Una convention aziendale. Un motivatore arringa la folla di impiegati. I tre protagonisti vanno alla premiazione del lavoratore dell'anno e succede una tragedia.

Me ne stavo seduto sui divanetti in finta pelle, in mezzo alla marea di cravatte. L’aula convegni era piena. Piena di stempiature, guance rubiconde e avvinazzate, crocchie e tailleur grigio topo, anonimi come t’immagini il salotto di un ragioniere. L’odore di dopobarba piscioso avrebbe fatto innervosire anche un gesuita in questa convention aziendale.

“Per concludere: cosa desiderate dalla vita?” arringava l’uomo sul palco. Aveva l’aria di essere sincero e disinteressato come un venditore porta a porta di aspiratori Folletto.“Tu, con la cravatta in prima fila. Non tu, l’altro. No, quello con… vabbè, tu. Cosa desideri dalla vita? Fammi indovinare: soldi, rispetto, una bella casa, una bella moglie… e magari una contorsionista russa come amante?” disse strizzando l’occhio.

Sghignazzi di approvazione dalle cravatte. Pensai distrattamente a chi fosse più coglione, se Folletto oppure io, in composto ascolto, stretto in quegli odiosi polsini inamidati. La prima volta che avevo incontrato Folletto, molti anni prima, anche lui stava seduto sui divanetti di pelle. E aveva fatto la stessa spassosissima battuta sulla contorsionista russa.

“Tutte belle aspirazioni, ma ahimè molto vaghe. La contorsionista va bene, il resto no. Voi siete qualcosa di più. La chiave del successo sono gli obiettivi. Chiari, precisi, mi-su-ra-bi-li. Non fatele rimanere vaghe aspirazioni, tensioni ideali” continuò amabile Folletto.

“Non ho mica capito”.

A parlare era un ragazzo allampanato seduto di fronte seduto di fronte a me. Aveva delle orecchie gigantesche.

“Shhh fammi ascoltare. Qualcosa su una contorsionista russa” rispose l’uomo di fianco, un tipo con la pancia da bar e le braccia oltremodo corte.

Doveva essere il figlio non desiderato di una lattina di birra e un tirannosauro. L’altro invece era irrimediabilmente somigliante a Tinky Winky, quello dei Teletubbies.

“Obiettivi. Sicurezze” Folletto stava ora argomentando di tre quarti, come un lobbista consumato. “Fatelo, o l’uomo che vi sta di fianco lo farà al posto vostro. Createvi un’immagine il più possibile dettagliata di voi stessi, andateci a dormire la sera, portatela sempre con voi”.

“Porca Eva, questo è un genio” disse Lattina Di Birra, rapito.

“Cazzo sì” concordò Tinky Winky. “Obiettivi. Un’immagine di me, ci dormo la sera. Genio”.

“Per cui ricordate: che ci crediate o no, potete fare qualunque cosa vogliate. L’utopia di oggi sarà il vostro mondo, domani. Grazie a tutti!” concluse Folletto, con un sorriso affabile.

Il tripudio di applausimi mi investì come una scoreggia in ascensore. La folla di cravatte era in delirio. In mezzo alle maniche di camicia tirate su che si agitavano, si stagliava il volto grottesco ed estasiato di Lattina di Birra. “Grazie per condividere con noi i segreti del tuo successo!” urlò, facendo così un altro bel passo verso l’infarto. Tinky Winky si guardava ansiosamente intorno, come per capire quando doveva smettere di applaudire.

“Siamo molto onorati di averla avuta con noi” disse dal palco la responsabile delle Risorse Umane, che si era impossessata del microfono. “Adesso, signore e signori, la giornata di festa si sposta nell’Aula Magna della nostra azienda. Un ambiente un po’ più intimo dove procederemo all’elezione dell’ambito ‘Dipendente dell’anno’, assegnato all’ufficio più produttivo. Ci vediamo là tra un’ora!” squittì deliziata.

