La grande bellezza porta in scena la vacuità del mondo.

È da poco diffusa la notizia che La grande bellezza, nuovo film di Paolo Sorrentino, è stato scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar quale miglior film straniero. Dopo una prima visione ci troviamo disorientati, pensiamo che quello che abbiamo visto sia un bel prodotto ma che manchi di qualcosa. Dopo una seconda visione i puntini iniziano ad unirsi e tante delle sfumature che ci erano sfuggite cominciano a delinearsi e a prendere forma; con l’accendersi delle luci rimaniamo interdetti, commossi e un senso di grande bellezza ci assale, proprio come nel film il fascino di Roma colpisce il turista asiatico che non riuscendo a contenerlo crolla in preda ad un malore.

Rimaniamo a guardare i titoli di coda come ipnotizzati da quella suggestione, la grande bellezza.

 

Sorrentino prende a pretesto un microcosmo composto da galleristi d’arte, nobili decaduti, direttori di prestigiose riviste, maschere al botulino, ricchi e arricchiti di ogni specie per una riflessione assai più ampia. La grande bellezza non è un film su Roma e sull’Italia e sopratutto non è un film per il quale dobbiamo scomodare il grande maestro Federico Fellini. Non che questi riferimenti siano inesatti, ma Sorrentino dà al suo film un carattere universale.

 

Se ci distacchiamo per un attimo dai piccoli provincialismi italiani, chiudendo gli occhi possiamo vedere la rappresentazione dello squallore quotidiano intriso di vacuità, la rincorsa forsennata a quell’apparire che ormai dilaga in tutto il mondo, le continue bugie per evitare di ferirci ancor di più; e dentro questo vortice di mondanità si aggira l’antieroe Jep Gambardella (Toni Servillo), re dei mondani, come si proclama in uno dei tanti monologhi interiori, circondato sempre da centinaia di persone ma allo stesso tempo solo come l’eremita che sta sulla montagna.

 

La grande bellezza 1

Toni Servillo è il Jep Gambardella de La grande bellezza

 

Jep, napoletano con mille aspettative, parte in giovane età per quella Roma che tanto promette ma poco mantiene. Durante la sua ricerca di quella purezza – che scoprirà non esistere – lascia, un po’ per superbia e un po’ per pigrizia, che il vuoto della chiacchiera e della mondanità anestetizzi il suo cuore dolente facendolo diventare indifferente e impermeabile a tutto, perfino alla tanto amata scrittura.

 

L’unica bellezza che sembra intravedere è quella lontana centinaia di chilometri, decine di anni, la grande bellezza che ormai alberga solo nei suoi ricordi: il mare, il primo amore che non ritornerà più, quella spensieratezza che appartiene a un’epoca passata, sotterrata da bugie, cinismo, scopate e feste con persone che fingono di stare bene ma, come dice Jep, i trenini delle loro feste sono i più belli d’Italia proprio perché non vanno da nessuna parte. Ma poi incontrerà Ramona, spogliarellista a fine carriera che gli dirà quel “Volemose bene” che ci fa pensare a due anime sole, due anime disincantate che uniranno le loro solitudini senza nemmeno il bisogno di toccarsi. Ma la morte, cinica e spietata, gli sottrarrà Ramona poco dopo, strappandogli di dosso quel bagliore di pace che sembrava aver ritrovato accanto alla ragazza, immaginando, insieme alla donna, un mare placido sul soffitto che placa per un momento le sue paure e le brutture della sua esistenza quotidiana.

 

In questa Roma decadente e decaduta c’è anche molto di sacro, una santità perduta, profanata da tutti noi, perché guardando il film di Paolo Sorrentino, dobbiamo farci forza e riconoscere i vizi, le oscenità, i difetti, il ridicolo che è in tutti noi, le sconfitte dell’animo, e da lì ingoiare il boccone amaro, rialzarci e ripartire dalle “radici” per raccontarci la verità che tanto ci appartiene.

 

Jep alla fine del film ci confida quasi timidamente il suo mondo e il nostro in un monologo che lascia gli spettatori spiazzati e ammutoliti a riflettere su ciò che ci è stato appena mostrato.

 

“È tutto sedimentato sul chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura, gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile”.

 

Quindi lasciatevi cullare da La grande bellezza proprio come Jep fa con il mare dei suoi ricordi, lasciatevi cullare come il bambino dalla mamma… BLA BLA BLA.