Il regista Jeremy Saulnier dimostra di avere maggiormente a cuore una riflessione psicologica del sentimento di vendetta.


L’arrivo di giugno e della stagione estiva rappresenta, cinematograficamente parlando, l’inizio di una fase di magra o di aridità o di vera e propria sterilità. Le sale (quelle ancora aperte) propongono i soliti quattro/cinque film che non andrei a vedere neanche mi pagassero il biglietto. Di conseguenza, chi (come me) vuole continuare a vedere buoni film anche quando le temperature superano i trenta gradi ha di fronte a sé due sole alternative: riguardarsi un bel classico in dvd (un Stanley Kubrick o un Martin Scorsese d’annata, tanto per dirne due) oppure andare di streaming. Questa settimana ho optato per la seconda e fortunatamente, quasi inaspettatamente, mi sono imbattuto in un revenge movie di pregiata fattura di un regista che mi era sconosciuto e che credo sia al suo primo film.

 

 
Quando apprende la notizia che l’uomo che ha ucciso suo padre sta per uscire di prigione, Dwight capisce che è arrivato il momento di farsi giustizia da solo per riuscire a riscattare un’esistenza condizionata da quel drammatico evento, appartenente al passato ma ancora fortemente presente nella sua vita, che da quel giorno non è stata più la stessa. Dovrà tuttavia fare i conti con i parenti dell’uomo da un lato e con la necessità di proteggere la sorella dall’altro. Veniamo così catapultati in una tragica spirale di vendette familiari (che per un verso riporta alla mente l’esordio di Jeff Nichols, quel gran film che è Shotgun stories), di improvvise esplosioni di violenza sapientemente amalgamate in un ritmo mai ossessivo ma sempre incalzante.

 

Blue Ruin - Jeremy Saulnier_1

 

 
Dwight non è un eroe né  tantomeno uno spietato giustiziere assetato di vendetta, forse non è neanche un uomo qualunque, piuttosto è un mezzo inetto che fa quello che fa perché crede di doverlo fare. Potrebbe quasi essere un personaggio uscito da uno dei film dei Coen, un piccolo uomo alle prese con imprese troppo grandi. E chi conosce i fratelli Coen sa che l’inettitudine, che misura la distanza tra desiderio e possibilità di raggiungerlo, fa affogare tutto in un mare di sangue.

 

 
Blue ruin non è un classico revenge movie come potrebbe essere Vendicami di Johnnie To, ma un film più intimistico, più personale; Jeremy Saulnier dimostra di avere maggiormente a cuore una riflessione psicologica, fors’anche sociologica, del sentimento di vendetta. Presentato al Festival di Cannes lo scorso anno, dove ha avuto un’ottima accoglienza, Blue ruin è andato ad aumentare il già numeroso elenco di bei film completamente dimenticati dalla distribuzione italiana. E chi, a prescindere dalle temperature, desiderasse vederli è costretto a ripiegare sullo streaming o sul download. In alternativa, è possibile entrare in una delle oltre settecento sale italiane in cui, in queste settimane, proiettano Maleficent, o nelle oltre cinquecento che offrono Edge of Tomorrow (detto col massimo rispetto, s’intende).