Uno sguardo sul pontificato di Papa Francesco.

Questa frase ben sintetizza la figura di Papa Francesco Bergoglio. Un personaggio il cui pontificato sta dando risultati fruttosi sia in ambito di politica estera, con il decisivo intervento della Chiesa nella distensione dei rapporti tra Cuba e Usa e tra Israele e Palestina, sia riguardo l’immagine della Chiesa stessa, che aveva bisogno di una figura come l’attuale Papa per far scivolare in secondo piano gli scandali che l’hanno riguardata da vicino negli ultimi anni.

 

Nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 e diventato arcivescovo della capitale nel 1988, considera da sempre la “mondanità spirituale” il peggior vizio che possa affliggere la Chiesa, ovvero il rischio di diventare chiusi verso l’esterno, di non perseguire quella giustizia sociale che rappresenta la mission imperante per l’istituzione. Diventato una figura di riferimento fondamentale durante la crisi economica che colpì l’Argentina nel 2001, durante il suo mandato come arcivescovo di Buenos Aires avvia un progetto incentrato sulla comunione e sulla evangelizzazione basato su quattro cardini fondamentali: comunità aperte e fraterne, protagonismo di un laicato consapevole, evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città, assistenza ai poveri e ai malati.

 

Nel 2013, come tutti sappiamo, diventa pontefice dopo le dimissioni di Ratzinger. Il suo rapporto con la politica italiana è sintetizzabile con questa sua affermazione: “Non dobbiamo fondare il partito dei cattolici. Ma un cattolico certamente deve fare? Politica, perché la politica è la più alta forma di carità”. Una vera e propria frase ad effetto in un Paese dove, storicamente, il rapporto tra fede e politica è sempre stato molto forte. Bergoglio ha invece attuato una decisa rottura col passato cercando di allentare questo cordone ombelicale; ne sono prova le estromissioni dalla curia di personaggi da sempre influenti nel rapporto Vaticano-politica italiana come il Cardinal Bertone e il Cardinal Piacenza, nonché la precisa richiesta del Papa di attuare l’applicazione della cessazione per età dagli incarichi in seno alla Curia proprio per evitare il prolungamento di antiche influenze. Il clima è quindi decisamente cambiato, con Pietro Parolin, uomo di fiducia di Bergoglio, che è stato nominato Segretario di Stato con il preciso obiettivo di perseguire una linea politica interna basata sulla valorizzazione delle conferenze regionali e su una politica generale basata sul dialogo coi ministri e col governo in modo distinto. Una posizione che per ora non ha suscitato reazioni da parte del governo Renzi, ma che costringerà presto il PD a decidere se seguire una matrice in senso democristiano o laburista, consci che in base alla scelta fatta dipenderà il proprio rapporto con la Santa Sede.

 

Detto della politica italiana, non ci si può non soffermare sull’enorme lavoro svolto dal Pontefice anche in ambito internazionale. È notizia recente, infatti, la possibilità che dopo 52 anni si ponga fine allo storico embargo posto dagli Usa nei confronti di Cuba, e grande merito di questa svolta lo ha avuto proprio il Vaticano. Un negoziato reso possibile dalla presenza di John Kerry come Segretario di Stato americano e dalla presenza nell’establishment castrista di Eusebio Leal Spengler, entrambi fervidi cattolici. A spianare la strada per un allentamento delle tensioni tra i due paesi è stato il rientro negli Usa di Alan Gross, cittadino americano che era detenuto da cinque anni a Cuba con l’accusa di spionaggio. Un grande risultato, frutto del grande lavoro di diplomazia fatto dalla Santa Sede con la segreteria di Stato americana con l’intervento in prima persona di Papa Francesco, il quale già questa estate aveva inviato lettere separate a Barack Obama e a Raul Castro perché risolvessero il caso Gross. Negoziati durati circa 18 mesi, in cui la Chiesa ha avuto modo di sollevare davanti agli Usa importanti temi quali la situazione in Medio Oriente, per evitare l’aggravarsi delle tensioni e l’esplosione della violenza, nonché la richiesta di chiarimenti circa l’impegno degli Stati Uniti per la chiusura del carcere di Guantanamo, con un occhio di riguardo particolare alla ricerca delle soluzioni umanitarie adeguate per gli attuali detenuti. Le basi per l’instaurarsi di normali relazioni diplomatiche tra i 2 paesi sono quindi state gettate, e tutto ciò è stato confermato dalla recente visita di Raul Castro allo stesso Papa, in cui lo stesso leader cubano ha dichiarato l’esistenza della possibilità di poter tornare alla Chiesa Cattolica, con un ritorno alla sue radici essendo stato educato con il fratello Fidel dai Gesuiti.

