Prendersela con i migranti è come negare la nostra stessa storia e una parte del nostro futuro.

Sono passati 21 anni da quando Denny Mendez, cittadina italiana di origini dominicane, fu eletta Miss Italia, ispirando i Pitura Freska a cantare:

 

“Sarà vero, dopo Miss Italia avere un papa nero?”.

 

All’epoca ci furono alcune polemiche, ma in generale l’elezione della mia coetanea a rappresentare la bellezza italiana nel mondo fu accettata senza difficoltà. La visione di quella splendida ragazza nera con la fascia tricolore non suscitò le stesse polemiche che oggi, a un quinto di secolo di distanza, hanno portato all’ipocrita denuncia per vilipendio alla bandiera della quindicenne Mbayeb ‘Mami’ Bousso, rea di aver indossato un vestito bianco, rosso e verde con strascico in onore dei Presidenti Mattarella e Gentiloni in visita all’istituto Galileo Galilei, indirizzo moda, di Mirandola, provincia di Modena. Perché questa differenza? Probabilmente perché nel 1996 essere tolleranti, aperti, cosmopoliti non costava niente.

 

All’epoca la Guerra Fredda era finita, l’Occidente si sentiva padrone del mondo e gli italiani sicuri del proprio futuro. Vivevano tra noi ancora quei rari e oramai estinti esemplari di politici e intellettuali portatori dei valori di libertà e uguaglianza su cui era nata la Repubblica Italiana, valori oggi ignorati e travisati proprio dai più strenui difensori dell’italianità. All’epoca avevamo Rita Levi Montalcini promotrice del Manifesto Antirazzista, oggi Diego Fusaro.

 

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Denny Mendez con la fascia di Miss Italia

 

Le foto della studentessa Mami, di origini senegalesi, scelta per indossare l’abito e accogliere i Presidenti sono state pubblicate da svariati giornali della provincia di Modena, facendo indispettire numerosi movimenti di destra (e non solo) italici. Non potendo agire contro un’adolescente di colore per motivi apertamente razziali, un cittadino Toscano (che sulla sua bacheca pubblica post come DIO LO VUOLE GETTIAMO A MARE GLI EMIGRATI (semmai immigrati, ma vabbeh)) ha denunciato la giovane Mami per vilipendio alla bandiera.

 

L’abito infatti aveva uno strascico, e il d.p.r. italiano dice che la bandiera non “deve toccare terra” e “non deve essere usata come drappeggio”. Una difesa del tricolore, da parte dello zelante cittadino, degna della Breccia di Porta Pia. Mi domando però perché i numerosissimi gadget in vendita online con la bandiera italiana stampata sopra, non solo vestiti delle più svariate forme (ho trovato persino un tutù), ma anche, vilipendissimo, zerbini dove pulirsi i piedi,non abbiano indispettito allo stesso modo il nostro compatriota.

 

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Una delle foto che ha scatenato l’ira dei difensori della bandiera

 

Semplice, perché non li indossa una ragazza di colore. 21 anni dopo l’ufficiale rappresentanza italiana affidata a una bellezza di origini dominicane, il nostro paese sembra regredito, e con una certa vigliaccheria. Negli anni Novanta le critiche a Denny Mendez non si nascosero dietro un “Non voglio sembrare razzista, che non sono…” (cit.), erano apertamente xenofobe, con un’ammirevole coerenza che oggi sembra scomparsa. A quanto pare non ci sono più i razzisti di una volta, probabilmente estinti da globalizzazione e cibi senza glutine.

 

Lo scandaloso vilipendio del nostro simbolo nazionale ha preceduto di due settimane uno dei momenti più alti nella storia politica italiana: la presentazione in Parlamento della legge sullo ius soli (che permetterebbe di ottenere la cittadinanza italiana ai figli di cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno UE di lungo periodo, oppure che abbiano frequentato regolarmente le nostre istituzioni scolastiche), che ha scatenato una bagarre in aula in pure stile italico. I leghisti si sono addirittura arrampicati sui banchi, e arrampicarsi, come ha puntualmente fatto notare Spinoza, costituisce il primo passo per raggiungere la posizione eretta.

 

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Leghisti in aula contro la ius soli

 

Ora i due casi sono ovviamente collegati e rivelano un punto centrale su cui bisogna fare chiarezza subito, quindi cari leghisti allacciate le cinture perché questa rivelazione potrebbe distruggere il vostro mondo fatto di pianure nebbiose e bagni nel Po: esistono italiani che non sono di origine italiana. Addirittura ci sono italiani dalla pelle nera. La nostra cultura è appunto una cultura, non un patrimonio razziale, che può essere assorbita da chiunque e allo stesso modo cambiare nel tempo.

