esattamente il contrario di ciò che ci si aspetta. Ne I 400 colpi, ad esempio, il protagonista viene scoperto non quando ruba la macchina da scrivere, ma quando la restituisce. Colpi di scena, che però si evolvono spontaneamente creando uno stile libero da convenzioni e aspettative.

 

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Jean-Pierre Léaud ne I 400 colpi

 

Ma cos’è che ha reso François Truffaut una personalità unica e davvero così riconoscibile nel mondo della Nouvelle Vague? Sicuramente, uno degli aspetti che lo contraddistinguono è la presenza quasi costante del suo alter-ego Jean-Pierre Léaud, alias Antoine Doinel, protagonista di quattro film e un cortometraggio dove Truffaut considera la sua biografia come punto di partenza per lo sviluppo delle azioni delle storie raccontate. François Truffaut e Jean-Pierre Léaud entrano a far parte di un gioco ambiguo in cui entrambi si confondono e vengono confusi come se fossero la stessa persona, sia dalla critica che dal pubblico.

 

Con i 400 colpi, viene consacrato l’inizio di un vincolo indissolubile tra i due artisti che  diventerà man mano sempre più fitto e contribuirà a creare la loro lunga e duratura relazione professionale e non. A questo film capolavoro, infatti, ne  seguiranno il cortometraggio Antoine et Colette e i lungometraggi Baci rubati, Non drammatizziamo…È solo questione di corna e L’amore fugge (Oltre a Effetto Notte e Due inglesi e un continente, dove Leud non interpreta Doinel).

 

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Il regista con il suo alter-ego

 

In queste pellicole Truffaut mette in scena in forma spudorata episodi intimi della sua vita e della sua personalità, fatti che hanno segnato per sempre la sua carriera artistica e il suo sguardo umano sul mondo che osservava in forma particolare. E già perchè nella vita del grande regista francese realtà e finzione si confondono, letteratura e cinema, insieme alla vita, formano un unico grande progetto artistico: lo stesso spettatore spesso non è in grado di separare queste due parti e di comprenderne la differenza.

 

Uno degli omaggi più grandi che Truffaut ha fatto al suo amore per la letteratura, è stato sicuramente l’adattamento cinematografico di Farenheit 451, romanzo distopico omonimo di Ray Bradbury, che ha rivelato la potente connessione che cinema e letteratura mantengono e che ha costituito una delle basi su cui il regista francese ha edificato la sua peculiare ed intima produzione cinematografica. L’amore per la letteratura e l’amore per il cinema, i libri nei film e i film nei film come in Effetto notte. Il suo è un continuo ritornare all’origine delle arti, dove la letteratura non era ancora cinema ma spingeva per diventarlo, e dove il cinema dimostrava che le sole immagini non bastavano e di non poter fare a meno delle parole. Le sue storie sono intrise di questi omaggi alla settima arte o alla letteratura, specialmente quella francese.

 

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Il regista francese ha edificato la sua produzione cinematografica sull’amore per la letteratura e per il cinema

 

Ma Truffaut non solo sentiva l’esigenza di narrare storie, ma anche di trasformare quelle che già esistevano, come se avessero sempre fatto parte di sè, della sua esistenza. Tutte le sue pellicole sono, come abbiamo accennato in precedenza, legate tra loro in scene che si ripetono, aneddoti che si presentano più volte in film diversi, lasciando intravedere inquietudini particolari o aspetti che più di altri affascinavano il regista, come ad esempio il triangolo amoroso.

 

Lo stesso Le due inglesi e il continente, insieme a Jules e Jim, sua opera più celebre probabilmente, è un cammino di scoperta verso le sfaccettature dell’amore più libere, ma nello stesso tempo più celate, che non vogliono essere rese manifeste, ma soltanto suggerite e che invece Truffaut mette in luce senza remore, con  trasparenza. Il tradimento e il triangolo amoroso, appunto,  sono tematiche ricorrenti, che assalgono e tessono i fili intricati del cinema di Truffaut.

 

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Jules e Jim è un cammino di scoperta verso le sfaccettature dell’amore più libere

 

La sua è una ricerca accurata dei ruoli all’interno delle relazioni e dei meccanismi che ne provocano la costruzione o la distruzione. Truffaut è un vero esploratore dei legami umani. La mancata presenza di figure genitoriali come reali punti di riferimento, lo spingerà spesso a rincorrere un’immagine paterna che ritroverà solo in André Bazin. Il critico e cineasta francese, infatti, sarà l’unico ad indirizzarlo verso la liberazione dei suoi drammi infantili che si plasmeranno in opere “d’autore”, ovvero di un regista che ha creato una visione personale del mondo e della gente, mostrando sullo schermo la vulnerabilità e la spontaneità degli individui e, dunque, l’elemento più autentico per fare cinema: la libertà d’espressione.

 

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