In Catalogna esistono le associazioni di cannabis, dove puoi vendere ai soci l'erba che coltivi. Abbiamo incontrato Chico nel suo Club Fum a Barcellona.

Mettiamo in chiaro una cosa: Enrico, Chico per gli amici, è un duro. Capello ribelle, stivale lucido un po’ sciupato e sigaretta incollata ad un lato della bocca. Cinquantacinque anni e, come mi dice lui, si sente “un ragazzino” – mi svela successivamente che il suo segreto è l’erba che produce, elisir di lunga vita. I tatuaggi parlano chiaro, sembrano voler raccontare la storia di un uomo nato in un altro tempo. Un uomo su un galeone in mezzo al mare a far tremare di terrore gli sfortunati capitani che si imbattono sulla sua rotta. Da anni, in realtà da sempre, è un coltivatore di marijuana, e quando le cose in Catalogna si sono fatte favorevoli per i ganja club si è lasciato tutto alle spalle – piantagioni comprese – per poter fare quello che ha sempre fatto, però legalmente.

 

Fissiamo nell’associazione di cannabis di cui è presidente a Barcellona. Si chiama Club Fum, e basta superare la porta della reception per capire che è una delle “soci”, come le chiamano qui, migliori della città in quanto a atmosfera e sistemazione. Quando Chico arriva, mi congedo dal mio amico e andiamo al piano di sotto: uno stanzone grosso due volte il piano terra; uno di quegli ambienti che come lo vedi ti viene voglia di farci una festa.

Mi accendo anche io una sigaretta, mi metto comodo con il registratore acceso e iniziamo.

 

Barcelona - cannabis

 

il Cartello: Ciao Chico, ti va se iniziamo con la storia del Fum?

Chico: Ottimo. L’idea iniziale è nata dal fatto che volevo trasferirmi in Spagna da un po’ di tempo e, principalmente, dal fatto che coltivo l’erba in Italia da sempre. Perché in Catalogna? Perché qui non ti spaccano il cazzo, non potevo chiedere di meglio.

Un grosso cambio, da produttore illegale a produttore legale. Quanto ci è voluto a sistemarti?

Ci ho messo un po’, perché mi sono trasferito con tutta la famiglia, lasciandomi alle spalle quello che negli anni avevo costruito. La cosa che mi ha richiesto più tempo, è stato farmi un po’ di spazio in un mercato saturo di erba, che abbassa i prezzi notevolmente portando l’erba tra i 2,7 e i 3,5 € al grammo. Volevo creare una associazione di cannabis diversa dalle altre: un ambiente di qualità con prodotti (nostri!) di qualità. Quando mi imbattei nel Club Fum me ne innamorai di colpo (era già un ganja club, ma ci facevano feste non autorizzate e alla fine il Comune lo ha chiuso, ndr), l’abbiamo ristrutturato nell’estate del 2014 e siamo cresciuti esponenzialmente. Che numero di tessera hai te?

2099.

Ecco, più di 2100 persone in circa nove mesi. Non male, vero?

Niente male davvero. A cosa pensi che sia dovuto tutto questo successo?

Una crescita tanto rapida è legata all’aver lavorato sul dispensario e sulla qualità: l’erba che produco è solo per il Club Fum. Ma poi, l’hai vista l’associazione? Il Fum è un locale che si differenzia dagli altri che sono o coffee shop super trendy tipo Amsterdam, o centri sociali sozzi. Ha tutto per essere considerata una vera e propria associazione, ovvero un punto di incontro e aggregazione tra le persone.

Spiegati meglio sulla questione coffee shop o centri sociali.

I club si dividono in due macrocategorie: centri sociali luridi e locali spersonalizzanti in cui entri e ti senti quasi a disagio. Belle fighe dietro al banco, luci spaziali, e sofisticazioni non necessarie. Anche noi abbiamo belle ragazze ma non puntiamo sul farle stare a tette nude!

Direi che hai reso l’idea. Quindi punti di forza: ambiente “giusto” e ottima ganja.

Esatto! Ci sforziamo affinché qua dentro si fumino solo le nostre genetiche e le piante prodotte da noi: qua (a Barcellona, ndr) c’è un mercato pazzo e questo è un nostro punto di forza che ci permette di differenziarci. La maggior parte delle associazioni non coltiva, compra dal mercato nero.

 

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Ah sì? Come funziona?

Tu dovresti produrre l’erba, però a differenza degli Stati Uniti qua le cose sono fatte all’europea: si sono trovati con questa patata bollente della legge europea che permette di fare un’associazione e quindi in un paio di anni la cosa è esplosa perché non hanno messo paletti – considera che hanno arrestato gente con milioni di euro a casa, e altra con piantagioni senza limiti.

Dunque, per fare chiarezza, quando all’entrata ho dichiarato il mio consumo mensile ti ho autorizzato a coltivare per me questi grammi extra?

