Ecco la storia di Ryszard Kapuscinski, l'ultimo reporter della storia.

Ryszard Kapuscinski, nato a Pinsk nel 1932 e scomparso nel 2007 a Varsavia, è stato l’ultimo reporter della storia. O almeno così viene definito da molti, poiché sembra che dopo di lui (insieme a Tiziano Terzani), nessuno abbia mai più raggiunto quella capacità di raccontare gli accadimenti con una tale immersione e un profondo superamento dei propri limiti.

 

Kapuscinski, autore di alcune opere importanti come In viaggio con Erodoto o Ebano ha sempre raccontato nei suoi libri l’alterità, ovvero quell’altro come aspetto che alberga più in là della nostra conoscenza superficiale e scolastica, e che risplende nel desiderio che un vero reporter prova ad oltrepassare le frontiere, di qualunque tipo esse siano: geografiche, sociali e culturali.

Kapuscinski ha tessuto le tele della storia, (nel senso originario del termine, il cui significato è ‘indagine’), raccontandoci una cronaca che ha assunto una dimensione diversa, perché la narrazione dei suoi racconti di viaggio è stata un vero e proprio atto d’amore verso la scoperta. Nel momento in cui entrava in contatto con un paese straniero, ne descriveva la sua anima, ovvero la sua struttura portante, parlandoci di cultura, usanze, religioni, ma anche e soprattutto di lingua e di linguaggio universale, quello che a lui stesso ha permesso di concepire la bellezza della differenza. Infatti, il grande storico e reporter polacco è stato in grado di farci scoprire l’umiltà entrando in contatto con mondi nuovi. “Sì, perché il mondo insegna l’umiltà”, affermava nel suo libro In viaggio con Erodoto.

 

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“Il mondo insegna l’umiltà”

 

L’umiltà di doversi mettere nei panni altrui, di dover dimenticare per un attimo le proprie consuetudini e di immergersi in profondità nei luoghi con il rispetto di chi osserva per capire e non per sentenziare.

Kapuscinski ci parla spesso dell’enorme connessione tra ciò che osserviamo e ciò che sappiamo dire a parole, ovvero, ciò che sappiamo nominare. Molto spesso, infatti, durante i suoi viaggi, si accorgeva di come, nonostante non parlasse la lingua del posto, ricordava di aver visto solo quello che sapeva nominare. Insomma, comprese che quante più parole riuscisse ad apprendere durante i suoi viaggi, tanto più il mondo gli si sarebbe aperto davanti agli occhi in tutta la sua pienezza.

 

La lingua diventa, dunque, un mezzo non solo per comunicare, ma anche per inoltrarsi nell’altro e comprenderlo. L’alterità è tutto ciò che comincia dove inizia proprio questa spinta e questa voglia di comprendere e di capire.

“Ogni volta che l’uomo si è incontrato con l’altro ha sempre avuto davanti a sé tre possibilità di scelta: fargli guerra, isolarsi dietro a un muro o stabilire un dialogo (…). L’esperienza di tanti anni trascorsi in mezzo agli altri paesi lontani mi insegna che la benevolenza nei loro confronti è l’unico atteggiamento capace di far vibrare la corda dell’umanità” (L’altro, Ryszard Kapuscinski).

 

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Ryszard Kapuscinski con dei soldati in Angola, 1975

 

Kapuscinski ci presenta l’altro come un aspetto che appare nelle nostre vite come un incontro: persino una persona che conosciamo da tanto tempo può essere partecipe di un incontro assolutamente inaspettato. Avvicinarci all’altro, secondo il reporter polacco, è sempre una scoperta unica. In viaggio con Erodoto, lo scrittore omaggia il grande storico greco vissuto più di duemilacinquecento anni fa e che, come lui, viaggiava perché voleva conoscere l’altro, poiché considerava questo altro come un qualcuno. Erodoto è stato il primo vero e proprio reporter della storia, perché viaggiava non per colonizzare o per conquistare ma per conoscere se stesso. La grande scoperta che Kapuscinski intraprende attraverso lo storico greco di Alicarnasso è,infatti, che  solo misurandosi con gli altri si può arrivare a comprendere la propria essenza.

 

Questo tipo di approccio sarà interrotto durante la maggior parte delle tappe della storia, macchiate da colonizzazioni, guerre e devastazioni, fino a ritrovare un vero e proprio consolidarsi dell’idea di viaggio come conoscenza nell’epoca dell’Illuminismo, quando l’uomo inizia a creare mappe geografiche per conoscere il mondo solo e soltanto per  curiosità.

L’Illuminismo è considerato da Kapuscinski come la porta verso l’era moderna, ovvero l’entrata nella vera alterità. È molto interessante un aspetto che però egli stesso sottolinea: ovvero che l’altro con cui abbiamo a che fare oggi durante i nostri viaggi di scoperta è un altro ibrido, prodotto di una cultura urbana appunto ibridata, ossia quella delle grandi città dell’Africa o dell’America latina, ad esempio,“eredi di due mondi in contrasto tra loro”.

 

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Solo misurandosi con gli altri si può arrivare a comprendere la propria essenza

 

È certo che col tempo Kapuscinski afferma che si è passati ad uno stadio successivo a quello dell’Illuminismo, ovvero quello in cui non dobbiamo considerare solo l’altro come un altro uguale a noi, ma noi stessi siamo l’altro. Quest’importante concetto è ribadito in tutta l’opera del grande reporter polacco, tant’è che diventa il pensiero su cui costruisce i suoi viaggi, paragonandoli a quelli del suo grande maestro Erodoto.

 

La spinta verso l’alterità è data a Kapuscinski, così come a Erodoto, dalle domande più semplici ed innocenti che può farsi un bambino, come ad esempio: “Da dove vengono e dove vanno le barche?” oppure “Cosa c’è dopo l’orizzonte?”, insomma quelle questioni che ingenuamente ci portano alla curiosità di sapere e di aprire un varco reale nella nostra immaginazione per scoprire realtà a noi sconosciute.

Attraverso il viaggio intrapreso grazie alla curiosità delle domande che si generano nelle nostre menti di bambini, l’essere umano, che di natura, secondo Kapuscinski, è diventato sedentario, sviluppa il senso dell’esplorare altri mondi, altri individui, altre forme di percepire la vita. L’incontro sarà la base dello scambio e lo scambio è la vera scoperta dell’altro, che siamo noi, appunto da un’altra prospettiva. 

 

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Lo scambio è la vera scoperta dell’altro

 

Kapuscinski, inoltre, afferma che nell’era moderna, grazie anche ai sistemi politici ‘democratici’ in cui viviamo in Europa ci sono stati numerosissimi flussi migratori che lui stesso attribuisce a due diversi fattori: alla rivoluzione elettronica in atto che ha accorciato le distanze; e “all’approfondirsi delle disuguaglianze nel mondo, e soprattutto alla consapevolezza delle disuguaglianze. Differenze che oggi i più poveri cercano di diminuire e di livellare non attraverso il confronto ma infiltrandosi nelle regioni e nei paesi più benestanti” (L’altro, Kapuscinski). Tutto ciò permette un enorme aumento dei contatti e degli incontri interpersonali che, a seconda della qualità in cui si sviluppano all’interno dei rapporti relazionali, elaborerà il clima del mondo in cui viviamo e vivremo in futuro.

 

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