Limpida la critica che il regista Andrey Konchalovskiy inserisce nella pellicola nei confronti della Russia.

A metà tra il documentario e la narrativa, Andrey Konchalovskiy confeziona la sua ultima pellicola conquistando alla 71 Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il Leone d’argento.

The Postman’s White Nights è ambientato in un villaggio sperduto nel nord della Russia chiamato Kenozero; un posto lontano dal tempo e dallo spazio al di là del fiume.
L’unico contatto tra Kenozero e il resto della civiltà è Lyokha, uno strano postino dai tratti fisiognomici molto marcati. Infatti, come di cartapesta, il suo volto appare marcato dal tempo e dalla circostante e assordante solitudine.
Mentre fuori il mondo è in continuo cambiamento, aperto al progresso e alla dinamicità degli eventi, nel piccolo villaggio nulla cambia ma soltanto invecchia.
Al di là del fiume, dove le uniche distrazioni dal quotidiano vivere sono la vodka e la televisione a raccogliere i pezzi di una cittadina annoiata, c’è Lyokha.
La macchina da presa lentamente ci accompagna, con il dovuto distacco, attraverso paesaggi mozzafiato e scorci incantati mostrandoci la routine di un uomo che più che un postino è un vero e proprio assistente sociale.
Limpida, inoltre, risulta la critica che il regista Andrey Konchalovskiy inserisce nella pellicola nei confronti del suo paese; mentre la Russia avanza senza sosta verso l’occidentalizzazione e il progresso, Kenozero rappresenta al contrario l’ultimo spiraglio di resistenza di un paese ancora illeso, puro e autentico.