La frenetica corsa beat sulla Strada infinita dell'America di Kerouac.

Nella Cina dei Ming, Wu Cheng’en trasforma l’epopea del viaggio circolare in esegesi storica del buddismo indiano; nell’Europa romantica, Goethe pontifica la wanderungen; secoli prima nella Grecia omerica aedi itineranti appassionavano con i racconti di un eroe che impiegò un ventennio per ritornare a casa.         
Dall’America di metà ‘900, un febbricitante Jack Kerouac scrive in poche notti d’insonnia Sulla strada, una delle più atipiche testimonianze del movimento fisico e metafisico dell’uomo moderno, ambizioso progetto autobiografico e sintesi cumulativa del dinamismo incontrollato di quegli anni di trasformazione etica e sociale.

 

Prima di essere un fenomeno editoriale di portata globale – Fernanda Pivano lo predisse in tempi non sospetti – Sulla strada (1957) è movimento e motivazione dello spostamento. È il contenitore di cuori disadattati che oscillano tra la condivisione e l’abbandono, nella progressiva scoperta di anime ricche ma sconvolte che occupano un posto di responsabilità in apparenza in grado di stonare con la loro irrequietezza.

Kerouac ostenta un continuo calcare la strada instillando in personaggi allucinati la fiducia di poterne controllare l’andamento, persuadendoli a non cedere ad un automatismo impulsivo che avrebbe portato alla deriva.

 

Sulla strada 1

On the road map

 

L’esistenza di Sal Paradise, il Kerouac cartaceo, si snoda rapsodica lungo gli stradoni polverosi di un’America che accoglie folli solitari in gruppi serrati da legami sorti assecondando comuni scelte di vita. Nella ricchezza della narrazione vi è spazio anche per dinamiche meno salde, volitive nella loro durata limitata: gli amori improvvisi, le amicizie di passaggio, le decisioni lavorative, le intenzioni di vita. Utili solo a riempire il momento e ad evitare un nuovo cammino senza meta. Ma poi gli amori finiscono, i desideri non vengono rinnovati, i lavori annoiano per la ripetitività e le responsabilità disattese, i legami vitali implodono dopo aver resistito quel tanto per non soccombere al primo vagito. La rottura spinge nuovamente alla strada, ancora eletta giudice dell’agire, immediata a riequilibrare la sostanza altrimenti destinata all’oblio di Sal che vaga nei vicoli bui delle metropoli del Sud, da New Orleans a San Francisco, ubriaco di grezzo jazz scambiato per melodia celestiale – il jazz aggrega, fonde gli animi sotto la luce di un palcoscenico.

 

Poi riappare l’amico fraterno e le sue proposte non ammettono rifiuto e di nuovo sfrecciano alla volta di un obiettivo inconsistente, tacitamente consapevoli di inseguire un sogno che l’asfalto non potrà mostrare. Ma il sospetto condiviso è che altro non c’è da fare: come avrebbe cantato qualche anno dopo Ray Charles, «hit the road Jack!».

“E per un istante raggiunsi l’estasi che avevo sempre desiderato conoscere: consisteva nell’entrare di netto nelle ombre eterne superando il tempo cronologico e nell’osservare stupefatto da lontano lo squallore del regno mortale, nella sensazione delle morte che mi incalzava spingendomi ad andare avanti, con un fantasma alle spalle che la incalzava a sua volta, e correvo verso un trampolino dal quale si tuffano gli angeli per volare nello spazio sacro del vuoto della non-creazione, nel potente e inconcepibile fulgore che si sprigionava dalla luminosa Essenza della Mente, con gli innumerevoli regni dell’oblio che si aprivano nel magico firmamento del paradiso.”

 

L’America che Kerouac dipinge è quella degli dei musicisti che scendono dalle loro postazioni avvolte da luce soffusa e bevono amabilmente con giovani elettrizzati che s’incontrano e si amano per lo spazio di una sera con ragazze pionieristiche dai lunghi e svolazzanti pantaloni.

Ci sono gli stati del Sud sorretti da una povertà fatiscente e popolati da famiglie che riciclano la vita come quella dello spazio domestico costruito a fatica con i risparmi di umili lavori sottopagati. È il debito di un’economia sbilanciata che quando non costringe al furto vincola con prestiti mortali, scommesse azzardate e suppliche impudiche. La rivalsa forzata dell’essenziale è l’atto di comunione dei personaggi di Kerouac: se mostrati, si può esser certi che condivideranno la povertà delle abitudini, diversificate ma pur sempre poche e ripetitive.

 

Sulla strada 2

William S. Burroughs e Jack Kerouac

 

Accanto a William Burroughs (Old Bull Lee) c’è l’ombra di Allen Ginsberg, proiettata dai piedi del per nulla casuale Carlo Marx, che si abbandona per ore al dialogo ascetico convinto di poter padroneggiare i meccanismi di fusione col cosmo e condividerli con l’amico Dean Moriarty, al secolo Neal Cassady. Per lunghi tratti, più lunghi dei brevi capitoli delle cinque parti del romanzo, si ha l’impressione che sia lui il protagonista, poiché oggetto del desiderio fortemente ricercato dalla voce narrante. Sal si affida a Dean dopo che questo, abbandonato da un padre sempre assente, dà inizio ad una ricerca astratta. Sordo ai consigli di compagni rinsaviti che hanno rinnegato la frenesia di una vita inconcludente bruciata nelle feste in notturna in canyon silenziosi, Sal capovolge i criteri del giudizio e scopre nell’amico ferito e osteggiato il paradigma da seguire per interpretare una vita per certi aspetti ingannevole e fatta di progettualità scarna. Dean possiede le coordinate per la fuga dalla morte di una prassi asfissiante e ne dissemina le tracce lungo la vernice intermittente della strada che Sal costeggia.

