Con Everything Now gli Arcade Fire escono dai canoni dell'indie per entrare in un pop già intravisto in Reflektor.

“Amore, hai sentito William?”

“No, però ho chiamato Jeremy e Sarah, stanno arrivando!”

“Régine, ti avevo detto di chiamarli tutti quanti!”

“Eh, chiamali tu Win! Non so perché hai tutta sta fretta”

“Dobbiamo registrare, Reg, RE GI STRA RE!”

“Ma perché adesso?!”

“Perché è importante.”

“Che cosa, Win?! Cosa?!”

“Questo momento.”

“Spiegati!”

“Perché è tutto ora, Reg”

Silenzio.

“Tutto ora.”

 

Sono passati 16 anni dalla loro nascita, ma, della formazione originaria, sono rimasti solo Win Butler, leader del gruppo e Régine Chassagne, moglie di Win. Dopo una serie di tensioni all’interno del gruppo e dopo l’uscita nel 2003 del loro omonimo EP Arcade Fire, la prima formazione comincia a sgretolarsi, ma la band viene subito ricomposta con nuovi membri che tuttora ne fanno parte: ecco arrivare William Butler (fratello di Win) seguito da Tim Kingsbury. Si aggiungeranno poi anche Richard Reed Parry, Jeremy Gara e Sarah Neufeld per dare vita a quello che il gruppo è stato e che è tuttora. È inutile dire i diversi ruoli e strumenti dei membri: sono tutti, nessuno escluso, polistrumentisti e nel loro suono si sente. Utilizzano tantissimi tipi di strumenti: archi, chitarre, tastiere, xilofoni, corni… everything, ed è proprio questo a renderli originali e accattivanti.

 

Everything Now 1

Gli Arcade Fire

 

L’album di debutto degli Arcade Fire Funeral esce nel 2004 ottenendo molto consenso dalla critica e anche un buon riscontro economico. Ma è con Neon Bible, uscito nel 2007, che la band comincia veramente a decollare. Infatti, il disco viene definito uno dei migliori album indie rock della storia. Arriva poi nel 2010 The Suburbs che ottiene il Grammy come Miglior Album dell’Anno ed è il primo album indipendente a ricevere questo riconoscimento.

 

Nello stesso periodo, gli Arcade Fire cominciano a sperimentare anche nei loro video musicali che, giocando con l’interattività, diventano elementi importanti per la loro originalità e aumentano la loro visibilità musicale (il video più famoso è quello di The Wilderness Downtown). In più, anche la grafica delle copertine dei loro album cattura immediatamente l’occhio, dando la voglia di ascoltarne il contenuto.

 

Esce poi Reflektor nel 2013 e con questo album la loro dedizione e attenzione anche per i videoclip dei singoli diventa fondamentale: il disco viene pubblicato in streaming accompagnato da scene del film Orfeo negro e, per la traccia omonima dell’album, realizzano addirittura un cortometraggio.

 

 

Lo scorso venerdì 28 luglio, è uscito Everything Now, composto da 13 tracce per una durata totale di 47 minuti. Se la band già ai tempi di The Suburbs stava cominciando a mettere da parte la sua sonorità indie, caratteristica fondamentale di Funeral e presente anche in maniera diversa in Reflektor, con questo album possiamo dire che l’ha definitivamente persa. Già dal terzultimo album si percepiva voglia di pop-rock e in Everything Now hanno decisamente sfogato questa voglia.

 

Everything_Now (continued) dura 46 secondi ed è un mix di voce, base musicale elettronica e percussione. Il testo apre molto bene l’album, annunciando quella che è l’idea:

 

“We’ll make it home again from everything now”.

 

C’è aria di rinnovo, no?

Everything Now è la seconda traccia e il primo singolo uscito il 31 maggio. Inizia con una tastiera molto orecchiabile che poi si fa da parte per far spazio alla voce e alla chitarra, con di sottofondo le percussioni e degli strumenti a fiato. L’insieme dà vita ad una traccia pop, dance e anche un po’ rock, che però nasconde un testo molto spinoso, che sembra traspirare invidia e molta tristezza.

