Alla stazione della metro aspettando il treno. 

 

Sotto la “R” il paesaggio defluiva dolcemente. La luce filtrava tra la “A” e la “K” producendo lampi di argento sfumati di verde e di rosso, colori usati per i contorni del graffito. “RAK”. Una parola importante, profonda. Doveva esserlo. L’utilizzo di sei colori, della tecnica del chiaroscuro e della prospettiva erano un indizio a riguardo. Talvolta i raggi del sole, riuscivano ad attraversare vetro e colori creando una falsa aurora boreale all’interno del vagone.

Sotto la “A” un ragazzo scuro di carnagione con una barba nerissima, lunga e vaporosa, era seduto, braccia incrociate, zaino voluminoso tra le gambe. Iniziai a scrutarlo. La mia barba sarà stata lunga al massimo tre centimetri, la sua invece era di almeno dieci. La mia a tratti canuta e non uniforme sembrava una coperta di lana infeltrita, la sua era più vicino ad un maglione di cashmere. Avrei avuto voglia di toccarla. Quella barba doveva proprio essere perfetta. Notai infatti che come me, altre persone lo stavano scrutando. Qualcuno con davvero troppa insistenza. Sembrerebbe strano a dirsi ma per un istante ho come avuto la sensazione che quella barba provocasse soggezione, quasi paura ai nostri occhi. Come se noi una barba così non ce la potessimo mai avere. Alcune signore erano come rapite. Certo l’avessi avuta anche io una barba così…avrei avuto il mondo ai miei piedi.

Quella barba…per un istante parve quasi muoversi. Strabuzzai gli occhi e notai che in effetti si stava muovendo. Piccoli sussulti. Emetteva anche dei suoni. Sembrava provenire, da quella fitta coltre di peli neri, una musica orientale. Ero letteralmente ipnotizzato. Una barba parlante? Ovviamente non era possibile. Quei suoni dovevano per forza provenire dalla bocca sottostante. Una lingua sconosciuta, veloce, scivolosa, inafferrabile.

Seduto sotto la “K” avrei giurato ci fosse stata una signora, almeno fino a qualche secondo prima doveva essere lì. L’avevo notate perché non distoglieva lo sguardo dallo zainetto di mr. Barba. Avevo pensato ad una borseggiatrice anche se l’aspetto della ladra non lo aveva. Che poi quale mai sarà l’aspetto di una ladra? Girovagai per il vagone con lo sguardo e mi resi conto di essere rimasti soli, io, lui, la mia e la sua barba.

Il treno era fermo in banchina. Porte aperte ma nessuno entrava. Guardai l’orologio e mi accorsi che ero in ritardo. Da quanto stavamo fermi? Mi affacciai fuori dalla porta. Rimasi a bocca aperta. Non solo il mio vagone era vuoto ma anche tutti gli altri. La stazione era deserta.

Intanto lei continuava a muoversi e a produrre suoni. Adesso in modo più concitato. Quella barba sembrava infuriata. Dentro mi venne da ridere al pensiero che una barba potesse arrabbiarsi per un ritardo.

Mi rimisi a sedere. Dall’orecchio di mr. Barba riuscii ad individuare un auricolare. Sorrisi. Quella barba stava parlando al telefono con qualcuno.

Iniziai a pensare alla mia barba e al fatto che dopo quasi due mesi era diventata visibile. Il giorno prima ad esempio una collega, strizzando i suoi minuscoli occhi azzurri, resi ancor più piccoli dallo spessore rilevante degli occhiali, aveva esclamato: ”Ma ti è cresciuta la barba in una settimana?”. Come se ciò fosse davvero possibile, tanto da farmi venire la tentazione di rispondergli serio: “Sì. In una sola settimana. Sono molto malato”. Le persone spesso dicono cose senza alcun senso con l’unico scopo di riempire spazi vuoti e imbarazzanti. Spazi che il silenzio riempirebbe alla perfezione. Non sarebbe stato ad esempio meglio il silenzio di quella domanda idiota?

