Gist Is degli Adult Jazz si candida ad essere uno dei capisaldi art pop dell'anno.

Ogni anno, all’interno dell’aggrovigliato macrocosmo dell’art pop che cresce esponenzialmente con il passare del tempo formando un magma musicale talvolta omogeneo, fuoriesce un piccolo sprazzo di luce, un bagliore solare spontaneo e sincero che non puzza di soldi e marketing come tutto il resto. E fortunatamente, direi, visto che sono queste scorze di luminosità ad insediarsi nei nostri cuori e a farci andare avanti, a farci continuare a pulsare musica in un panorama altrimenti dominato dalla mediocrità. E quest’anno a farlo sono quattro ragazzi provenienti da Leeds, che si fanno chiamare Adult Jazz. In una stagione che, dopo molto tempo, torna ad essere comandata a mio avviso dal Rock (anche leggermente incazzato, vedi gli albulm dei Parquet Courts e degli Shellac su tutti),  loro sono l’unico gruppo art-pop che può entrare di diritto in un’ipotetica top 10 del 2014, surclassando Alt-J e compagnia bella. E lo fanno con una semplicità agghiacciante. Le loro canzoni hanno il coraggio di osare e di fuoriuscire  dal classico schema canzone che ormai ci infesta, costringendoci ad ascoltare per intero ogni loro brano. Perché da un secondo all’altro può succedere sempre qualcosa di magnifico all’interno delle loro composizioni, qualcosa che appare improvvisamente e che cambia tutto quello che abbiamo sentito fino a quel secondo rendendo ogni traccia un piccolo gioiello. La dimostrazione che sono i dettagli, a fare la differenza, nella musica come nella vita. Dettagli da scovare come tesori, da inseguire, da cullare. Dettagli talvolta minimali (ricordando lontanamente la semplicità malinconica delle Marine Girls e di molti gruppi che a cavallo tra gli anni 80 e 90 hanno influenzato segretamente centinaia di gruppi), talvolta estremamente complessi, tanto da rendere il loro lavoro qualcosa di veramente artistico, tanto che viene quasi voglia di eliminare il suffisso pop a favore dell’art. Certo, gli Adult Jazz prendono vita anche da molti gruppi osannati degli ultimi anni, come Alt-J, Wild Beasts etc. Ma gli danno una piccola lezione di musica (specialmente ai primi confrontando i due album usciti nel giro di un mese), inserendo all’interno di  “Gist Is” (già, dimenticavo, questo è il titolo dell’album) elementi jazzy e world music mischiati ad elettronica che impreziosiscono l’ascolto rendendolo dinamico e, appunto, sincero.

 

Adult_Jazz_site

 

Non resta altro che parlare delle canzoni, ma lo voglio fare a modo mio, cioè descrivendo quei piccoli dettagli che sono all’interno di ogni canzone, dettagli che rendono il lavoro degli Adult Jazz estremamente complesso e stimolante, perché ognuno può vederne altri a seconda dei suoi gusti. Sorprese che spesso vengono inserite al termine delle canzoni, e che permettono un analisi quasi anatomica dell’album (tanto da costringermi anche ad inserire il minutaggio delle mie parti preferite in alcuni casi). Come in “Hum”, che dopo un’introduzione mantrica a suon di organi e fiati sintetizzati cambia marcia verso il minuto 3.40 per trasportarci in un viaggio fatto di batterie ipnotiche. Le radici jazz si percepiscono immediatamente nella successiva “Am Gone”, con il cantato scat di Harry Burgess (voce del gruppo come avrete capito) e le atmosfere chill a immedesimarci all’interno delle note. “Springful”, inizialmente la canzone più vicina ai gruppi pop sopra citati, spicca il volo dai due minuti in poi, con reverse psichedelici, sample electro e una batteria schizofrenica. Le sorprese continuano con i successivi falsetti di “Donne Tongue”, che dopo tre minuti si tramuta in una ballata straniante e disorientante per collassare su se stessa negli ultimi (magnifici) 40 secondi attraversati da una chitarra da pelle d’oca. “Pigeon Skulls” percorre strade più intime, quasi pastorali, in cui di tanto in tanto appare un synth malinconico  a farla da padrone. Siamo appena arrivati a metà album e pensiamo immediatamente alla fantasia degli Adult Jazz. Una fantasia quasi infantile da quanto è potente, ma che suona maledettamente matura. Poi riparte l’ascolto e ci troviamo di fronte allo spartiacque del disco. La lunghissima “Spook” (quasi 10 minuti) ripercorre la struttura di “Hum”, partendo lenta per poi terminare in un apoteosi di trombe e campane. La tensione sale con “Idiot Mantra”, episodio più movimentato e psichedelico dell’album, che verso i 2 minuti e 40 si tramuta quasi in un house psicopatica per alcuni secondi, per poi riavvolgersi sul climax originario della canzone. “Be a Girl” ricorda degli Animal Collective in versione jazz, anch’essa mutando incredibilmente da metà in poi. La chiusura, è una di quelle chiusure col botto. Difatti tutto finisce con “Bonedigger”, probabilmente il brano più bello dell’album. Un ritornello che dimenticherete difficilmente, la tromba che attraversa l’intera canzone donandogli un clima surreale e, specialmente,  il minuto più intenso del loro lavoro (da 4.51 in poi), che mi fa concludere l’ascolto di questa perla con le lacrime agli occhi. Chapeau.

Da ascoltare e riascoltare per cercare di carpire ogni sua piccola sfumatura, Gist Is si candida ad essere uno dei capisaldi dell’art pop (sicuramente l’esordio dell’anno), sperando che i nostri quattro inglesi non perdano la loro innocenza, cominciando a puzzare di soldi come molti e non di musica.