 

La difesa dell’Italianità che sta dietro l’attacco alla ragazzina di Modena e al rifiuto della cittadinanza alle nuove generazioni di immigrati rivela una visione idealizzata e monolitica della nostra cultura che, a dirla tutta, è sempre stata una variegata e multiforme eredità di popoli diversi. Solo negli ultimi decenni, grazie alla TV, la popolazione della penisola ha iniziato a uniformarsi superando, ma solo in parte, le profonde e antichissime differenze regionali. E non parliamo del modo di cucinare le lasagne tra Milano e Palermo: la lingua italiana, ad esempio, parlata a sud di Bologna ha più punti in comune col Rumeno di quanti non ne abbia coi dialetti del Nord Italia, che al contrario sono più vicini al francese, tanto che i linguisti dividono la penisola in due con una isoglossa (confine linguistico) che corre da La Spezia a Rimini.

 

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I linguisti dividono la penisola in due con una isoglossa

 

Ebbene si, compatrioti, siamo tutti diversamente italiani. Il nostro paese è da sempre un ponte di terra al centro di un mare crocevia di culture, e proprio questo ci ha reso una grande nazione. Esempi ce ne sono talmente tanti che non finiremmo mai di elencarli. Tra i popoli che hanno chiamato patria l’Italia, e la cui cultura ha arricchito la nostra, ci sono stati, per dirne uno, gli arabi, la dinastia Aghlabida ha infatti dominato la Sicilia per secoli, e la cultura araba da lì filtrata ha fatto la grandezza del Meridione, all’epoca Greco e poi Normanno (Vichinghi che parlavano francese).

 

La lingua italiana indicata da Dante come migliore scelta per la penisola prima che vincesse il Toscano? Il siciliano della corte Sveva, monarchi tedeschi, influenzato dai provenzali (francesi del sud). E sapete perché alla fine è stato il Toscano ad affermarsi? Perché gli Etruschi, essendo immigrati giunti da oriente nella Penisola, dopo aver ottenuto la cittadinanza romana assorbirono talmente bene il Latino da conservarlo meglio degli altri popoli occidentali, anche dopo il crollo dell’Impero, sviluppando quindi un dialetto, il Fiorentino in particolare, adatto a tutti gli abitanti d’Italia. L’unica traccia delle loro origini orientali è, oggi, la c aspirata tipica dell’Asia Minore sopravvissuta nel Toscano.

 

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La c aspirata tipica dell’Asia Minore è sopravvissuta nel Toscano

 

Se cercassimo nelle nostre radici, genetiche e culturali, troveremmo greci, latini, italici, africani, arabi, germani, celti, scandinavi, slavi e albanesi. Siamo multietnici da sempre, è questa la nostra natura, siamo mediterranei, è questa la nostra ricchezza. Siamo stati migranti dalle origini fino a oggi.

 

Abbiamo figli, fratelli, persino genitori che vivono in altre parti del mondo, sposati, imparentati con altri popoli. Le nostre famiglie sono tutte diversamente italiane. Anche gli expat quando tornano a trovarci con il loro bagaglio internazionale influenzano la nostra cultura, rendendola ogni giorno più ricca e variegata. E allora ammettiamolo: se lo ‘zio d’america’ ci insegna a dire ‘coworking’ ci piace, perchè l’inglese è la lingua dei potenti, ma se una studentessa nera si definisce italiana storciamo il naso, perché nel nostro immaginario gli africani sono poveri e quindi inferiori. E chi se ne importa se gli africani Cartaginesi dominavano le isole italiane prima dei Romani. E chi se ne importa se proprio nel Novecento l’Italia invase, davvero, non con i migranti ma con i soldati, intere nazioni africane come Libia, Somalia, Etiopia ed Eritrea.

 

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Soldati italiani al termine della guerra in Etiopia

 

Come storico credo nella trasmissione dei nostri valori, che sono appunto la tolleranza, l’integrazione, l’amore per l’arte e la letteratura, la genialità scientifica, l’apertura mentale e la libertà individuale. E non vedo perché un cittadino straniero non possa apprezzarli e magari arricchirli, perché i valori sono solo parole quando non vivono attraverso le persone cui appartengono. Molte cose cambieranno in futuro, è vero, con esse anche il nostro popolo, come è già successo in passato, e sarà una sfida impegnativa. D’altronde se non avessimo un tempo accettato la sfida alla base del Risorgimento, aperto le nostre anguste frontiere regionali e accettato quelli che chiamavamo stranieri come connazionali, oggi non esisterebbe l’Italia, né tantomeno l’Europa.

 

E qui sta il paradosso di chi, come la Lega, lotta per l’italianità (dopo aver cercato di disfare l’Italia): quando rifiutano la cittadinanza a minorenni nati e cresciuti tra noi, quando denunciano una quindicenne nera perché indossa orgogliosamente il tricolore, quando se la prendono con i migranti come un tempo facevano coi ‘terroni’, negano in realtà la nostra stessa storia e, peggio ancora, una parte del nostro futuro.

 

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