C’era una volta un regista giovane e originale che nel lontano 1998 riuscì a realizzare il suo primo film, Following, con circa 6.000 dollari.
C’era una volta Christopher Nolan che con il suo secondo film, Memento, segnò una generazione diventando un vero e proprio culto grazie soprattutto al passaparola.
Nel 2002 la Warner Bros bussa alla sua porta proponendogli di girare il remake di un film norvegese; ed ecco che nasce Insomnia, thriller nevrotico col classico confronto-scontro poliziotto-killer.
Da qui in poi la carriera di Nolan vola verso lidi molto più commerciali, diventa piano piano l’emblema di quel pubblico da multisala che si crogiola in effetti speciali da milioni di dollari.
Anni fa alcuni osarono azzardare paragoni con Stanley Kubrick; ma un regista che ha costruito tre film sul personaggio di Batman può essere accostato al sommo maestro? Tutti a dire che Il cavaliere oscuro dà il pretesto a Nolan per analizzare l’oscurità, il contrapposto fra bene e male… ma per piacere…
Sono sicuramente tre buoni film di intrattenimento con picchi di alta qualità nel secondo, ma tutto voleva fare Nolan tranne film impegnati. La sua trilogia è un po’ un baloccarsi col mezzo cinematografico. Orson Welles avrebbe fatto un film sull’Uomo ragno?
Il film probabilmente migliore di Christopher Nolan, in questa sua fase spielberghiana, è The Prestige in cui gli effetti speciali sono funzionali alla storia.
Inception è un ibrido non riuscito poiché il regista vuole meravigliare con la parola oltreché con le immagini. Ovviamente Nolan non è un gran pensatore e il suo film più complesso è come un serpente che si morde la coda, deviando poi in randellate in slow motion durante la seconda parte del film.

Ed eccoci arrivare a Interstellar. Appena seduto in sala mi sono scrollato di dosso tutti i pregiudizi che ho su Christopher Nolan cercando di essere il più obiettivo possibile. E ci ero quasi riuscito. La prima parte mi era piaciuta. Da diversi anni l’umanità è in crisi di cibo per via di una piaga che sta uccidendo tutti i raccolti, e diverse persone sono diventate agricoltori per sopperire a queste esigenze.
La scienza è stata relegata nel dimenticatoio e anche ai bambini viene insegnato che lo sbarco sulla luna è stato solo una bufala. E fino a qui tutto bene. Un futuro distopico non troppo lontano dal nostro con abbastanza carne al fuoco per poter sviluppare e analizzare tematiche interessanti.
Ma Nolan si crea un assist perfetto, ma non fa gol. Non sviluppa niente, non analizza la situazione della Terra né dal punto di vista della macchina da presa né dal suo. Mostra un po’ di sabbia nell’aria rarefatta e qualche campo di grano in fiamme.
L’ex astronauta Cooper (uno straordinario Matthew McConaughey) girovagando con la figlia per i campi guidato da delle frequenze guarda caso in cosa si imbatte? Nella NASA, che agisce in incognito dove? A poche ore da casa sua. E lui chi è? Un astronauta.
Ovviamente con zero preavviso, zero allenamento fisico (cosa importantissima per andare nello spazio) Cooper si ritrova a partire verso lo spazio profondo in pochi giorni. È l’unico modo per salvare la Terra e quindi… e quindi parti, parti e non fermarti.

Interstellar - Christopher Nolan

Attenzione inizio spoiler

Da qui in poi Cooper e la sua squadra cercheranno l’esito di missioni partite anni prima che non sono mai tornate dallo spazio.
Nolan incentra gran parte del viaggio spaziale sul rapporto padre-figlio. Cooper osserva i suoi figli crescere, sposarsi, fare figli mentre lui è bloccato nello spazio. Cerca un pianeta vivibile, ma non lo trova. Ma quando tutto sembra perduto e la Terra è agli sgoccioli, l’aria è irrespirabile, ecco che Cooper ha la geniale idea di buttarsi da solo all’interno di un buco nero chiamato Gargantua per salvare l’umanità.
Ed eccoci in una stanza metafisica al di fuori dello spazio e del tempo in cui Cooper comunica con la figlia smuovendo dei libri col codice morse quasi fosse un pianista (tutto ovviamente accompagnato da una buona dose di canzone enfatica american style). E ce la fa. Grazie al paradosso spazio-temporale ce la fa. Grazie al paradosso spazio-temporale tutto è permesso. Anche risvegliarsi in un ospedale (vivo) sulla Nuova Terra salvata da lui e sua figlia. Ma a Nolan non basta, il finale non è abbastanza americano, quindi appena Cooper scoprirà che la collega che era con lui nello spazio (Anne Hathaway) è ancora viva da qualche parte nel cosmo, allora sì che potrà partire per salvarla quasi come se urlasse: “I’m american and i can”.

Fine spoiler

Il difetto più grosso di Christopher Nolan non è aver fatto un film per la massa, ma aver provato a superare i propri (evidenti) limiti cercando di realizzare un’opera apparentemente impegnata, cercando di sfidare Stanley Kubrick con citazioni palesi (l’urlo di David nel fotogramma di 2001 odissea nello spazio scimmiottato da Cooper mentre si fionda nella porta dimensionale) I protagonisti di Nolan parlano tantissimo, ma sprecano le parole per dire banalità assurde. Interstellar è un film estremamente didascalico in cui tutto viene spiegato allo spettatore poco prima che accada, guidandolo come un bambinone per mano fino alla conclusione.
Dostoevskij disse che la bellezza salverà il mondo, ma per questo Nolan non è obbligato a far dire ai suoi personaggi che l’amore è la chiave di tutto (si capirebbe lo stesso), ma lo fa, perché evidentemente anche lui è un bambinone a cui piace essere portato per mano durante la visione di un film.
Il premio Pulitzer per la Critica Wesley Morris ha scritto che il problema di Nolan è che “crede che l’intelligenza sia la stessa cosa dell’audacia”. Ed è verissimo, dalla sua audacia viene fuori un film impregnato di barocchismi con dei buchi nella sceneggiatura che farebbero impallidire i wormhole presenti nel film.
Chi mi vuole seguire mi segua, chi no… mi crocifigga. Sono abbastanza allenato.
Chi vuol essere lieto sia, di doman non c’è certezza.