Finalmente udii dei rumori. Dapprima lontani. Poi, lentamente più vicini. La barba taceva. Ci guardavamo. I suoi occhi stretti e lunghi iniziarono a guardare il marsupio che tenevo stretto in vita. Il suo sguardo diventò vitreo. Si voltò di scatto due o tre volte in modo furtivo. Io strinsi il mio marsupio e passai velocemente il pollice sulla zip. Lui e la sua barba all’improvviso scattarono in piedi. Gli lessi sul volto il panico. Sembrava preso da un improvviso terrore. Mi alzai in piedi anche io, sempre con la mano al marsupio. Io e lui. La mia barba e la sua una di fronte all’altra. Fuori dal vagone era riconoscibile lo scalpitio di passi, veloci e frenetici. Sinceramente non pensavo che mi volesse derubare, sembrava un tipo a posto ma continuava a fissare il mio marsupio. Iniziai a pensare cosa sarebbe accaduto se me lo avesse rubato. Cosa c’era dentro? Il cellulare, un pacco di biscotti e una calcolatrice. Il portafoglio per mia fortuna era nella tasca posteriore dei miei jeans. I rumori da fuori si arrestarono e in quel momento l’unica voglia che avevo era di uscire di lì. Allora presi coraggio. Cinsi il mio marsupio con entrambe le mani e calcolato che con tre passi sarei stato fuori iniziai a fare il primo.

Quello che accadde poi, fu incredibile. Mr. barba appena gli fui di fianco mi prese alle spalle, mi scaraventò per terra facendomi dare una bella mentata, slacciò il mio marsupio con la destrezza di un ninja e con una forza primordiale lo lanciò fuori dal vagone. Poi si accucciò per terra in posizione supina con le mani sopra la testa. Rimasi attonito. Nel giro di pochi istanti entrarono una decina di poliziotti con divise imbottite, lo presero e lo portarono lontano. Poi uno di loro si avvicinò e mi aiutò a rialzarmi da terra. Mi dissero di correre verso l’uscita. Non capivo quello che stava accadendo ma le mie gambe non erano mai state più veloci e più insicure allo stesso tempo. Mentre correvo pensai al mio marsupio, poi però fui distratto da una strana macchina telecomandata dotato di braccio meccanico che filava spedita nella direzione dalla quale provenivo io. A seguirla c’era un poliziotto con un telecomando in mano.

Uscii dalla stazione; fuori c’erano un centinaio di persone. Qualcuno applaudì, altri addirittura mi abbracciarono. Non mi sentii un eroe e ritenni che fosse troppo il clamore per l’arresto di un semplice borseggiatore. Che poi pensandoci bene non mi aveva borseggiato ma semplicemente fatto un dispetto. Perché mai, infatti, avesse deciso di togliermi il marsupio per lanciarlo fuori dal vagone non mi fu chiaro…

…Almeno finché non lessi un trafiletto su un quotidiano. Riporto quanto letto: “Quando essere ladri è meglio di essere terroristi. È quanto accaduto ieri ad un ragazzo tunisino proveniente da Tunisi. Il malinteso generato dall’aspetto del ragazzo e dalla lingua parlata ha portato la polizia ad evacuare la stazione Garbatella provocando uno stop di due ore della Linea B della metropolitana di Roma. Il questore nello scusarsi ha riferito di testimonianze arrivate dai pendolari che hanno imposto un intervento immediato. Pare difatti che fossero arrivate diverse segnalazioni dove si faceva menzione circa la presenza di due persone sospette: la prima, un arabo con un borsone tra le gambe che ad alta voce pregava ed inveiva; la seconda, un europeo con cui insistentemente scambiava sguardi d’intesa. A seguito dell’intervento dei NOCS tali testimonianze si sono rivelate errate: l’arabo altro non era che un semplice ladruncolo; l’europeo designato dai testimoni come suo complice era invece un ignaro pendolare romano preso di mira dal magrebino, derubato poi del borsello pochi istanti prima dell’intervento dei reparti speciali. Il borseggiatore al momento è in stato di fermo con l’accusa di taccheggio con l’aggravante dell’aggressione e della resistenza a pubblico ufficiale. Il Ministero degli Esteri sta valutando il rimpatrio. Da indiscrezioni provenienti dalla questura il ragazzo tunisino si dichiara innocente, vittima di un equivoco originato dai pregiudizi di cui lui stesso era stato vittima; farneticanti, però, appaiono le sue asserzioni messe a verbale di cui forniamo qualche breve stralcio: “…All’inizio ho pensato fosse un omosessuale, mi guardava incessantemente…guardava di continuo l’orologio…si guardava intorno e si toccava in continuazione il borsello…sembrava un folle, rideva da solo…quando mi sono alzato per scappare mi è venuto incontro pronto a innescare l’ordigno dentro al borsello…volevo disarmare il ragazzo con la barba, non rubargli il marsupio…” .

“L’ambasciata tunisina pone le più sentite scuse per l’accaduto e chiede di non prestare attenzione alle farneticazioni del presunto ladro. Una punizione esemplare è a nostro avviso auspicabile affinché certi gesti non si ripetano”.