La puttana dagli occhi tristi. Il protagonista si fa coraggio entrando al Soineya chiamato Yume. Donne dalla parvenza di puttane lo abbagliano da dietro una tenda. Una Tokyo mai così onirica.

Arrivato davanti al Soineya mi guardai intorno con fare circospetto, quasi a cercar conferma di essere da solo, per sfuggire a quel senso di inadeguatezza dato dal giudizio degli estranei, lo stesso che mi aveva tormentato da adolescente. Diedi un’ultima occhiata ed entrai.

Un giapponese vestito da pinguino mi venne incontro accennando un sorriso.
“Benvenuto. Si accomodi pure. E’ la prima volta allo Yume?”.
“Sì, ma v…”.
“Lo so, lo so, lei si vergogna, è normale, la prima volta è così per tutti”.
“Ma veramente io…”.
“Sì, sì, lei è capitato qui per caso e non immaginava cosa fosse lo Yume. Mi dirà anche che fino a pochi minuti fa non aveva mai visto un Soineya in tutta la sua vita, vero?”.
“Ma io…”.
“Lei è spaventato. Molti lo sono, chi è che non ha un po’ paura di ciò che non conosce?”.
“Non mi faccia ridere! Io sono qui per…”.
“Per chi? Akane? Katsumi? Oppure preferisce Misako?”.
“Per dormire, anche se detto così suona davvero strano”.
“Vede, alla fine ha trovato la forza”.
“La forza per cosa?”.
“Per dirlo apertamente”.
“Per dire cosa?”.
“Che ha bisogno di noi”.
“Ma se ho un biglietto omaggio! Non mi sembra una ricerca incallita, anzi…”.
“Un biglietto omaggio? Me lo mostri”.
“Tenga”.
“…”.
“…”.
“Come sospettavo”.
“Lo sapevo. E’ scaduto?”.
“No, no anzi…mi riferivo a lei…è uno dei prescelti, mi sono bastati pochi minuti per capirlo e questo ne è la conferma”.
“Prescelto di cosa? Ma quale conferma e conferma; lei è un buffone” dissi girandomi verso l’uscita.
“Aspetti, aspetti, non se ne vada, non sprechi quest’occasione”.
“Ok, ma la smetta di parlare per indovinelli”.
“E’ che lei è stato scelto dal padrone”.
“Il padrone? Un nanerottolo dai baffi di carpa?”.
“Non sia così offensivo, il padrone è un grande uomo in un piccolo corpo”.
“Se lo dice lei…”.
“Il padrone sceglie sempre bene. Percepisce il disagio dei prescelti, fiuta a centinaia di metri di distanza la loro inadeguatezza alla vita. Si può dire che per ora non abbia sbagliato un colpo”.
“Basta non voglio più sentite tutte queste chiacchiere, passiamo ai fatti, mi faccia dormire con una delle ragazze”.
“Finalmente si è deciso. Mi segua”.
Più andavo avanti in quella storia e più continuavo a non capirci niente. Il corridoio del Soineya sembrava non finire più, si sviluppava in senso circolare come un perfetto uroboro. Improvvisamente iniziai a sentire un senso di oppressione e un vortice di domande mi assalì tutto d’un tratto. Cosa ci facevo lì? Sarebbe stata tutta una perdita di tempo? Ero impazzito? Oppure ero davvero in cerca di aiuto? L’unica cosa che ricordo con chiarezza è che in quel corridoio mi resi conto di essere incompleto. Forse il portiere aveva ragione riguardo la mia inadeguatezza alla vita.
Pensai di essere guasto, come guasta era la mia vita, ma questa non fu una grande scoperta, erano anni che mi sentivo come un giocattolo rotto, ma quella fu la volta in cui me ne resi davvero conto.
“Allora chi sceglie?” chiese il portiere svelando le figure di tre bellissime donne da dietro una tenda.
“In tutto il locale solo tre donne?”.
“No, loro sono le tre migliori, le altre non hanno nome, si possono scegliere in base al colore dei capelli”.
“In base al colore dei capelli?”.
“Sì. Blu, Rosa, Verde…”.
“Ok, ok, ho capito. Mi fiderò del vostro gusto. Dal vostro tono prima ho intuito che la migliore fosse Misako…almeno per voi”.
“Sì, è fantastica, i clienti l’adorano”.
“Tentar non nuoce”.
“Non se ne pentirà”.
Misako mi prese per mano trascinandomi con se quasi come un amo trascina un pesce. Quel modo di fare mi fece credere che fosse una puttana e che i Soineya non fossero altro che una grande truffa, bordelli travestiti da dormitori. Le luci però non erano rosse tendenti al violaceo, ma blu, blu come i sogni, di un colore che sembrava davvero poter nobilitare l’anima, per questo non mi demoralizzai ed entrai in una stanzina scarna, arredata da un solo letto matrimoniale con sopra dei pupazzi per bambini.
“Sei fortunato, oggi puoi stare qui tutta la notte. Normalmente costerebbe tantissimo, ma tu hai un biglietto omaggio”.
“Se lo dici te…” risposi sedendomi sul letto.
Misako si sdraiò su un fianco e io – dopo qualche sussulto iniziale – feci lo stesso.
La situazione era piuttosto imbarazzante perché non riuscivo a capire cosa dovessi fare. La guardai dritto negli occhi intensamente.
“Non ti ci abituare troppo”.
“A cosa?” chiesi stupito.
“A guardarmi negli occhi”.
“Perché?”.
“Perché oggi per te è tutto gratis, ma da domani la tariffa sarà piena”.
“Scusa ma non va ad ore?”.
“Certo, la tariffa base sì, ma ci sono gli extra a seconda di come trascorri il tuo tempo. Guardarsi negli occhi per un minuto costa 1000 yen”.
“E’ una follia!”.
“E’ il mercato. Se la domanda sale il prezzo aumenta”.
“Far pagare per uno sguardo è una cosa disgustosa”.
“Infatti non sei obbligato, ma infondo se vieni qui vuol dire che un po’ ti senti solo…”.
Quell’affermazione, in quel contesto, mi ferì molto anche se non riuscivo a capire il perché. Decisi che non avrei mai più rivolto parola a Misako. Il suo cinismo mi aveva deluso e i suoi modi erano tutto tranne quelli che avrebbe dovuto avere un facilitatore emozionale.
Rimasi lì, impalato a guardarla, e di tanto in tanto chiudevo gli occhi cercando di dimenticare quelle parole, ma invece che risollevarmi il Soineya mi aveva rattristato ancora di più.