 

Altro versante in cui la mano di Papa Francesco si è sentita è quello inerente al conflitto che coinvolge Israele e Palestina. Per comprendere meglio la delicata posizione del Vaticano nel conflitto più lungo e logorante nel Medio Oriente è però necessario fare un passo indietro nel tempo, esattamente al 1993: è nel dicembre di questo anno che la Santa Sede raggiunge con lo Stato Ebraico l’Accordo Fondamentale, un patto di 15 articoli in cui Israele e Chiesa si impongono di combattere insieme “ogni forma di antisemitismo e ogni tipo di razzismo e di intolleranza religiosa”, nonché di perseguire “la promozione della pacifica risoluzione dei conflitti tra gli stati e le nazioni, con l’esclusione della violenza e del terrore dalla vita internazionale“. Intesa diplomatica che verrà raggiunta anche con il nemico storico di Israele nel 2000, ovvero l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina); attraverso “l’Accordo di base” si riconosce giuridicamente la presenza della Chiesa cattolica nei territori palestinesi, con il fine dichiarato di ridurre le distanze con Israele. L’ultimo incontro tra OLP e Santa Sede, che ha avuto luogo questo inverno, sembra presagire un importante passo in avanti; per la prima volta è stata affrontata la questione Gerusalemme (contesa da arabi, cristiani e israeliani), considerata tappa fondamentale per una duratura pace nel Medio Oriente. Si auspica uno statuto speciale per la città frutto di un trattato internazionale, e dunque non bilaterale Israele-Palestina; un obiettivo che passa attraverso 5 punti:

 

  • libertà di religione e di coscienza
  • l’uguaglianza di fronte alla legge delle tre religioni monoteiste e delle loro istituzioni e fedeli nella città;
  • la specifica identità e il carattere sacro della città e del suo significato universale, il suo patrimonio religioso e culturale
  • la libertà di accedere e di praticare il culto nei Luoghi Santi
  • il mantenimento dello status quo dei Luoghi Santi

 

La Santa Sede si ritrova così ad essere un punto di equilibrio tra due “fuochi”; con Papa Francesco si è data una decisa accelerazione alle trattative, la cui strategia è molto più pratica che diplomatica. Esso ha specificamente parlato della necessità di essere degli “artigiani della pace”, ovvero di costruire una pace “che non sia siglata solo con gli accordi – in quanto non reggerebbe l’urto degli opposti estremismi, di tutti coloro che premono per il peggio, che lavorano per rompere ogni ponte tra israeliani e palestinesi – ma che venga costruita giorno per giorno attraverso la volontà non solo delle parti in causa ma anche di tutto l’Occidente”. Significa comprendere il contesto geopolitico, significa sapere che vi è una parte più forte (Israele) e una più debole (la Palestina), nonché essere consci della presenza al governo di una destra moderata fortemente ostile ai palestinesi; si può diventare dei bravi artigiani solamente tenendo conto di tutto questo. Al fine di poter creare una pacifica convivenza diventerà fondamentale far leva sulla vicinanza alla componente cristiana, che ha nei confronti di Israele meno rischi settari rispetto ai palestinesi, ed è più “agganciata” all’Occidente sul fronte diplomatico. Certamente c’è ancora molto da fare in questa direzione, ma Papa Francesco ha già dato un forte segnale al mondo intero invitando i due leader alla preghiera in Vaticano.

 

Tutto ciò ci porta ad avvalorare la tesi che la Chiesa possa avere ancora un importante ruolo nel promuovere nel mondo, con il suo messaggio, non solo un’opera spirituale, ma principi di pace tra i popoli e le Nazioni, e di sviluppo integrale della persona. E può farlo, oggigiorno, attraverso una figura forte e positiva come Papa Francesco.