Psicologia. E’ questo il termine che suscita quell’attrattiva inspiegabile, legata forse a una meta apparentemente esoterica e trascendente, che ci spinge ad addentrarci nell’ignoto.

Credo che il significato di questa potente attrazione debba essere ricercato nella sintassi della parola P S I C O L O G I A, forse munita di una forma in cui la gente inceppa a causa della disinformazione, e si impantana nel pensiero di poter controllare se stessi e la mente umana.

In realtà a questa credenza fui raddrizzato alla prima lezione, quando il prof tuonò: “Non pensate di venire qui per lavorare su voi stessi o plagiare il libero arbitrio perché questa non è “una settimana da Dio” e io non sono Jim Carrey”, lasciando che l’ultima frase evaporasse dalla parte concava delle sue ascelle, ormai “annegate” nel drammatico inizio di un nuovo anno, come ogni anno, da rincorsa per una cattedra fissa. In realtà il testuale discorso mi fu presentato più tardi. Io percepii solo alcune parole; la mia mente proprio non ne voleva sapere di sentirsi schiava di un nuovo inizio e aveva pensato di proiettarmi sulla retina un bel filmino riguardante l’estate. Il tutto sembrava così reale che mi misi a mio agio distendendo le gambe sulla sedia davanti che scricchiolò quel tanto da far interrompere il videoproiettore sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il che mi riportò nell’incertezza di essere di nuovo io. Che poi io chi ero?

C’era un gran trambusto di voci e mugolii, eppure la mia attenzione selezionò alcune parole per lei importanti e tolse le negazioni, creando una bomba atomica di misunderstanding in cui risultarono importanti solo “una settimana da Dio” e Jim Carrey.

I miei occhi si sbarrarono, la testa rimbombava forte, eccitata dai brividi sulla schiena che sfrecciavano come Hotwheels sulle note della canzone “I’ve Got The Power”. Ero esaltato, mi sentivo illuminato. La sensazione di sbandamento teneva a bada le mille domande, mentre la ferrea volontà di poter scalare la cima e cibarmi di tutto quel mondo era anchilosata dal terrore di non sapere se la mia sensibilità si sarebbe ritorta contro, senza potermi difendere. Non mi ricordo quanto questo chiasmo di forze rimase in equilibrio, ma ricordo molto bene quando non potetti fare nulla, e fu come se una cannonata mi partisse dal ventre. E mi vidi di fronte. Mi vidi chiedermi se potevo aver scelto la strada giusta, se davvero avrei capito i principi dell’arte cinestetica e della prossemica grazie, in qualche modo, anche a Jim Carrey.

A quel punto capii che il chiasmo di prima non aveva retto ed ero già in viaggio.

Mi addentrai nella morfologia della stessa parola “Psicologia” e respirai la polvere di un periodo remoto, diverso, che mi allontanò da Jim Carrey e dal pensiero di poter essere solo contro qualcosa di troppo grande. Fu tautologico che era necessario tuffarsi all’interno della semantica e promuovermi fumettista di un mondo sottostante. Un mondo che ha la forma di iceberg con le sembianze della teologia Dantesca…

Il logos della psychè, lo studio dell’anima.

Questo è il vero focus della Psicologia. Uno studio costantemente intonato da colonne sonore imprevedibili e un clima monsonico, prodotto dall’eterno scontro tra Eros e Thanatos: l’Amore che vuole la vita e la Morte che fagocita distruzione, delezione, ma che da all’uomo la pace dai tormenti vitali.

Questa contrapposizione intreccia tutte le forme di arte e scienza che tutt’oggi collaborano per andare oltre, oltre la domanda: “Che ci facciamo qui? Siamo davvero stati assemblati per vedere tutta la serie di Beautiful sul 5 fino alla fine?”.

Le varie epoche hanno smembrato la suddetta scienza in mille piccole visioni, ognuna influenzata dal determinato periodo storico, ma tutte concernenti il mantenimento dell’equilibrio mentale. Un equilibrio precario, che viene continuamente vituperato dal pericoloso mondo delle pulsioni. Quest’ultime spingono per fare capolino nella nostra essenza e combattono ogni momento per emergere nel mondo e renderci animali.

Siamo pedine con capacità illusorie, che vivono assaporando l’incertezza. La stessa incertezza dell’acqua che sgorga tra le mani.

Siamo predestinati a sottostare alle leggi della natura? E se avessero ragione Foscolo e Leopardi? Che la vita è nella felicità dell’illusione? Una felicità repentina ma irraggiungibile per essenza e per durata che fa da mediatore tra dolore e dolore. Ma allora che senso avrebbe tutta la fatica di Dante, paladino di un giro incredibile per discolpare l’umanità intera? Che senso avrebbero Giordano Bruno e Socrate, vissuti in epoche talmente diverse, eppure entrambi martiri per le loro idee, inadatte al periodo? Che senso hanno avuto gli studi dei giusnaturalisti per trovare una giusta interpretazione alla convivenza e alla ricerca di regole per un equilibrio sociale, bombardato dalle guerre?

Ecco che la psicologia si erge come strumento, come portavoce di risposte scientifiche e non che piano piano inondano la nostra inconsistenza, sottomessa dal pensiero di godere ogni momento come fosse l’ultimo. Carpe diem.