Esatto, mi dai il compito di coltivare questi grammi extra.

Come è regolamentata la questione?

E’ questo il punto dolente che dicevo prima, il controllo è pessimo. Ad esempio negli States le cose sono ben regolamentate. Se vuoi fare il produttore devi avere un certo tipo di struttura per far crescere l’erba, le piante devono essere di un certo tipo, devi portare l’erba ad un ente che te lo certifica (no muffe, no metalli pesanti) prima di poterla distribuire, e così via. Qua invece la situazione è più precaria. A volte viene la polizia, ma non può entrare senza mandato. La Guardia Urbana, invece, devo lasciarla entrare, perché mi richiedono licenze e così via.

Ma davvero non vi appoggiate mai ad altri produttori?

Guarda giustappunto ora mi sono appoggiato ad altri coltivatori perché sto raccogliendo la mia erba e quindi prima di due settimane non ce l’avrò. Questo però è normale, qua abbiamo 2100 soci. Metti una media di 50 grammi a socio, dovrei avere una collina! Come faccio a poter sempre coprire questa quantità? Dovrei avere piantagioni enormi, non posso permettermi di dire a un socio: “Ehi, sì sono un’associazione di marijuana ma passa domani che oggi non ho erba”.

Producete voi anche l’hashish?

Io produco tutti gli ice-o-lator e le estrazioni. Bisogna fare attenzione a vendere tipi di hashish provenienti dal Marocco perché ti fanno chiudere la associazione per un paio di mesi e ti multano.

Però, ecco, è fumo che arriva dal Marocco?

Ma sai (sorride, ndr), questo paese è pieno di fumo. Trovi il fumo ovunque, da sempre. Se vai giù al Sud rimani shockato!

 

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Credi che l’associazioni di cannabis in Catalogna abbiano avuto un impatto positivo sul mercato illegale, riducendolo?

E’ una questione complessa. Io credo che la legislazione troppo blanda su questa materia abbia determinato una situazione assurda perché la maggior parte delle associazioni compra da altri produttori. Nell’estate 2014 il Comune ha avviato due massicce perquisizioni di tutti i club (le operazioni sono state ribattezzate Indica – destinata al controllo delle licenze –, e Sativa – volta a controllare la correttezza del bar, i permessi per il dj, ecc. –, ndr) che hanno portato alla chiusura di 60 associazioni. Alla luce di queste azioni da parte dell’Ayuntamento (il Comune, ndr) mi sono detto che forse finalmente stavano iniziando a regolamentare la situazione realmente.

Che intendi con regolamentare la situazione realmente?

Mi immagino una cosa del tipo, vai dall’associazione e chiedi: “Quanto produci? Dove li fai?”, se l’associazione ti dice: “Li faccio lì”, questo dimostra che l’associazione effettivamente produce l’erba, se invece dice di comprarla da qualcuno, allora l’associazione deve essere chiusa. Però questa responsabilizzazione non è avvenuta. L’appoggio del Comune a chi cerca di rispettare lo statuto (vendendo l’erba autoprodotta), è poco, e questo non permette di contrastare seriamente l’illegalità.

Ma quindi credi che l’associazionismo abbia aumentato il mercato nero?

Sì certo. Ormai tutti coltivano – peraltro è pieno di italiani. Gente che non ha mai coltivato prima, e te lo dice uno che coltiva da sempre. Questo oltre che alimentare il black market abbassa la qualità dell’erba.

Molta gente ha aperto un’ associazione senza avere un interesse per la marijuana ma per mero profitto. Come è che ci si guadagna?

Il guadagno lo fai tutto in nero, specie se non produci. Peraltro devi anche considerare le entrate extra che derivano da birra, bar, ecc.

Siete autorizzati a vendere alcool?

No, non potresti venderlo. Questa è la parte illegale della nostra attività, come di quasi tutte le altre associazioni. Però voglio dire, se io organizzo un evento che cosa gli dò ai soci, l’acqua del rubinetto?

Tutta questa situazione non vi fa sentire un po’ precari?

Anche se potrebbe cambiare da un momento all’altro, in Catalogna mi sento tranquillo. Una parte del parlamento catalano sta spingendo per dare più forza alle associazioni, regolamentandole per bene. Ad esempio, una proposta che mi era piaciuta era che l’erba venisse certificata. Io sto cercando di farlo con i miei prodotti, per garantire la qualità e far presente il metodo di produzione: concimi, terreni, ecc.

Ripensando alla conversazione che abbiamo avuto fino a qui, credo che emerga chiaro che una più appropriata regolamentazione risolverebbe vari problemi…

Sì, perché tutela noi associazioni serie e fa levare dal cazzo chi non lavora bene.

Un’ultima cosa, quando legalizzeranno la marijuana in Italia?

Tocca aspettare che, come in America, gli hippie arrivino al potere, forse neanche te vedrai la ganja libera!

Altro?

No bè andiamo a fumare…

 

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