Un'analisi lucida e diretta delle conseguenze della carneficina alla redazione di Charlie Hebdo per l'Europa.

Fiumi d’inchiostro digitale sono stati spesi per discutere degli eventi occorsi a Parigi il 7 gennaio scorso presso la redazione di Charlie Hebdo e delle immediate ripercussioni: si è parlato di libertà di espressione violata, di 11 settembre francese, della violenza della religione islamica, di nemici sul suolo europeo, di cospirazione, d’ipocrisia mediatica, di chi è Charlie e di chi invece non lo è. Eppure nonostante tutto questo dibattere e condividere video e stati sui social media, in pochi si sono davvero interrogati su quello che sta succedendo sul nostro continente da tempo in preda ad uno stress post traumatico che la crisi finanziaria ha poi acuito. Sì perché l’intera questione non riguarda solo la Francia ma tutta l’Unione Europea.

Attaccare la redazione del settimanale Charlie Hebdo è stato un gesto simbolico il cui intento è di rimettere in discussione quella libertà d’espressione à la carte figlia del perbenismo politicamente corretto che solo gli europei potevano partorire. La popolarità di Charlie Hebdo, infatti, deriva principalmente dall’irriverente satira religiosa di cui è una delle bandiere che sventolano più in alto su quella torre d’avorio al cui ingresso troneggia la scritta “la religione è l’oppio dei popoli”. Questo tipo di satira è generalmente tollerato, seppur malvisto, perché ci illudiamo di vivere realmente in uno stato secolarizzato. Ogni critica diviene però illegittima se le circostanze cambiano così come gli attori in scena. Molti di quegli orgogliosi cittadini francesi che s’improvvisano paladini di una libertà di espressione selettiva, sono gli stessi che con disgusto additano gli immigrati e i loro figli che osano lamentarsi del sistema previdenziale francese. Non hanno diritto di lamentarsi perché sono ospiti e devono essere grati per quello che ricevono, figuriamoci se possono addirittura formulare dei giudizi. Se la libertà d’espressione intesa in senso ampio permette a un cittadino qualunque di gridare ai quattro venti che Maometto avrebbe dovuto copulare con un’altra delle sue capre anziché cominciare a predicare, allo stesso modo un altro cittadino qualunque dovrebbe poter manifestare senza timori perché ritiene che lo stato lo tratti come un contribuente di serie b. La pratica tuttavia si discosta notevolmente dalla teoria e non è un caso se la strage ha avuto come teatro Parigi.

 

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La solidarietà delle persone davanti alla redazione di Charlie Hebdo

 

Il processo di decolonizzazione francese è stato il più violento cui la storia abbia mai assistito. Al suo culmine vi è la Guerra Franco-Algerina, terminata nel 1962 lasciando sul terreno più di un milione di morti ed un risentimento senza limiti che ancora oggi percorre gli animi più accesi e revanscisti. Il problema attuale è che la minoranza algerina in Francia è una delle più consistenti ma anche una delle meno integrate, tanto che anche solo una partita di calcio che vede le due nazioni fronteggiarsi per un titolo può trasformarsi in un’escalation di violenze. I progressi del processo integrativo a decadi di distanza lasciano ancora molto a desiderare e molto spesso la religione è stata causa di accesi dibattiti e scontri come i più ricorderanno. Di qui la scelta di un’organizzazione terroristica di freddare i principali vignettisti di Charlie Hebdo e ribadire come esistano ancora degli argomenti tabù nel terzo millennio.

Orbene, a chi giova un atto del genere? Agli islamici? Mi pare fuori questione giacché l’atto è stato rivendicato in nome dell’Islam e non dei professanti, che d’altronde in Francia sono divenuti a volte il bersaglio di discutibili vendette sommarie. Ai cristiani? Chiaramente la produzione satirica del settimanale perde alcune delle sue piume migliori ma le vignette di papi, santi e Gesù sodomiti sono comunque garantite. Agli ebrei per cui il ministro dell’interno Cazeneuve ha intensificato la protezione di luoghi di culto e scuole? Poco credibile. A chi giova dunque un tale gesto? A tutti coloro che cavalcano la violazione della libertà d’espressione e brandiscono la spada della xenofobia e lo scudo del nazionalismo. Mi riferisco a personalità del calibro di Jean-Marie e Marine Le Pen, Matteo Salvini e Nigel Farage, per citarne qualcuno. Per quanto le autorità invitino a mantenere la calma e ad evitare qualsiasi azione o dichiarazione capace di radicalizzare un problema oltremodo grave, i partiti xenofobi e i loro gregari non si sono lasciati scappare la preziosa occasione offerta da una tale carneficina. Gli euroscettici ritornano alla carica e propongono di sospendere gli accordi di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione, uno dei risultati più significativi del processo di integrazione europea, per monitorare gli spostamenti di eventuali terroristi. E queste sono solo alcune delle esternazioni più educate che il populismo ha rigurgitato per attirare acqua al suo mulino. Purtroppo l’antica pratica del capro espiatorio ha conosciuto un successo strepitoso sin dall’alba dei tempi, inutile dire che la storia si ripete anche stavolta quando lo sguardo si posa sui flussi migratori dal Nord-Africa.

 

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Manifestazione di solidarietà per Charlie Hebdo

 

Che fare allora? Potremmo credere nello spirito critico delle masse, nella capacità di discernimento del singolo e nel civismo della nostra epoca. Oppure potremmo essere realisti e ridere amaramente di tutta questa ingenuità perché in fondo lo sappiamo tutti che le masse sono senza controllo per definizione. In Germania le manifestazioni anti-islamiche indette da pittoresche figure, come nel caso degli hooligans che si sono dati appuntamento a Colonia poche settimane fa, aggregano ogni volta un maggior numero di simpatizzanti; in Francia la situazione è tesa da sempre e in Italia, dove la televisione è il canale di informazione privilegiato, si guarda con maggior sospetto all’islamico che un giorno o l’altro potrebbe attentare alla vita del santo padre. In quest’Europa più simile ai Balcani del XIX secolo che a un’unione non c’è spazio per i colpi di testa, altrimenti rischiamo seriamente di compromettere i risultati ottenuti dopo intensi sacrifici. D’altro canto non sto certo consigliando di porgere l’altra guancia come farebbe insensatamente il figlio di Maria, sarebbe una leggerezza imperdonabile, è il momento di reagire coscienziosamente e di calcolare le prossime mosse tenendo a mente che qualsiasi tipo di disposizione potrebbe ritorcersi contro i cittadini per cui è stata adottata. In seguito ai fatti dell’11 settembre il parlamento statunitense ha promulgato il “USA PATRIOT Act”, una misura contro il terrorismo dalla forte connotazione liberticida, prima che il paese entrasse in una guerra costosa quanto insensata. Gli americani avevano dalla loro il privilegio della scelta ed hanno preferito mettersi il cappio intorno al collo con le proprie mani.

Per quanto sia completamente disilluso, ho deciso di scrivere queste righe per invitare chi le leggerà a riflettere sulle sfide che ci attendono. Non credo più nelle persone ma fare leva sul loro egoismo ha sempre dato i suoi frutti per cui vi invito a tenere a mente che ogni azione sconsiderata ha degli effetti nocivi per ognuno di noi. Non lasciate che l’ignoranza, il timore o l’intolleranza abbiano la meglio, non lasciate che il populismo oscuri la luce della verità, non lasciate morire quest’Europa ferita, bambina ancor piena di difetti ma nata da un sogno meraviglioso.