Mentre l’ovazione andava scemando, Tinky Winky e Lattina di Birra continuavano a parlare, evidentemente su di giri. L’improbabile prospettiva di poter essere eletti ‘Dipendente dell’anno’ pareva esaltarli. Mentre mi bruciavo qualche neurone nel tentativo di immaginare un loro eventuale discorso di ringraziamento per il premio, Lattina Di Birra, in qualità di membro più intraprendente della coppia, mi rivolse la parola.

“Vieni con noi Melville? La benzina costa, dividiamo”.

“Io, ehm… va bene” risposi, pentendomi amaramente tre secondi dopo. Colmo dell’orrore, vidi che Lattina Di Birra, alzatosi in piedi, teneva in braccio un cagnolino con un cappottino Burberry. Per di più con fare sorprendentemente amorevole. Un quadro di Munch.

Dieci minuti dopo ero seduto nel sedile posteriore, insieme al cane. Lattina Di Birra alla guida, Tinky Winky di fianco. Lattina argomentava animatamente: “Dobbiamo cambiare marcia, hai sentito cos’ha detto il tipo? Dobbiamo andare veloce, dobbiamo proiettare un’immagine vincente di noi stessi. Tu sei lento Cristo” .

“Non sono lento! Ho sentito anche io, dobbiamo essere dei vincenti” protestò Tinky Winky.

“Io sto attento, io ascolto, tu no. Oggi è già domani. Viviamo in un mondo veloce. E non è tanto la velocità dell’accelerazione, ma l’accelerazione della velocità che conta. L’ha detto il tipo, l’hai sentito? Ti devi svegliare. Vuoi tornare a casa con un tegame col culo basso, magari su una Twingo color panna? O vuoi la contorsionista russa?”.

“No, la Twingo mi fa cacare. Però non ho capito bene quella cosa dell’accelerazione della velocità” rispose Tinky Winky, che faticava a seguire la logica impeccabile del ragionamento.

“Ti devi svegliare. I consumi crollano perché la gente si caca sotto come te. In quella sala c’era gente con le palle. Lì non ci sono guerre, non ci sono torri che crollano, non c’è crisi che tenga, lì si fanno i soldi. La vuoi la super villa o vuoi finire con una stufa a pellet?”.

“No, il pellet mi fa cacare. Ma che c’entra con l’accelerazione e il resto?”.

“Tu l’accelerazione non la puoi capire. Sei troppo lento, è questo il tuo problema. E’ questione di pensare in grande. Devi visualizzare la villa. E la contorsionista, Cristo. Te la imprimi bene in testa, e ci vai a dormire tutte le sere. L’hai sentito il tipo si o no!?”.

“Vado a letto con la contorsionista?” ripeté Tinky Winky, mentre un sorriso idiota gli riempiva il viso.

“Ma ti hanno lasciato in macchina al sole da bambino?”. Ora Lattina Di Birra stava urlando, il collo gonfio come un rospo. “Cristo, sei proprio un perdente. Sfigato. Io non ci finisco come te”. 

Arrivati davanti l’azienda, Tinky Winky stava ancora ridendo, probabilmente al pensiero della contorsionista. Il cane era in silenzio, il suo padrone stava parcheggiando, ancora violaceo di rabbia.

“Se stasera perdiamo, ti ammazzo, te lo dico”.

Quando Lattina Di Birra spense il motore, misi la mano nei calzoni e tirai fuori la calibro 22. Se andate ad una convention aziendale senza siete praticamente dei pazzi furiosi. Con tendenze suicide. Sparai prima a Lattina di Birra, casomai si mettesse di nuovo a urlare. Due secondi dopo, anche la testa di Tinky Winky era appoggiata sul cruscotto, esanime. Non avrebbero mai saputo chi sarebbe stato il ‘Dipendente dell’anno’.

Prima di uscire dalla Twingo, mi fermai a guardare la scena. Tutto quel sangue, buon dio. Avrei dovuto strozzarli col cappottino Burberry.

 *grazie ad Enea per i preziosi suggerimenti.