La Bestemmia È Un “Non Senso" (Ukizero)

Chissà a quanti di voi sarà capitato, mentre era intento a piantare un chiodo, di essersi dato una solenne martellata sul dito e di essere poi sbottato in una sonora bestemmia. E’ stata una reazione istintiva, non meditata, senza rendersi conto che con quella esclamazione inconsulta, se si fosse fatto una piccola analisi logica, si è andati a dare la stura ad una infinita quantità di questioni teologiche ed escatologiche di non facile soluzione.

La prima domanda che ci si sarebbe dovuti porre prima di esplodere nella esclamazione in oggetto era per quale motivo nella cultura giudaico-cristiana i termini “porco“, con la sua variante “maiale“, e “cane“, fungano da insulto blasfemo se precedono il sostantivo “dio” (a nessuno viene in mente di urlare “dio lampadina”, lo fanno solo i toscani che, come è risaputo, sono dei grandi coniatori di bestemmie creative). Probabilmente la spiegazione risiede nel fatto che nelle credenze religiose, al fine di salvaguardare la propria integrità teologica da infiltrazioni esogene, vengano dichiarati impuri gli animali-totem delle popolazioni con cui si viene a contatto e il cui credo è in antagonismo con il proprio.

 

Se la prima questione è risolta, tuttavia, portando avanti questa analisi ne conseguirebbe che, per stare ai passi col tempo, avrebbe allora più senso dispregiare la divinità abbinandola al nome del leader politico di cui non si condivide l’ideologia e non il maiale o il cane, animali che si utilizzano e apprezzano senza alcun problema, ma non per ignote ragioni non lo si fa o, ad essere più realisti, in quel momento, istintivamente, non si pensa alla politica.

Ma andiamo oltre e, ritornando all’abbinamento “animale impuro”/divinità inteso come insulto, non si può fare a mano di prendere in considerazione che è esso stesso una incongruenza. Se la supposta divinità è l’origine di tutto, il maiale e il cane, o chi per loro, ne fanno parte, sono un suo aspetto secondario, quindi l’espressione che si ritiene essere blasfema, in verità non è altro che una tautologia, è come se si urlasse “Tu parte di te stesso!” ..ma i problemi non sono finiti e potrò dimostrare che nessuno può esplodere in una bestemmia senza entrare in contraddizione con i propri convincimenti in materia di religione.
Diciamo grosso modo che le persone possono essere: atee, credenti e agnostiche, vediamo i singoli casi.

 

L’ateo non crede che esista una entità superiore da cui dipenda la realtà che ci circonda, per lui tutto ha preso forma da una “energia” diffusa che ha al suo interno proprie leggi meccaniche (tralascio la questione che questa posizione potrebbe essere tacciata di essere una sorta di credenza religiosa). Se dovesse esplodere in una bestemmia sarebbe come se inveisse contro un’energia cui riconosce una volontà (prima contraddizione), se dovesse affermare che all’aggettivo-sostantivo “porco” ha abbinato un sostantivo cui non da alcuna importanza, sarebbe come se urlasse “Porco Nulla!”, cioè una locuzione completamente priva di significato logico, un modo di agire che non si addice a una persona che si vanta di essere un razionalista (seconda contraddizione).

Diamogli per buono che il sostantivo “dio” potrebbe essere sostituito da “Mario”, magari il nome del condomino con cui ha da anni una lite in sospeso, ma non funziona da maggiore soddisfazione che urinargli di nascosto nella pianta che tiene sul pianerottolo. Se poi sostenesse che quella espressione gli sia uscita di bocca in un attimo di ira e che ha preso quella forma per abitudine, perché si è adeguato al modo di agire “degli altri”, anche in questo caso verrebbe non solo a scontrarsi con la sua etica che, da buon liberale, lo porta a guardare con rispetto le credenze altrui che non condivide e contrasta con logica stringente, ma se volesse essere coerente dovrebbe tramutarsi in un fervente religioso, rientrando nella casistica che analizzerò ora.

 

Il credente ha timore e rispetto della divinità, da lei viene tutto e mai potrebbe entrare in contrasto con essa se non, poi, cadere in uno stato di profonda depressione causato dal senso di colpa. A sua eventuale attenuante, qualora gli fosse uscita di bocca una bestemmia, potrebbe addurre che, in quel frangente di gran dolore, ha voluto mettere in dubbio il concetto di libero arbitrio. Chiedendogli di esporsi in quale modo, non potrebbe fare altro che riferirci che se la divinità è senza tempo, quella martellata che si è dato sul dito esisteva da sempre ed è una beffa affermare che è stata una nostra scelta: ne conseguirebbe poi che anche la bestemmia era prevista “la divinità sapeva già tutto ..dov’è mancanza? ..Non ho fatto altro che seguire il suo volere”, in pratica la bestemmia non è un atto blasfemo, ma rispetto ossequioso. A queste capziosità da bassa macelleria si potrebbe obiettare citando Giobbe, il patriarca che, per un puro gioco crudele tra Dio e Satana (la scommessa che aveva lui come oggetto) è stato investito da ogni tipo di disgrazia. Il vegliardo, senza mai cadere nella blasfemia, protesta a gran voce e chiede perché la sorte si accanisca così tanto contro di lui e, alla fine, non ottiene altro che una risposta il cui contenuto, in sostanza è il seguente: “Non ti chiedere perché le cose accadano, non potresti mai capirlo, hai fatto bene a protestare, è nel tuo diritto di uomo fallibile, ma non osare mettere in discussione la mia superiorità” ..ben poca soddisfazione e, in questa ottica, la bestemmia ha tutto il sapore di una penosa ripicca che ci si potrebbe aspettare da un bambino capriccioso, non da un adulto.

L’agnostico, bestemmiando cesserebbe ipso facto di essere agnostico e ricadrebbe nella casistica del credente.

Concludendo la bestemmia è un “non senso” e alla prossima martellata che vi darete sul pollicione non potrete far altro che dire a gran voce “Ma che coglione che sono!” ..e mi raccomando, non cercate neppure di capire perché il fattaccio sia avvenuto, ..risalendo all’indietro giungereste ai tempi di Adamo ed Eva, senza tra l’altro trovare il bandolo della matassa.

…Fonte Ukizero

…Pagina Facebook Ukizero