Analisi del TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership che unifica i mercati EU e USA.

Tra il 1598 e il 1599, il drammaturgo inglese William Shakespeare scrive la celebre commedia Tanto Rumore per Nulla che riscuoterà un enorme successo di critica e il cui titolo diventerà addirittura un’espressione della cultura popolare tutt’oggi in voga. Forse nei decenni a seguire tale formula sarà affiancata da un’altra, non meno nota, che tutti conosciamo sotto l’acronimo di TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). Sì, perché sebbene tutti abbiano preso coscienza delle proteste che infiammano il dibattito sulle implicazioni del trattato di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico, pochi sono coloro che ne conoscono l’esiguo impatto economico. In un momento di così logorante stagnazione ogni apporto benefico è benvenuto, non c’è ombra di dubbio. Il problema si pone, però, quando i costi e gli effetti indesiderati rischiano di pesare più dei benefici. Ma andiamo con ordine, partiamo dalle apprensioni a sfondo sanitario/ambientale che percorrono il Vecchio Continente.

 

Secondo molti dei detrattori della partnership atlantica, la spada di Damocle che pende sulla testa di consumatori e produttori agricoli europei sarebbero i nuovi standard sui prodotti geneticamente modificati che presumibilmente invaderebbero il mercato interno. Il loro ridotto costo di produzione li renderebbe più accessibili e dunque più appetibili. Tuttavia gli effetti per la salute sono ancora materia di dibattito e per lungo tempo hanno diviso Stati Uniti e Unione Europea. Proprio per questo i più diffidano delle raccomandazioni degli alti vertici della burocrazia stellata: in decenni di negoziati e una battaglia legale nell’arena dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), le due fazioni non hanno raggiunto alcun accordo. Il Principio Precauzionale, da sempre sostenuto dall’UE per bandire prodotti e procedure su cui vertono interrogativi di carattere scientifico, trasgredisce alle regole dell’ILO; l’idea di poterlo imporre agli USA appare solida come un castello di carte o in caso contrario sarebbe il risultato di smisurate, quanto impossibili, concessioni. Un’altra questione delicata riguarda la pratica del fracking che potrebbe ricevere nuovo slancio sul territorio europeo dov’è generalmente guardata con diffidenza. Per chi non lo sapesse, la fratturazione idraulica è un processo di estrazione di gas e petrolio potenzialmente inquinante e che secondo alcuni studi ha molti più contro che pro. Difficile da valutare e gestire, il fracking può causare fuoriuscite di idrocarburi tossici per terreni, coltivazioni, allevamenti e naturalmente esseri umani.

 

Analisi del TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership che unifica i mercati EU e USA per creare la zona di commercio più importante in termini di PIL

 

Gli impatti sociali del TTIP non sono semplici da codificare poiché sono il risultato di complesse dinamiche interconnesse. In linea con le proiezioni del modello utilizzato, gli stipendi di lavoratori più o meno qualificati dovrebbero aumentare dello 0,25-0,5 % e nuove opportunità di lavoro ed investimento si prospetterebbero sin dall’immediato post-ratifica specialmente nei settori in cui una compenetrazione esiste già. Vantaggi e svantaggi della partnership non saranno ripartiti equamente, alcune regioni ne trarranno maggior beneficio di altre e le zone rurali saranno sensibilmente più colpite. Si prevede, difatti, che alcuni rami della produzione agricola e dell’allevamento registreranno perdite dovute all’aumento della concorrenza sul mercato interno che potrebbero tradursi in una crescita della disoccupazione.

 

Quali disposizioni ha dunque concepito la Commissione in caso di disoccupazione cronica? Formalmente nessuna. La crescita economica in altri settori permetterà di finanziare programmi volti a mitigare il mancato introito e di riassorbire la manodopera in eccedenza. Sembra troppo facile, tanto che il Board creato per la valutazione di tale progetto legislativo ha domandato immediatamente ulteriori chiarimenti. Come sarà possibile reintegrare lavoratori da un settore all’altro nel breve/medio periodo resta comunque un quesito senza risposta certa. Per quanto concerne la governance in materia di diritto del lavoro, i padri del TTIP affermano che dovrebbe uscirne rafforzata (come d’altronde quella della gestione ambientale) benché gli Stati Uniti non abbiano ratificato molte delle convenzioni dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro. L’UE riuscirà ad imporre la sua volontà ad un paese che in diplomazia estera non ha quasi mai perso una battaglia anche qualora la discussione politica si è protratta “con altri mezzi”?

 

Passiamo infine alle conseguenze economiche del TTIP. Un primo risultato evidente sarebbe la crescita del potere d’acquisto dei consumatori dovuto soprattutto all’aumento dell’offerta e della concorrenza sul mercato europeo. Come spiegato in parte nel paragrafo precedente, l’altra faccia della medaglia sono i potenziali rischi per determinati settori produttivi e per la piccola e media impresa che dispone di minori fondi di investimento per il restauro. L’apertura del mercato statunitense rappresenta ovviamente un’opportunità anche per quest’ultima, tuttavia non è detto che tutte le imprese siano in grado di competere con la loro controparte americana. Questa grande opportunità economica di cui stiamo vagamente parlando è stata calcolata tramite un apposito modello matematico: nel caso di un efficace trattato che preveda l’abbattimento di tutte le misure tariffarie e si estenda anche alle regolamentazioni vigenti sui prodotti, ai servizi e agli approvvigionamenti statali, il PIL dell’Unione aumenterebbe dello 0,48% su base annua a partire dal 2027. Un dato che potrebbe apparire leggermente demotivante, considerate le controindicazioni del caso, e che oltretutto non spiega niente sulla distribuzione di una tale ricchezza. Come si spiega allora tanta determinazione a implementare la partnership atlantica?

 

L’ostinazione dei leader europei si spiega attraverso due semplici motivazioni la cui portata è lungi dall’essere marginale. Prima di tutto la leadership intende mostrare come l’uscita dall’impasse economica degli ultimi anni necessiti anche dell’intervento dell’UE: un aumento del PIL dello 0,48% non sarà un risultato fenomenale, ma in ogni caso è una boccata d’aria fresca per i paesi più provati. Inoltre l’adempimento del TTIP permetterebbe la formazione della zona di libero scambio più importante del globo in termini di PIL mondiale. Gli Stati Uniti continuerebbero nella loro politica di contenimento della Cina mentre l’UE proverebbe a recuperare terreno su alcuni dei suoi maggiori concorrenti rilanciando il trend positivo delle esportazioni verso i porti della East Coast.

Ci sarebbe ancora molto altro da dire, ma sono sicuro che già solo queste due ragioni appaiano più che sufficienti perché chi il TTIP lo vuole a tutti i costi sia pronto a “sollevare un polverone per nulla”.