La libertà dell'individuo non è frutto della civiltà.

Il mondo rappresentato da Stanley Kubrick in Arancia Meccanica non è molto diverso da quello in cui viviamo attualmente, dominato da violenza gratuita e soprattutto da Stati incapaci di educare gli individui.
Il film è caratterizzato da rapporti umani difficilissimi, che inducono il protagonista Alex (“A”-“lex”: senza legge) ad un egoismo e ad una cattiveria esasperati, che lo portano poi ad essere tradito sia dagli amici drughi, che dalla propria famiglia. I primi lo feriscono per farlo prendere dalla polizia durante una loro ‘bravata’ nella casa di un’anziana signora; i secondi adottano un’altra persona al suo posto durante la ‘cura Ludovico‘.
Il giovane è oltretutto sorvegliato da un assistente sociale, che controlla le sue azioni illegali e cerca di correggerlo, sostituendosi ai suoi genitori. I rapporti sociali nel film sono dunque difficilissimi, addirittura la famiglia è come se non esistesse: ad educare Alex c’è un ispettore giudiziario minorile.
Di fronte a questa società, lo Stato è impotente e l’unica manovra capace di attuare è la disciplina, l’ordine, la punizione, il carcere.

 

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Kubrick durante le riprese di Arancia Meccanica

 

Quando il leader dei drughi viene catturato dalle forze dell’ordine, si trova ad essere corretto con una forza e una violenza pari alla sua: viene spogliato di tutti i vestiti, umiliato, imprigionato…la violenza combattuta con altrettanta violenza. Durante il periodo di galera, per buona condotta viene selezionato come cavia della ‘cura Ludovico’, nuovo sistema di correzione creato dallo Stato, capace di rieducare i delinquenti in soli 15 giorni. La violenza però da fisica diventa psicologica: come ne ‘il mito della caverna’ di Platone, gli artefici proiettano all’unico spettatore Alex, su uno schermo cinematografico, filmati violenti, mentre alcuni medici impediscono alle sue palpebre di chiudersi e gli iniettano delle sostanze per fargli provare nausea di fronte a ciò che lui prima amava. Una volta che è costretto a uscire dalla ‘caverna’, non è in grado di interagire con la realtà esterna e quindi ne diviene vittima, proprio come le persone incatenate del mito di Platone.
La violenza allora diventa per lui l’unico modo per essere accettato dalla società: prima con il suo egoismo, la sua fame di sesso e di risse era considerato da tutti tranne che dallo Stato, adesso è il contrario e sia la sua famiglia, che i suoi amici drughi, diventati forze dell’ordine sono capaci di vincerlo.
La metafora di tutta la morale del film è la presentazione degli effetti della ‘cura Ludovico’ di fronte a tutti, dove Alex è costretto a subire umiliazioni e violenze, senza essere capace di reagire: le istituzioni lo hanno usato a scopi politici, per aumentare il loro potere sui cittadini, e a conferma di ciò fanno subire all’individuo ‘rieducato’ tutta la violenza da cui prima egli era attratto.
Ma il protagonista del film non è cambiato: è stato soltanto privato della scelta se essere buono o no, se essere violento o no. Non è più un uomo.

“La questione è se la ‘cura Ludovico’ renda veramente buoni o no. La bontà viene da dentro; la bontà è una scelta. Quando un uomo non ha scelta cessa di essere uomo”. (Alex in Arancia Meccanica)

Kierkegaard sosteneva che l’esistenza dell’uomo è caratterizzata dalla possibilità di scegliere, ogni azione è sempre posta di fronte ad un bivio le cui direzioni sono completamente differenti; e questa scelta è dettata dalla totale libertà della persona. L’uomo è tale se è libero di scegliere.

