Ecco lo splendido Between Bodies dei The World Is A Beautiful Place.

Dopo un po’ di tempo perso all’interno della rete e a spulciare dizionari vari sono riuscito a trovarla:

(o)ops

  • intz.
  • (to express dismay, surprise) oh!, ohi!, ah!, oddio!

Questa è la definizione di ops (detto anche oops), dove intz. sta per interiezione (esclamazione) e dismay e surprise stanno nel seguente ordine per abbattimento/costernazione e per sorpresa/stupore, con successivi e simpatici sinonimi esclamativi che tra l’altro potrebbero farmi comodo in futuro. Perché perdo tempo in queste ricerche, vi starete chiedendo. Beh, sicuramente non per una improvvisa e precoce follia, ma piuttosto per descrivere il nuovo album dei “The World Is A Beautiful Place & I Am No Longer Afraid To Die” (probabilmente entrati anche in un ipotetico guiness dei primati, categoria: nome di band più lungo di sempre. Non me ne vogliate, ma da ora in poi mi rivolgerò a loro con il semplice appellativo di T.W.) dato che la mia prima reazione è stata quella di provare stupore, seguita da una piccola dose di costernazione al termine del primo ascolto e quindi ho esclamato nel vuoto sonoro della mia stanza un piccolo ed innocuo “ops”. “Ops” che si è dilungato nel tempo, facendomi provare (stavolta durante l’ascolto, in un onirico viaggio a ritroso nei minuti) diversi stati di dismay e surprise. Stati talvolta confusionali, talvolta estremamente lucidi, che mi hanno portato ad una serie di considerazioni sempre inizianti con la nostra cara esclamazione (talvolta apparsi improvvisamente anche prima e durante la stesura dell’articolo).      

 

Ops # 1 – Sono proprio sicuro di recensire una band con un nome e dei testi così deprimente/i? “Il mondo è un posto stupendo e non ho paura di morire” è l’esatta traduzione, e per molti può risultare indigesto. Prevalentemente per la presenza di quella parolina, die, che spaventa e allontana i più dalle cose, togliendo definitivamente a molti la voglia di cimentarsi in una lettura o ascolto sicuramente (?) faticosi.

Ops # 2 – Ma, in fin dei conti, mi interessa veramente la risposta al quesito sovrastante?           

Ops # 3 – Questo articolo sta diventando troppo strano. Ma poi dov’è la recensione? Meglio rimediare subito.

Un precipizio, avvolto dall’oscurità. Un’oscurità cosmica, senza orizzonte. Un nulla senza fine e senza soluzione in cui spesso si perdono le persone, costrette a rincorrersi. Oggetti, libri, canzoni, foto, ricordi che dal nulla cadono verso il nulla, in un limbo senza luce. Ecco cosa ci mostrano i primi 3 minuti del nuovo album dei T.W., in un input costruito da chitarre che si inseguono di continuo, distorsioni oscure e tamburi ancestrali che echeggiano in lontananza. Poi la voce di David Bello arriva improvvisa, dando un senso di luce a tutto. “Blank #8/Precipice” ci trascina immediatamente nel nucleo di “Between Bodies”, piccola summa di una grande epoca che ha visto la nascita di un genere destinato a influenzare per molto tempo: il post-rock, che la band di Boston attualizza perfettamente cogliendone a pieno il senso. Il cantato è quasi recitato, parlato (Slint, ma anche qualcosa dei Codeine), mentre le atmosfere si fanno desolate, facendo uso di distorsioni (Mogwai, Explosions In The sky, Godspeed You! Black Emperor). L’album ruota attorno ad un concetto estremamente preciso. Tramutare in musica le poesie di Christopher Zizzamia, attraversanti le tensioni della nostra generazione. La paura dell’ignoto, l’urgenza di essere accettati che si tramuta in difficoltà, l’incomunicabilità strisciante all’interno delle nostre vite, il tutto attraversato da continue riflessioni sulla morte. E il risultato è straordinario, perché tutta questa oscurità viene vista con una totale consapevolezza e accettata, tanto da trasformarsi in luce, appunto. Ogni testo, ogni poesia, sembra essere scritta da una persona che il precipizio l’ha visto, per davvero, toccandolo con mano. Ma ne è riuscito a sfuggire, aggrappandosi talvolta con mani sanguinanti ad ogni centimetro di vita che inevitabilmente si tramuterà in morte. Un lavoro sorprendentemente positivo sull’accettazione, sulla felicità di vivere qualsiasi cosa accada. L’oscurità esisterà sempre, sta a noi accettarla. Così si arriva alla cosmica “Space Explorations To Solve Earthly Crises” con un pizzico di consapevolezza in più, bellissima ballata sospesa nello spazio, seguita dall’emo di “If And When I Die” e da “Thanks”, a metà tra Blink 182 e molta indie targata 90’s. Con “Lioness” la consapevolezza di prima sembra vacillare, spazzata via da un muro di sonorità post-rock, l’acustica “Shoppers Beef” torna per fare chiarezza (“you cannot defeat the darkness, you can only be the light”) e “$100 Tips” con il suo ripiegarsi su se stessa (a causa di un’improvvisa batteria psicotica che spazza via tutto) è un dolce avvertimento prima della fine, quell’ “Autotonsorialist” che ci congeda lasciandoci addosso un grande senso di tristezza. Una tristezza talvolta necessaria.

 

DIE

 

Ops # 4 – L’album è bellissimo. Decisamente. Una volta terminato l’ascolto (e il mio consiglio è di accostarlo ad un’attenta lettura dei testi) si ha la sensazione di essere dinanzi ad uno dei lavori meglio riusciti del 2014, e ci fermiamo emozionati, sospesi tra ops!,oh!, ohi!, ah! ed oddio! vari (l’avevo detto che potevano servirmi in futuro).

Ops # 5 – Per la prima volta nella mia vita sono riuscito a pronunciare le parole “emo” e Blink 182 senza sorridere sguaiatamente. Difatti esse vengono cancellate  da tutto il contenuto restante, veramente da pelle d’oca (avrete capito che non amo particolarmente il genere ed il gruppo).

Ops # 6 – Le poesie possono tranquillamente tramutarsi in musica (ma questo lo sapevamo già).

Ops # 7 – Ma abbiamo veramente bisogno di tutto questo? Finito di ascoltare “Between Bodies” viene spontaneo chiedersi  perché continuare a vivere assordati da una meschinità tipicamente umana che spesso porta le persone sull’orlo del famoso precipizio. Perché continuiamo la nostra personale battaglia giornaliera che ci vede impegnati gli uni contro gli altri combattuta a colpi di insensibilità, spersonalizzazione, speculazione mediatica? Potremmo tranquillamente vivere in un mondo dove non c’è distinzione tra luce ed oscurità, tra bene e male perché non esistono. Ma il tutto si limita ad un’utopica e inutile speranza, cancellata dal riavviarsi della routine.

Ops # 8 – In fin dei conti l’affermazione “Il mondo è un posto stupendo e non ho paura di morire” non è affatto deprimente. Anzi, contiene al suo interno una gioia che va oltre tutto, oltre l’oscurità, oltre la luce, oltre tutti gli ops del pianeta e oltre la vita stessa. Un concetto sereno e maturo, che brilla all’interno della bellissima musica dei nostri T.W. (anzi, dei “The World Is A Beautiful Place & I Am No Longer Afraid To Die”).