 

 

C’è poi Signs of Life, uno degli episodi più dance dell’album. La voce di Win è spesso doppiata dai cori femminili di Régine che la rende molto disco anni ’80. Anche la ritmicità mette voglia di ballare, ma, come nella traccia precedente, la melodia è molto ingannevole rispetto al testo che invece parla di una ricerca disperata di segni di vita che sembrano essere introvabili.

 

Terza traccia e secondo singolo: Creature Comfort che continua sulla stessa linea a livello di narrazione, con una visione molto pessimistica della vita, allargandosi anche a quella del mondo in generale. Musicalmente si muove tra il pop e il rock con molta elettronica: le chitarre elettriche e la keytar detengono il dominio in questo brano.

In Peter Pan, la quarta traccia, torna una tastiera molto morbida, sormontata però da un basso imponente e effettato e da quello che sembra un arco completamente sconvolto dal computer. Il testo rilascia un pizzico di fiducia e amore, poco, ma vi assicuro che c’è.

 

 

Finalmente un po’ di allegria con Chemistry, brano molto sexy e provocante sia nella musica che nel testo che racconta molto bene dell’attrazione tra due persone.

Infinite Content e Infinite_Content sono praticamente la stessa identica traccia affrontata con due sonorità: la prima pop e rumorosa, la seconda romantica e dolce. Questo è uno dei momenti più significativi dell’album, dove due facce della medaglia sembrano scontrarsi, in quello che è un gioco delle parti di un mondo bipolare. E il testo ne è una riprova: 

 

“All your money is already spent on it
All your money is already spent
Infinite content”

 

Nona traccia è Electric Blue. L’ultimo singolo del disco è governato dalla voce di Régine, lavorata al computer e accompagnata da una sezione ritmica elettronica, dalla chitarra elettrica e da un paio di tastiere MIDI.

Torniamo al rock puro con Good God Damn che ha un giro di basso fantastico e una chitarra elettrica molto semplice ma potente. E il testo alterna momenti di spiritualità, parlando appunto di Dio, a momenti invece di totale tristezza in cui sembra che nella vita l’unica cosa certa sia il dover lasciare andare qualsiasi cosa. È un brano molto bello e profondo.

 

 

Put Your Money On Me è l’undicesima traccia e rientra nell’elettronica dance, toccando anche qualcosa della musica house. È una traccia notturna, da discoteca o da locali molto bui. Presentissimi sono gli archi, ben scritti e ben posizionati.

Penultimo brano è We Don’t Deserve Love e ha una sonorità molto strana. Lo slide della chitarra elettrica è vigile dall’inizio alla fine della traccia che dura ben 6 minuti e trenta secondi e che verso i due minuti e mezzo passa dal minore al maggiore, mettendo da parte (per poco) lo slide e dando spazio alla voce di Régine che fa da coro a quella di Win.

 

Ultima traccia è Everything Now (continued) che riprende la prima, allungandola e mettendoci nuovi elementi della seconda. Un passaggio infinito che si riassume in un loop efficace. Un loop 2.0 sulla società ai tempi dei social.

Come preannunciato, questo album si distacca molto dalle sonorità dei precedenti Arcade Fire, che però anche in questo genere se la cavano bene, continuando a mantenere la loro grande capacità nella composizione e nell’utilizzo di svariati strumenti musicali.

 

Everything Now 2

La copertina di Everything Now

 

Nonostante questo il concetto di fondo dell’ultimo lavoro targato AF, il tutto e subito, sembra farsi vita anche all’interno delle canzoni, con una sorta di atmosfera patinata ad accompagnarle. Meno strutturate rispetto al passato, si presentano come piccole (non) hit immediate, ma il risultato è dei migliori? Dove finisce il confine tra musica e messaggio?

Sicuramente gli Arcade Fire dimostrano di non voler più scrivere un Funeral e di voler continuare nel loro cammino mai scontato, fuggendo dalla bolla di indie rock che ormai sembra essersi indebolita. Continueranno su questa strada?

 

*****

Se ti è piaciuto questo articolo leggi anche: Cigarettes After Sex – Ci eravamo tanto amati.