Ripercorriamo i passi di un regista eccelso.

Ore 10.45 Stazione di Santa Maria Novella direzione Torino film festival.
Quest’anno scopro con piacere che, seppur non essendo più il direttore, Paolo Virzì sarà presente al festival come guest director curandone una piccola sezione dal titolo Dritti e rovesci.

 

Cinque storie, cinque ritratti, cinque avventure – operaie, mogli, puttane, matti, esodati – che mescolati l’uno all’altro tracciano un affresco di persone, dei loro diritti, difficili da maneggiare, dei loro rovesci, umani e civili; del loro cadere e rialzarsi, dei loro commoventi sogni di riscossa”.

Ed è proprio al regista livornese che sto pensando da tutta la mattina, ricordo qualche anno fa quando lo incontrai per pochi minuti, a Venezia.
All’epoca giravo per il Lido insieme alla truppa del Tgarca, a caccia di interviste, con un microfono rotto che si teneva insieme con del nastro adesivo.
Avrei riconosciuto quella testa pelata tra mille… Ero molto emozionata e non riuscivo a nasconderlo… Vedendoci molto giovani e impacciati ci sorrise e con il suo inconfondibile accento e la sua simpatia travolgente ci invitò a sostenere il cinema italiano e a riconquistare i festival “dai babbioni che l’hanno occupati….. venite e cacciateli tutti!!”. Testuali parole, fu molto divertente, praticamente non parlammo d’altro per giorni.

Fu proprio la sua spontaneità a colpirmi, dilagante e travolgente che si rispecchia perfettamente nei suoi film.
Considerato uno dei più grandi talenti del cinema italiano Paolo Virzì è un regista che non smette mai di sorprendere riuscendo ogni volta ad essere coerente con la sua estetica ma, allo stesso tempo, sempre diverso e originale.

Quando esordì nel 1994 con La bella vita riuscì ad ottenere successo dedicando il film alla classe operaia e alla sua profonda crisi d’identità.
L’anno successivo si aggiudicò il David di Donatello quale miglior film dell’anno con Ferie d’agosto portando alla luce la spaccatura politica italiana e la discesa in campo di Berlusconi.
Per non parlare di Ovosodo Leone d’Argento a Venezia che prende il titolo dal famosissimo quartiere di Livorno dov’è ambientato.
Qui consolida il suo genere più amato, la commedia amara, utilizzando per lo più attori sconosciuti e non professionisti.

Successivamente, con Caterina va in città (2003), analizza – tramite lo sguardo ingenuo di una giovane ragazzina – la paura di non essere accettati socialmente, ma soprattutto fornisce un’analisi sulle profonde diversità tra la vita di un piccolo paese toscano e quella di una caotica città come Roma, in un crescendo di tensioni ed emozioni.
Un altro grande suo successo è stato Tutta la vita davanti, un film corale e grottesco dove affronta il tema della precarietà, della difficoltà dei giovani di affermarsi in un modo lavorativo che ormai è diventato la parodia di se stesso aggiudicandosi così il Nastro d’Argento e il Globo d’Oro come miglior film.
Ma oltre ad essere un regista e sceneggiatore di successo diventa anche produttore fondando la Motorino Amaranto grazie alla quale realizza un documentario su Bobo Rondelli ma soprattutto su Livorno dal titolo L’uomo che aveva picchiato la testa.
Una sorta di prova tecnica che servirà a Virzì per girare uno dei suoi film più conosciuti e amati dal pubblico, La prima cosa bella.
Insomma, una filmografia di successi, che per forza di cose mi è impossibile indicare tutta.

Le sue pellicole funzionano perché sono vere, autentiche, perché i suoi personaggi, compresi i più strampalati, sono quelli che incontriamo tutti i giorni nella vita vera.
Ma è con l’ultimo film che si supera consolidando il suo successo anche all’estero. Il capitale umano, infatti, è in lista per rappresentare il cinema italiano nella corsa verso gli Oscar 2015.
Ed è per questo che faccio a lui e al Festival di Torino lo stesso augurio che lui fece a me qualche anno fa affinché questi eventi possano crescere sempre di più ed essere accessibili a un pubblico giovane e dinamico.

Il treno è arrivato… fermata Porta Susa.
Da Torino tutto bene… da Torino tutto bene!