L’umiltà, la fiducia nel prossimo, il rispetto di una filosofia, lo scommettere sul futuro sono i primi valori di Aung San Suu Kyi.

“Ti allacci la cintura. L’aereo sta atterrando. Volare è il contrario del viaggio: attraversi una discontinuità dello spazio, sparisci nel vuoto, accetti di non essere in nessun luogo per una durata che è anch’essa una specie di vuoto nel tempo; poi riappari, in un luogo e in un momento senza rapporto col dove e col quando in cui eri sparito. Intanto cosa fai? Come occupi quest’assenza tua dal mondo e del mondo da te?”.

 

Avevo in testa queste parole di Calvino (da ‘Se Una Notte D’Inverno Un Viaggiatore’) quando sorvolavo le terre e gli spazi che mi dividevano dalla mia meta: il ritorno a Roma e poi a casa. Un tempo, sull’abbonamento della metropolitana di Londra, c’era scritto che “il viaggio è una lunga strada verso casa”. Ripenso anche a questo. La distanza valorizza ciò che hai. La certezza delle tue radici. Parti povero e torni ricco. Non si parla di denaro. Si parla di spirito. Lo spirito soffrendo, emozionandosi, godendo, sfidandosi torna più ricco. E così su quell’aereo ripensavo alle memorabili esperienze vissute. Ripensavo in particolare ad una su tutte, che mi ha reso spiritualmente miliardario.

 

Ero in Birmania, la terra delle mille pagode, terra di buddhismo, terra di antiche tradizioni e di colori ma anche terra di corruzione e dittatura, terra di produzione massiccia di droga; terra dai molti volti insomma. Nel solito perdersi per la città nel tentativo di coglierne l’essenza, io e il mio temporaneo compagno di viaggio ci imbattemmo nella sede della National League for Democracy (NLD). Spinti dalla curiosità verso tutto e da un più specifico interesse legato agli studi del mio amico, ci decidemmo a bussare alla porta. La NLD è il partito birmano di opposizione. Sebbene sia nato nel 1988, la dittatura militare che ha spadroneggiato in Birmania nell’ultimo ventennio lo ha reso un fantasma. Il principale nome che si accosta a tale partito è quello di Aung San Suu Kyi, tra i leader carismatici di questo e premio Nobel per la pace nel 1991. Aung San Suu Kyi è il volto della lotta (birmana e non solo) per la democrazia. E, dopo circa 15 anni di arresto (che oltre al rispetto mondiale le sono valsi altri premi che ha destinato alla sua nazione), è riuscita ad ottenere quello per cui si è sempre battuta: l’avviamento di un processo di democratizzazione del suo stato. Ascoltavo il mio amico mentre mi forniva queste ed altre informazioni sulla Birmania quando lo scricchiolare della porta mal oliata interruppe la nostra conversazione. Era il segnale che una nuova avventura stava per iniziare.

 

In camicia bianca e jeans un uomo sulla quarantina (che poi scoprimmo essere un dentista) ci accolse con diffidenza. “Chi siete? Giornalisti? In ogni caso il direttore non c’è, è a giocare a golf (paese che vai stesse ‘usanze’ che trovi, pensai..)”. Al nostro rispondergli che eravamo viaggiatori e studenti curiosi, i suoi occhi si fecero meno circospetti. Temporeggiando qualche altro secondo per produrre una risposta efficace, ci chiese cosa volevamo. Fu sorprendente come il suo viso cambiò ancora, sciogliendosi in una espressione amichevole, quasi fraterna, quando gli dicemmo cosa cercavamo. Non ci interessava dell’assenza del capo, volevamo passare del tempo con loro, se ne avevano, per fare delle domande sulla Birmania, sulla loro storia, su Aung San Suu Kyi.

 

Aung San Suu Kyi 1

Aung San Suu Kyi, leader birmano che lotta per la democrazia

 

Fu in particolare l’ultimo dei nostri interessi a convincere definitivamente il dentista. In quattro e quattrotto, chiamò altri due colleghi e in un tempo ancor più breve eravamo seduti sotto il tetto di un ristorantino nei pressi della sede. Delle zuppe di verdure e riso insieme alle immancabili birre velocemente arrivarono sulla tavola. Non tutti parlavano inglese. A dir la verità solo il dentista lo parlava. Ma tutti avevano una lingua franca: il nome di Aung San Suu Kyi. Così, dopo un paio d’ore, ce ne andammo portando con noi un libro sul buddhismo e un’idea completamente nuova su che cosa è un leader.

 

Quelle persone amano il loro leader. Credono nel suo progetto e sono convinti che la Birmania riuscirà a risolvere le sue contraddizioni e diventare grande (tra l’altro, se si avesse spazio per perdersi tra noiosi numeri e statistiche, si potrebbe vedere come questo sia, in un termine non breve, uno scenario realizzabile). L’umiltà, la fiducia nel prossimo, il rispetto di una filosofia, lo scommettere sul futuro (e quindi sulle nuove generazioni) sono i primi valori che mi tornano alla mente quando rievoco quell’esperienza. La storia di questa donna, le sue dimostrazioni di coraggio e la sua meticolosa dedizione alla causa, sono state recepite dal suo popolo come un messaggio di ottimismo e qualcosa si sta effettivamente muovendo. Pensai, che nei miei anni di vita non avevo mai avuto la fortuna di provare quei sentimenti nei confronti di un leader politico. Pensai romanticamente quanto l’Italia avrebbe avuto bisogno di una figura di questo tipo. Poco prima di sganciarmi la cintura e dopo il ridicolo applauso di rito che viene indirizzato al pilota quando porta l’aeromotore a terra, pensai a “Il Principe” di Machiavelli. Se avesse vissuto il mio pranzo avrebbe probabilmente scritto ‘La Principessa’.

 

Pensavo di consigliare un film questa settimana. Il ‘Caimano’ mi sembrava in tema ma una conversazione con un caro amico mi ha fatto poi decidere per un consiglio più sofisticato. ‘Il Divo’, di Paolo Sorrentino. Buona visione.