 

Per Sal, Dean non sbaglia mai. Se è nel torto, abbaglia di una luce idolatrica che convince del contrario. La perdizione e la predilezione esercitata da Dean su Sal ne originano una deformazione caratteriale che occulta i sospetti con i quali il ragazzo era solito introdursi a nuove relazioni. La paura dell’inganno è un rischio sempre riaffiorante nei legami costruiti con apparente semplicità da Sal. Lo è persino quando il desiderio ne ha ammutolito l’apparire più sfacciato accondiscendendo ad un amore sbocciato per poco in motel da pochi soldi. Terry (Beatrice Kozera), la giovane che accoglie Sal nel suo grembo di fuga, conteggia non vista i giorni che la separano dall’abbandono intuito da entrambi ma vissuto con compunto rispetto e assenza di pianto, reazione consona ai giovani che durante la presidenza Truman hanno appreso lo stato di passaggio da un affetto all’altro per sopperire alle perdite degli ultimi strascichi del secondo conflitto mondiale. La promessa è di ritrovarsi prima o poi, magari a New York, ma la sobrietà della proposta lascia intendere che l’impegno verbale è soltanto un arrivederci di circostanza pronunciato per rendere meno palese la farsa di quell’amore spacciato come eterno.

 

sulla strada 3

Neal Cassady e Jack Kerouac

 

L’abbondante assunzione di alcool e l’assuefazione alle droghe sono i costituenti dominanti del background sensoriale di Sulla strada, il beat di quella generation che pulsa nelle sue pagine e che verrà sublimato nel misticismo arcano di una vitalità spirituale che inonderà l’animo di una dissennata e inibita spontaneità. La descrizione degli effetti allucinatori, che avvicina Kerouac alle relazioni scientifico-letterarie di Théophile Gautier (si legga il breve racconto Il club dei mangiatori di hascisc del 1846), è sfruttata come condizione di giustifica di raptus improvvisi o dissociazioni momentanee di personaggi che piombano volutamente in un abisso di frenesia. La condizione comune di alterazione sensoriale è presupposto di fiducia tra gli individui che si riconoscono parte di una grande famiglia per le mancate intenzioni alla disintossicazione. Il ricorso a sostanze d’alterazione psicofisica non è conseguito però come fuga dal momento contingente bensì come suo amplificatore: l’interesse ai discorsi è più vivido, l’attrattiva del contatto con gente mal sopportata è risanata e la monotonia del movimento urbano più imprevedibile.

 

In ogni città toccata da Sal e Dean, dalla costa ovest alla costa est, ci sono radici d’affetto. La voglia di ritrovare un amico o una donna lasciati per un capriccio notturno bastano ai due per progettare viaggi a lungo termine. Viene addirittura vagheggiata una visita in Italia, destinata a rimanere miraggio su uno sfondo d’inconcludenza.

Se nelle avventure metropolitane Dean si barcamena con una certa agilità tra amanti consenzienti al tradimento, Sal non riesce a sovrapporre amori distinti, nonostante più volte ne abbia dichiarato il desiderio. La regolarità dell’affetto, per quanto inserito in una cornice di sregolatezza, è il solo movente del sentimentalismo di Sal; il concedersi appieno, poco per volta, ad una alla volta, è la prassi inviolabile del suo credo amoroso.

“Io attaccai discorso con una stupenda ragazza di campagna; indossava una camicetta di cotone con una scollatura che lasciava vedere la magnifica abbronzatura dei seni. Era noiosa. Parlava delle serate in campagna passate a fare i pop-corn sulla veranda. Un tempo una storia come quelle mi avrebbe riscaldato il cuore, ma dato che il suo, di cuore, non era caldo mentre la raccontava, sapevo che non c’era niente in quella storia oltre all’idea di una vita obbligata. […] I suoi grandi occhi scuri mi scrutavano vuoti con l’ombra di un dolore nel sangue, un dolore che risaliva a generazioni addietro per non aver mai fatto quello che si doveva assolutamente fare, qualunque cosa fosse, e tutti sanno cos’è.”

 

sulla strada 4

12 sfumature di Jack Kerouac

 

Il triste disfacimento di Dean stride con la lucidità finale di Sal, testimone immobile dell’annullarsi dell’amico. Ma la realtà è che la decisione di porre fine al movimento, di accettare la consuetudine di una vita di convenienza, è il soccorso commosso che Sal porge con sincera compostezza a Dean. Solo fermandosi dopo l’incedere vorticoso Sal può tributare l’omaggio fraterno all’amico Moriarty, tramandando nel ricordo perpetuo la sua ricerca irrefrenabile di un prezioso segreto covato dolcemente lungo le strade d’America.

“«Qual è la tua strada, amico?… La strada del santo, la strada del pazzo, la strada dell’arcobaleno, la strada del pesce piccolo, una strada qualunque. È una strada che porta chiunque dovunque comunque. Chi dove come?» Annuimmo nella pioggia.”

 

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