Tutti quanti in fila davanti al KB3 con il nostro biglietto in mano, aspettando Todd Terje.

Il 24 gennaio 2014, ad un’ora imprecisata della notte, ho avuto una visione paragonabile a quella di San Paolo sulla via di Damasco ma senza cavalli, arcangeli depilati o divinità. Trascorrevo beatamente una serata fra amici in uno dei tanti club di Berlino ignaro di cosa il destino mi stesse riservando; ad un certo punto una melodia celestiale si insinua fra i miei timpani ed un’estasi musicale mi pervade interamente regalandomi un orgasmo multisensoriale. Senza esitazione raggiungo la consolle e mi rivolgo al dj saltando i convenevoli : “Wow, come si chiama questo pezzo? È fantastico!“, “Inspector Norse di Todd Terje”, risponde con un grosso sorriso. Non avevo la minima idea di chi fosse Todd Terje ma da quel giorno ascoltare il suo LP It’s Album Time è divenuto per me un rituale quotidiano, una professione di fede. Si tratta sicuramente di uno dei migliori album dell’anno scorso, un monumento agli anni ‘80 consegnato da Sonny Crockett direttamente nelle mani dell’artista norvegese attraverso il tempo e lo spazio che solo lui può piegare a bordo della sua Ferrari Daytona. Assistere ad una performance live di Todd Terje dopo l’uscita del disco era quasi impossibile visto che aveva iniziato una lunga tournée mondiale che lo avrebbe portato fino in Oceania. Non mi restava quindi che attendere pazientemente il momento propizio di un suo ritorno in Europa e crogiolarmi sulle note di Delorean Dynamite, Svensk Sas, Alfonso Muskedunder ed altri suoi capolavori.

 

 

Circa un anno dopo quel momento arriva con tutta la violenza di un miracolo inatteso. Mi trovo nuovamente in un club con degli amici ma stavolta la scenografia è quella della capitale danese. Dialogando distrattamente con Fox apprendo che il verbo si è fatto carne per venire a redimerci con un live set imperdibile. “Cosa fai il prossimo week end?“, “Non lo so Fox, stiamo pensando di andare a Cracovia a festeggiare la fine degli esami“, “Ah ok… senti ma a te piace Todd Terje?“, “Certo, vorrei fosse mio padre!“, “Un amico dj mi ha detto che lo hanno invitato al KB3 a suonare, non è ancora ufficiale ma appena ho la conferma ti mando il link.“, “Sì vabé t’immagini! Ho controllato la sua pagina su Songkick qualche giorno fa e non c’è assolutamente niente“. L’indomani contro ogni previsione Fox mi invia il link dell’evento con tanto di collegamento per l’acquisto delle prevendite. Dulcis in fundo. Prima di cominciare a strillare come una groupie metto in tasca il biglietto in due mosse con l’aiuto della fedelissima poste pay, quindi mi concedo un paio di isterismi cui segue un lungo giro di chiamate promozionali. Cracovia può aspettare un’altra settimana, mi dico.

I giorni che precedono il live sono consacrati all’ascolto dei sacri vinili e a numerosi dibattiti sul futuro della musica elettronica che hanno luogo un pò ovunque in città, dai salotti ad elevato consumo alcolico, ai bar dove lo squallore garantisce un prezzo modico sulla pinta di birra. Infine alle ore 23 di sabato 17 Gennaio 2015 siamo tutti quanti in fila davanti al KB3 con il nostro biglietto in mano, aspettando solo di poterlo gettare via una volta dentro. L’euforia è rimandata a quando avremo messo saldamente i piedi sul dancefloor, non si sa mai cosa potrebbe succedere con questi biglietti elettronici. Fortunatamente non accade un bel niente ed in breve ci siamo, prossima tappa: bancone. Il nostro amico non si esibirà prima delle 2, tanto vale ammazzare un pò il tempo con dei drink i cui prezzi sono tristemente famosi in tutta Copenhagen. No problem, questa è una serata speciale, tutto era stato previsto. Fra un drink e una sigaretta faccio la conoscenza di una ragazza svedese, è a Copenhagen solo di passaggio e ha sentito che c’era un live “ganzo” in questo club. Mi chiede se sono un fan e le rispondo che ho quasi acquistato un volo per Reykjavik solo perché avevo saputo di una performance di Todd Terje. “Caspita sei un fanatico tu!“, sentenzia ridendo, “Allora adesso andiamo a piazzarci dritti dritti sotto la consolle“. Ed è lì dove lo attendiamo con ansia.

 

Todd Terje 1

Todd Terje

 

Pochi minuti dopo il suo profilo hipster appare sulla scena e dopo un rapido applauso le casse rigurgitano le prime note di Delorean Dynamite. Un boato sale dalla folla in delirio ed è subito un’orgia di rumore e sudore. Nessuno si risparmia, tutti danno il massimo per quella grazia ricevuta dando vita ad un unico essere informe che danza senza requie. Eppure le orecchie più fini captano qualcosa, anzi l’assenza di qualcosa: non vi è la minima improvvisazione, i pezzi si susseguono tali e quali a come si potrebbero ascoltare su spotify. Strandbar viene eseguita identica a come l’ho sentita milioni di volte, mi pare che al live manchi un’anima ma forse è solo una suggestione. Tutto attorno gli altri non sembrano farci caso, Inspector Norse incalza e il mood collettivo ricorda quello del pubblico femminile nel video Hey Ya degli Outkast. Mi lascio andare, non penso a niente di niente e con la mente torno a quella sera di un anno prima quando mi innamorai di quel brano perfetto. Dopo le ultime battute rivolgo lo sguardo al maestro e gli tendo la mano per fargli le mie più sentite congratulazioni, mi guarda con la coda dell’occhio e glissa lasciandomi come un idiota a braccio teso neanche avessi azzardato un saluto romano. “Almeno facci sentire qualcosa di unico e irripetibile cazzo!”, grido senza che nessuno possa sentirmi. Ma non ce n’é il tempo, un’ora ed un quarto dopo l’inizio del set, Todd Terje si sta già congedando. Con espressione atarassica rifugge le mani di coloro che vorrebbero un ultimo effimero contatto e sordo alle richieste dei suoi fans scompare nelle tenebre da cui era uscito poco prima. Si vede che non lo hanno pagato abbastanza da mettere un disco su richiesta. Qualcuno fischia, io resto impietrito, diviso fra la voglia di lanciare una scarpa oltre la consolle per vedere cosa succede e l’idea di tentare una più ragionevole irish exit. Il buon senso prevale ma la mole della fila che si snoda davanti all’uscita mi spinge a fumare un’ultima sigaretta nella smoking area del locale. Chiedo da accendere a due ragazzi seduti su una panchina in legno e sfrutto il pretesto per cominciare un dibattito sulla qualità della performance, facendo presente che il rispetto dei fans è fondamentale per qualunque musicista. “Non saprei cosa dire, non so perché se ne sia andato in maniera tanto sbrigativa“, esordisce la ragazza. “Vedi, noi norvegesi siamo persone timide e riservate per questo se l’è data a gambe, forse non si sentiva bene oppure“. “No, no è ben diverso“, la interrompe il ragazzo a fianco, “Todd Terje è uno stronzo“.