 

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La famosa cura ludovico del film di Kubrick

 

Kubrick denuncia la violenza dello Stato con la creazione della ‘cura Ludovico’.
Michel Foucault, nel suo libro Sorvegliare e Punire, fa un’analisi sulla prigione e sulla sua nascita.
Nel Medioevo non esistevano le carceri, ma vi era soltanto la tortura e la pena di morte attuata in pubblico. I motivi di tale spettacolo erano due: riflettere la violenza del delitto originario sul corpo del condannato, a monito di tutti e porre la vendetta del sovrano (offeso dal crimine) sul corpo del colpevole. Spesso però questo tipo di punizione, aveva effetti ‘collaterali’, perché spesso il corpo del condannato riceveva ammirazione e simpatia da parte del popolo e dava motivo di fomentare rivolte e conflitti tra le masse e il sovrano. La pubblica esecuzione si rivelava così controproducente e antieconomica, applicata addirittura in modo eterogeneo, irrazionale e quasi casuale. Di conseguenza il costo politico era troppo alto. Era quindi l’antitesi dei più moderni interessi dello Stato: ordine e generalizzazione.
Nacque così nel XVI secolo la pratica dei lavori forzati e delle ‘workhouses’, case di lavoro sorte in Inghilterra nel 1576 e poi diffusesi in tutta Europa dove venivano costretti al lavoro i poveri. Non furono create però per ragioni umanitarie, ma soltanto per l’economia: un modo per sfruttare la forza del delinquente o del mendicante in un processo produttivo.
La prigione nasce nel XVIII secolo con l’avvento della società capitalistica, che aveva creato due differenti tipi di illegalità: con il feudalesimo riguardava soltanto i beni (pane, vino, cibo in generale…) e le classi basse e quelle alte erano complici nel sistema economico; il capitalismo ha creato invece sia l’illegalità riguardante i beni (l’unica accessibile alle classi basse), sia quella dei diritti, come la corruzione, l’influenza a proprio favore sulle leggi e sui regolamenti (accessibile soltanto alle classi alte) e due tipi di economia in base ai differenti ceti sociali. Erano necessarie quindi nuove leggi che agevolassero la politica della continuità: nasce così la prigione, non tanto intesa come carcere, ma come un nuovo sistema di controllo sui comportamenti delle persone.

 

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Michel Foucault

 

La metafora di tale concetto è la costruzione architettonica ideata da Bentham chiamata Panopticon. “Il principio è noto: alla periferia una costruzione ad anello; al centro una torre tagliata da larghe finestre che si aprono verso la facciata interna dell’anello; la costruzione periferica è divisa in celle, che occupano ciascuna tutto lo spessore della costruzione; esse hanno due finestre, una verso l’interno corrispondente alla finestra della torre; l’altra verso l’esterno, permette alla luce di attraversare la cella da parte a parte. Basta allora mettere un sorvegliante nella torre centrale, ed in ogni cella rinchiudere un pazzo, un ammalato, un condannato, un operaio o uno scolaro. Per effetto del controluce, si possono cogliere della torre le piccole silhouettes prigioniere nelle celle della periferia” (Sorvegliare e punire – Michel Foucault).
La più importante caratteristica di tale edificio risiede nella progettazione costruttiva, grazie alla quale il recluso non può mai sapere quando è effettivamente sorvegliato. Si induce quindi in lui uno stato cosciente di visibilità che assicura il funzionamento automatico del potere.
Il mio destino – dice il signore del Panopticon – è legato a quello dei detenuti, da tutti i legami che io sono stato capace di inventare.” (Sorvegliare e Punire – Michel Foucault)
Esso è quindi un “laboratorio” del potere: grazie ai suoi meccanismi di osservazione, guadagna in efficacia e in capacità di penetrazione nel comportamento degli uomini.

 

Proprio il Panoptismo è diventato l’incubo più ricorrente nella letteratura e nel cinema del XX secolo: tra i libri si devono ricordare 1984 di George Orwell, Il mondo nuovo di Aldous Huxley e Gli anni della fenice di Ray Bradbury, che poi Francois Truffaut rappresenterà nel film Fahrenheit 451; altre produzioni cinematografiche famose a proposito, sono Brazil di Terry Gilliam e The Truman Show di Peter Weir.

Continua…